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venerdì 27 dicembre 2013

India. Amore, tradizione e modernità.




In un articolo su Foreign Affairs, L'amore ai tempi di Bollywood, Ira Trivedi dà conto della faticosa rivoluzione dei costumi che segna l'India. Sempre più giovani rifiutano i matrimoni combinati dalle famiglie e vivono, più o meno clandestinamente, relazioni guidate dai sentimenti e aperte alla sessualità. Ma la tradizione e le difficoltà economiche frappongono pesanti ostacoli. I suicidi tra i giovani sono numerosi e i delitti d'onore molto diffusi.
Trivedi individua analogie con l'evoluzione dei costumi negli Stati Uniti d'America degli ultimi due secoli: dal matrimonio d'amore alla libertà sessuale. Sembra con questo suggerire una spiegazione imperniata sulla successione di fasi della modernizzazione, applicabile non solo alle società occidentali. In realtà non tutte le religioni sono uguali, così come diverse sono le tradizioni in ambito familiare e sessuale. 
Sulle religioni cristiana e islamica disponiamo di fonti documentali significative. Il  professor Bernard Lewis, uno dei più autorevoli studiosi dell'Islam e del Medio Oriente del Novecento, nel suo I musulmani alla scoperta dell'Europa ha raccolto le testimonianze di musulmani che hanno visitato l'Europa cristiana dal nono al diciannovesimo secolo. Scrive il grande islamista britannico:

"Dall'esame dei libri di viaggio tramandatici, possiamo asserire che, fino al XIX secolo, i visitatori musulmani in Europa furono tutti, senza eccezione, uomini. Tuttavia, la maggior parte di essi esprime qualche osservazione sul tema della donna e del suo ruolo nella società...: l'istituzione cristiana del matrimonio monogamico, l'assenza di norme sociali che limitino in modo sostanziale la libertà della donna e la considerazione in cui sono tenute anche dalle persone di elevato rango destano immancabilmente meraviglia, sebbene mai ammirazione, nei visitatori provenienti dalle terre islamiche".

"Un fatto che non poteva lasciare indifferenti gli osservatori musulmani sia dell'età medievale che dell'età moderna era, per esprimerci con i loro termini, la licenziosa libertà delle donne e la straordinaria mancanza di virile gelosia negli uomini"

"C'era un connotato della società cristiana che puntualmente sconcertava gli stranieri musulmani: il rispetto con cui venivano trattate le donne in pubblico. Evliya osserva:
In quel paese vidi una cosa straordinaria. Se l'imperatore incontra una donna per strada ed è a cavallo, si ferma e cede il passo alla donna. Se, invece, egli è a piedi e incontra una donna, si ferma in atteggiamento cortese. Poi la donna saluta l'imperatore ed egli si leva il cappello e si rivolge alla donna con deferenza e riprende il cammino solo dopo che ella sia passata. E' uno spettacolo straordinario.
In questo paese, come pure in altre terre degli infedeli, l'ultima parola spetta alle donne, che vengono onorate e riverite per amore di Madre Maria" (op. cit., 2004, p. 351 e segg.).

Emergono chiare le differenti premesse che in Occidente consentiranno il passaggio tutto sommato agevole alla attuale libertà familiare e sessuale.

venerdì 20 dicembre 2013

Energia shale USA. Il caso e la necessità.




In due recenti articoli su Il Sole 24 ORE (11 e 12 dicembre 2013) Leonardo Maugeri ritorna sulle  vicende e sulle prospettive dell' energia shale statunitense. 
Scrive Maugeri:

"In realtà, la rinascita degli idrocarburi a stelle e strisce si è compiuta per caso, senza un piano e nella disattenzione dei più, e ancora oggi non ha prodotto uno straccio di strategia per gestirla al meglio".

 "Tutto continua a essere affidato al caso, cioè alla determinazione dei singoli, mentre le autorità pubbliche non riescono a risolvere nemmeno i tanti problemi infrastrutturali che hanno accompagnato la rinascita energetica degli Usa. Il paese sembra una comunità di stati indipendenti, ciascuno segnato da differenti  approcci ambientali che disegnano un panorama a macchia di leopardo ricco di incongruenze. Un po' come l'Europa".

