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venerdì 26 giugno 2015

Al gioco delle banche centrali vince il mondo della finanza.




Anche il quotidiano della Confindustria ha cantato le lodi delle misure non convenzionali adottate dalle principali banche centrali. Ora, finalmente, la disillusione pare prendere il sopravvento. Su Il Sole 24 Ore del 26 giugno 2015 Enrico Marro presenta una efficace sintesi:

"L'iperattività delle banche centrali, che stanno inondando il mondo di liquidità con tassi a zero, ha incoronato un vincitore indiscusso: i mercati finanziari".

Il “divaricarsi” della forbice tra profitti di Borsa e crescita reale ha portato a un parallelo divaricarsi della forbice tra ricchi e poveri... E non si tratta solo degli States: l'allargamento delle disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza è un fenomeno mondiale".

"Ma la politica monetaria delle banche centrali ha incoronato un altro vincitore. «Abbassando i tassi di interesse e dichiarando un obiettivo più alto di inflazione, la banca centrale favorisce tutti gli indebitati – spiega Alessandro Picchioni, Responsabile investimenti di WoodPecker Capital - specialmente quelli cronici»". 

"Fin qui i vincitori. Vediamo i perdenti. Secondo Picchioni, non c'è dubbio che il “taxpayer” sia il predestinato a perdere nella partita delle banche centrali: «abbassando i tassi di interesse e dichiarando un obiettivo più alto di inflazione, la banca centrale favorisce tutti gli indebitati, specialmente quelli cronici, il tutto alle spese del “taxpayer” che a parità di carico fiscale si vede ridotto il proprio potere d'acquisto». Senza contare che le classi media e bassa, già vittime della tendenza alla polarizzazione delle retribuzioni, sono state tagliate fuori dalla profittevole corsa delle Borse perché prive di ampie risorse finanziarie".

"«Molto spesso in queste circostanze si crea anche una frattura importante nell'ambito della categoria – spiega ancora Picchioni - per cui, vuoi per un malfunzionamento dell' ”ascensore sociale”, vuoi per la progressiva concentrazione di ricchezza nelle mani di una sparuta minoranza, la maggioranza dei “taxpayers”, sempre più povera, finisce per perdere progressivamente potere di acquisto e con questo fiducia nel futuro»". 

L'occupazione non migliora, si divarica la forbice tra ricchi e poveri, la pressione fiscale non diminuisce, l'"ascensore sociale" non funziona, i risparmiatori vengono penalizzati per favorire i grandi debitori. Questa è la realtà della economia influenzata dalle misure delle banche centrali. 
Ci sono alternative? Bisogna intervenire sui fattori di crescita dell'economia reale. Diffondere le conoscenze matematiche, scientifiche e tecniche, ridurre la spesa pubblica applicando anche ad essa il principio di progressività e controllando le dinamiche delle prestazioni sociali, diminuire così la pressione fiscale, ripristinare gli stimoli all'impegno individuale, eliminare la burocrazia non necessaria, uniformare le regole nella economia globalizzata, raggiungere una buona certezza del diritto, disciplinare l'immigrazione per consentire una adeguata remunerazione di alcuni dei più importanti lavori non qualificati, aprire le professioni alla concorrenza, colpire il capitalismo relazionale e clientelare.
Questa è l'alternativa alla demagogia e alle illusioni spacciate da chi vuole perpetuare i vecchi privilegi e/o crearne di nuovi.

sabato 20 giugno 2015

Napoleone a Waterloo. La storia fatta da criminali.




Due secoli sono passati dall'ultima battaglia di Napoleone: Waterloo. Dopo tale definitiva sconfitta uscì di scena. Questo ennesimo massacro dove le sue truppe furono vittime e carnefici è in questi giorni ricordato in modi spesso discutibili. Il bicentenario rappresenta in realtà una buona occasione per riflettere sulla storia del potere politico. Su questo tema  scrisse lucidamente Karl Popper:

"Non esiste una storia dell'umanità, ci sono solo molte storie dei vari aspetti della vita umana. E uno di questi è la storia del potere politico. Questa viene innalzata a storia universale. Ma ritengo che ciò costituisca un'offesa a ogni onesta concezione dell'umanità. Non è per nulla meglio che considerare la storia della malversazione, o del latrocinio, o del veneficio, come storia dell'umanità; infatti, la storia della politica non è nient'altro che la storia del crimine internazionale  e dell'omicidio  di massa, compresi, a dire il vero, alcuni dei tentativi per eliminarli. Questa storia viene insegnata nelle scuole, e molti dei più grandi criminali vengono presentati come eroi".

"Una storia concreta dell'umanità, se ne esistesse una, dovrebbe essere la storia di tutti gli uomini. Dovrebbe essere la storia di tutte le speranze, di tutte le lotte  e di tutte le sofferenze umane. Non esiste infatti nessun uomo che sia più importante di un altro. Chiaramente, questa storia concreta non può essere scritta. Dobbiamo procedere per astrazioni, esclusioni, scelte. Ma con questo arriviamo a molte storie; e, fra esse, a quella storia del crimine internazionale e dell'omicidio di massa che  è stata propagandata come la storia dell'umanità". (Karl POPPER, C'è un senso nella storia?, in Dopo La società aperta, 2009, p. 152).

