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venerdì 30 maggio 2014

Crisi. Lo scenario immaginario.




Sui tratti e le prospettive della crisi economica europea si è ormai formato un vasto consenso di superficie.  I più spiegano la diffusa caduta di reddito e occupazione soprattutto con la forza della moneta unica  e il cosiddetto rigore applicato alle finanze pubbliche, entrambi imposti dalla prepotente Germania. Si invocano politiche monetarie accomodanti e approcci keynesiani alla spesa pubblica. Si indica come modello la politica economica statunitense.
Tale scenario sorprende per la lontananza dalla realtà. L'Europa non si spiega solo con l'Europa. Oggi più di ieri, con la globalizzazione, risultano decisive la produttività, la competitività, la capacità di attrarre investimenti esteri, l'attitudine all'innovazione produttiva e di processo, l'adozione di un assetto produttivistico, la sostenibilità del welfare, la qualità del capitale umano, valutate in ambito globale.
E' in atto una rivoluzione segnata da ondate successive. Apertura internazionale dell'economia, digitalizzazione della produzione, del commercio e dei consumi, creazione di ampie e fragili nuove classi medie determinano una crisi strutturale e non ciclica.

Il premio Nobel per l'economia  Michael Spence ha scritto su  Il Sole 24 Ore:

"In altre parole, a differenza della precedente ondata di tecnologia digitale che aveva spinto le imprese all'accesso e all'impiego di risorse sottoutilizzate di manodopera nel mondo, stavolta la forza trainante è l'abbattimento dei costi attraverso la sostituzione del lavoro".

"Stiamo entrando in un mondo in cui i flussi globali più importanti saranno le idee e il capitale digitale e non i beni, i servizi o il capitale tradizionale, adattarvisi richiederà un cambiamento di mentalità, di politica, di investimento (soprattutto in capitale umano) e anche nuovi modelli di occupazione e distribuzione. Nessuno sa con certezza come finirà, ma cercare di capire dove ci stanno portando queste forze e queste tendenze tecnologiche è già un buon punto di partenza".

Danilo Taino così ha aperto il suo articolo sul  Corriere della Sera del  28 maggio 2014:

"...austerità contro crescita. Questa era — forse — la guerra di ieri: oggi c’è altro per cui vale la pena battersi".

Al richiamo di Taino non può non seguire una domanda: chi sono questi immaginifici e perchè proliferano? Si tratta di politici spaventati o in cerca di facile successo, imprenditori poco avvezzi alla concorrenza e attratti da apparenti scorciatoie,  intellettuali che aprono vicoli ciechi per errore o cortigianeria. Basteranno retorica e propaganda a prevenire e contenere la disillusione e la delusione?



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