"...la più grande potenza del mondo sembri incapace di godere in modo uniforme o di sfruttare appieno la rivoluzione energetica che sta vivendo o di utilizzarla in chiave di politica internazionale...".

"Tutti i produttori di gas americani vorrebbero esportare quanto più gas possibile per trarre vantaggio dai prezzi molti più alti del metano vigenti sui mercati internazionali; peraltro, i prezzi statunitensi attuali, in molti casi, non coprono i costi di molte produzioni, riducendo il potenziale di sviluppo del metano. Ma qui entra in gioco una lobby trasversale e potente - costituita dall'industria a alta intensità energetica e dalla stessa popolazione. Questa lobby si oppone a una politica spinta di esportazioni che farebbe aumentare i prezzi interni diminuendo i vantaggi di cui gode oggi l'America".

Maugeri delinea una situazione tutto sommato sorprendente. La rivoluzione costituita dal rapido incremento della produzione di shale gas/oil si sviluppa in modo inefficiente. Potrebbe rivelarsi uno stimolo alla crescita inferiore alle aspettative.
Occorrono nuove adeguate infrastrutture. Bisogna riscrivere norme e ridisegnare un assetto federale nei termini attuali difficilmente sostenibile. E' necessario trovare un diverso punto di equilibrio tra doverosa tutela ambientale ed esigenze della produzione. Certo un "vasto programma", ma diretto a fronteggiare problemi fondamentali.
Cosa ha fatto l'Amministrazione Obama per determinare una positiva svolta in questo settore vitale per il paese? Qui si pongono le premesse di una crescita che si estenda alla manifattura. Può darsi che tra qualche anno, valutando queste vicende, si possa concludere che gli Stati Uniti sono cresciuti nonostante Obama e la sua politica economica. Ma con le misure opportune diventerebbero conseguibili anche obiettivi ambiziosi.

venerdì 13 dicembre 2013

Crisi. Cosa teme la Germania.




 Jens Weidmann è il presidente della Bundesbank. Su Il Sole 24 Ore dell' 8 dicembre 2013 Alessandro Merli cita i più  importanti passaggi della sua intervista concessa al quotidiano:

"L'Italia ha avviato alcune riforme importanti. In base alla nostra stima, l'economia uscirà dalla recessione entro fine anno. Sono fiducioso che con le giuste misure addizionali, in particolare per riformare il settore pubblico, compreso il sistema giudiziario, migliorare la flessibilità del mercato del lavoro e aumentare la concorrenza nel mercato dei prodotti, l'Italia può superare l'attuale crisi e raggiungere un percorso di crescita sostenibile".

 "...le sfide future per la Germania. Ci sono quattro importanti aree da affrontare. Primo, la Germania deve vedersela con una demografia sfavorevole, che si farà sempre più sentire nei prossimi anni. Secondo, a causa della globalizzazione, anche per prodotti ad alta tecnologia, le imprese saranno sotto crescente pressione da concorrenti dei mercati emergenti. Terzo, la politica fiscale dovrà ridurre l'alto debito pubblico. Quarto, deve cambiare completamente la politica energetica. Questa inversione a U sull'energia avrà un impatto profondo sulla competitività dell'industria e il potere d'acquisto delle famiglie". 

Weidmann, con considerazioni largamente condivise dai governanti tedeschi, delinea le principali insidie che non solo il suo, ma tutti i paesi dell'Unione Europea devono fronteggiare. La tendenza demografica, segnata dal calo delle nascite e dall'aumento della vita media, rende difficilmente sostenibile il welfare europeo nella sua attuale configurazione. Anche la manifattura di qualità, ad alto valore aggiunto, subisce sempre più la pressione delle economie emergenti. Il costo dell'energia nell'Unione Europea e soprattutto in Italia è ormai così alto da scoraggiare gli investimenti e i consumi. Il peso eccessivo del debito pubblico e della pressione fiscale soffoca, o può soffocare, le economie europee.
Dalle parole del presidente della Bundesbank emerge ancora una volta un tratto pressochè peculiare della classe dirigente tedesca: la precisa, lucida consapevolezza della portata della globalizzazione, delle cause della crisi e delle misure auspicabili. Senza tale consapevolezza l'uscita dalle attuali difficoltà è impossibile.
L'assoluta inadeguatezza del dibattito pubblico italiano non lascia ben sperare. Gli spacciatori di illusioni prevalgono, anche fra i politici sedicenti liberali. Non mancano perfino tra gli imprenditori in cerca di scorciatoie. Ma ci sono voci fuori del coro. Recentemente Lorenzo Bini Smaghi ha mostrato che la cosiddetta austerità è sì un ostacolo alla crescita, ma è stata  resa inevitabile dall'assenza di adeguate riforme strutturali. Queste devono diventare l'obiettivo di chi, a ragione, pensa che populismo e demagogia danneggino particolarmente i più colpiti dalla crisi.