Napoleone, come i suoi rivali, è stato un grande criminale, uno dei grandi assassini protagonisti della storia del potere. Dunque la guerra è sempre ingiusta? Mai più la guerra? Questa è un'altra storia.

sabato 13 giugno 2015

2015. L'Italia secondo la Corte dei conti.




L'11 giugno 2015 la Corte dei conti ha presentato il  Rapporto 2015 sul coordinamento della finanza pubblica. Con tale documento "la Corte dei conti fornisce al Parlamento e al Governo una valutazione sull'adeguatezza e sulla rispondenza degli strumenti individuati a presidio del coordinamento della finanza pubblica. Un esame che è preceduto, come ogni anno, da una analisi degli andamenti macroeconomici e da una valutazione delle prospettive della finanza pubblica nel successivo triennio, anche alla luce dei risultati di consuntivo dell’esercizio passato". Le considerazioni della Corte sono di grande interesse:

"...la spesa primaria corrente è invece aumentata di 16 miliardi, spingendo in direzione di un maggiore indebitamento. Il Rapporto sottolinea, tuttavia, come quest’ultimo risultato sia, però, attribuibile alla sola componente per prestazioni sociali: al netto di questa voce, la spesa primaria corrente è diminuita, nel periodo, di quasi 21 miliardi".

"Un ambiente macroeconomico espansivo sarà necessario per un effettivo allentamento della pressione fiscale. Non possono infatti sottovalutarsi le incertezze che riguardano la possibilità di realizzare pienamente il programma di spending review, a motivo degli ampi risparmi già conseguiti per le componenti più flessibili (redditi e consumi intermedi) e per il permanere di un elevato grado di rigidità nella dinamica delle prestazioni sociali. E’ questo un punto di snodo che deve portare all’attenzione il fatto che un duraturo controllo sulle dinamiche di spesa può ormai difficilmente prescindere da una riscrittura del patto sociale che lega i cittadini all’azione di governo e che abbia al proprio centro una riorganizzazione dei servizi di welfare".

" Poca attenzione è stata, infatti, rivolta al fatto che le condizioni di sostenibilità di lungo periodo della finanza pubblica richiedono, al nostro paese, la costruzione di una traiettoria macroeconomica ambiziosa, caratterizzata da saggi di crescita del Pil e della produttività non inferiori all’1,5 per cento anno e da un ritorno della disoccupazione al tasso del 7 per cento. Si tratta di uno scenario non conseguibile in assenza di interventi profondi, capaci di accelerare la dinamica della produttività totale dei fattori. E’ in questo ambito di sostenibilità che deve tornare centrale la discussione sul programma di riforme strutturali".

L'incremento della spesa corrente per prestazioni sociali determina un aumento insostenibile dell'indebitamento pubblico. Permane "un elevato grado di rigidità nella dinamica delle prestazioni sociali".  Per ridurre adeguatamente la spesa pubblica e la pressione fiscale occorre riformare il welfare, ridisegnando i confini dell'intervento pubblico e lo stesso perimetro dello stato. Sono necessarie profonde riforme strutturali, capaci di migliorare la produttività e incidere sui principali fattori di crescita. Il dibattito pubblico deve riorientarsi, concentrandosi su questi temi fondamentali.
L'analisi della Corte basta a suggerire un serio programma di governo e una efficace attività di riforma, entrambi assenti da lungo tempo. Purtroppo quando la democrazia non si accompagna a una costante educazione alla libertà e alla responsabilità la demagogia è destinata a prevalere. 

domenica 7 giugno 2015

Tocqueville. In una società libera l'individuo non è solo.




Su Il Sole 24 Ore del 16 maggio 2015 Fabrizio Forquet  ci ha richiamati alla realtà:

"Ma non è certo solo un problema di pensioni. Dopo anni di Pil in continua ascesa, l’Italia negli anni 70 si è potuta dare il servizio sanitario pubblico più universale dell’Occidente. Un fiore all’occhiello (per molti versi, non tutti) del nostro welfare. Ma non più sostenibile nella sua universalità con il saldo di entrate e uscite che il settore pubblico oggi si ritrova. A meno di non affossare definitivamente il sistema produttivo con un livello di tassazione inaccettabile. Il nuovo contesto economico, evidentemente, impone anche qui di superare la teoria dei diritti intoccabili e di avviare una serena discussione sulla riduzione del perimetro dello Stato, aprendo a forme di copertura assicurativa per le fasce di reddito più elevate".

Per ridurre le tasse occorre ridurre la spesa pubblica. Per diminuire adeguatamente la spesa pubblica bisogna tornare alla Costituzione, applicando anche a tale spesa il principio di progressività.  E' dunque necessario ridisegnare il perimetro dello stato, lasciando alla maggior parte dei cittadini la responsabilità della propria salute, della educazione dei giovani, di un reddito sufficiente in caso di malattia e vecchiaia.
Ma in una società libera gli individui educati alla libertà non sono atomi sciolti da ogni relazione. Tocqueville, uno dei grandi precursori del liberalismo contemporaneo, ha scritto:

"...presso i popoli democratici tutti i cittadini sono indipendenti e deboli, non possono quasi nulla da soli e nessuno di loro può obbligare gli altri a prestargli aiuto. Quindi, se non imparano ad aiutarsi liberamente, cadono tutti nell'impotenza".

"Presso i popoli democratici sono le associazioni che devono tenere il posto delle forze individuali fatte sparire dall'eguaglianza delle condizioni".

"Fra le leggi che reggono le società umane, ve ne è una che appare più chiara e precisa di tutte le altre:  perchè gli uomini restino civili o lo divengano, bisogna che l'arte di associarsi si sviluppi e si perfezioni presso di loro nello stesso rapporto con cui si accresce l'eguaglianza delle condizioni". (Alexis DE TOCQUEVILLE, La democrazia in America).


Anche nel delicato settore oggi lasciato al welfare associazioni, comitati e cooperative consentono agli individui di conseguire risultati altrimenti irraggiungibili.


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