venerdì 6 dicembre 2013

Brasile. Il populismo non giova a chi resta indietro.




Mario Giro, membro della Comunità di Sant' Egidio,  è sottosegretario al Ministero degli Affari esteri. Su Il Sole 24 ORE del 5 dicembre 2013 ha commentato la situazione e le prospettive del Brasile:

"...venti anni di politiche macroeconomiche coerenti hanno prodotto un decennio di crescita, assieme a un nuovo welfare inclusivo. Oggi il Brasile è uno dei protagonisti mondiali: la sesta potenza geopolitica globale". 

 "Tutto ciò ha permesso l'uscita dalla povertà in dieci anni di circa 40 milioni di brasiliani. Tale nuova fascia sociale non coincide con la tradizionale classe media e ha un'identità ancora non definita. Sono persone appena uscite dalla povertà per le quali il soddisfacimento dei bisogni essenziali ha cessato di essere una priorità, ma che per quasi il 70% vive ancora nelle favelas e che si è indebitata comprando a rate. Economicamente ancora vulnerabile, questo nuovo gruppo rivendica condizioni e servizi sociali migliori e chiede politiche pubbliche che ne favoriscano il consolidamento".

"L' "inverno brasiliano delle proteste" richiede dunque un nuovo contratto sociale. Ma chi dovrebbe rinegoziarlo sono istituzioni vecchie. Alla crescita di questi anni non si è infatti ancora accompagnata la riforma delle riforme: quella dello Stato. Il cantiere dello stato-nazione è indietro".

Il futuro del Brasile non è senza insidie. Nuova potenza economica emersa grazie alla globalizzazione, deve proseguire sulla via dell' inclusione sociale  e della liberazione dalla povertà non riducendo ma incrementando i vantaggi competitivi.
Il welfare europeo, ampio e costoso, non può essere riprodotto senza rendere insostenibile la pressione fiscale, attualmente  al 30% PIL contro il 45 - 50% PIL di molti paesi dell' Unione Europea. Occorre dare allo stato sociale un assetto produttivistico, secondo i principi di sussidiarietà e responsabilità, lasciando largo spazio alle assicurazioni private.
Ciò risulta accettabile soltanto se accompagnato da una risoluta lotta al capitalismo clientelare, alla corruzione, ai privilegi odiosi. E' insomma necessario uno sforzo largamente condiviso diretto ad abbandonare da un lato le tendenze populiste, dall' altro manifestazioni di avidità, rapacità e cinismo che una classe dirigente lungimirante deve combattere con fermezza.  Una stretta strada che porta a una economia competitiva, a una società inclusiva, all' alleanza del merito con il bisogno.
Decisivo pare l' atteggiamento degli intellettuali. Mario Vargas Llosa ha recentemente dichiarato:

 «L’Europa ha accantonato le proprie idee per applicare ricette sudamericane. Populismo, corruzione, sprechi, vivere al di sopra delle proprie possibilità, cinismo nei confronti della politica, sono caratteristiche del sottosviluppo, eppure hanno avuto il sopravvento in molti Paesi europei. Non tutti, per fortuna. Quelli virtuosi, come la Germania, non hanno sofferto la crisi».
 «Credo sia un problema culturale. Spendere più di ciò che si guadagna è un’irresponsabilità figlia del populismo, che, a sua volta, significa sacrificare il futuro per il presente. Invece di cercare la causa nel mondo esterno, l’Europa farebbe bene a capire come ha incubato il male che ora la strangola".

Questa consapevolezza deve essere proposta a un grande paese che merita un grande futuro.


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