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domenica 28 marzo 2010

La Legge di Hume.

Nel nostro tempo la discussione dei problemi morali non può mai prescindere dalla questione della validità e della portata della cosiddetta legge di Hume. Ma cosa dice questa importantissima "legge di Hume"? Quale è la sua storia? David Hume era un filosofo scozzese, morto nel 1776. La sua è l'età dell'Illuminismo. All'interno di quel vasto e composito movimento si distinse per il suo atteggiamento critico, scettico, sperimentale nell'esaminare le possibilità della ragione, il modo in cui questa opera, i suoi stessi ruolo e collocazione nell'ambito della mente e del comportamento umani. Nel libro terzo del suo Trattato sulla natura umana osservò che :

"In ogni sistema di morale con cui ho avuto finora a che fare...all'improvviso mi sorprendo a scoprire che, invece di trovare delle proposizioni rette come di consueto dai verbi è e non è, non incontro che proposizioni connesse con dovrebbe e non dovrebbe.
Questo mutamento è impercettibile, ma è della massima importanza. Poiché questi dovrebbe e non dovrebbe esprimono una relazione o affermazione nuova, è necessario che...si adduca una ragione di ciò che sembra del tutto inconcepibile, cioè del modo in cui questa nuova relazione può essere dedotta dalle altre, che sono totalmente diverse da essa".

Si tratta di un rilievo poco più che incidentale. Ma tanto è bastato a mettere una "pulce nell'orecchio" dei suoi lettori più avveduti, che ne hanno tratto una legge, con il suo nome, enunciata nel modo seguente: "è logicamente impossibile passare dall'essere al dover essere, dedurre prescrizioni da descrizioni, valori da fatti". La validità di questa regola produce conseguenze rilevanti. Diventano logicamente insostenibili diritti naturali e morale naturale. La scienza non può produrre etica. Dalla descrizione della natura, anche nel rispetto dei canoni della scienza, non possiamo ricavare direttamente prescrizioni morali né diritti e doveri, che delle regole di condotta rappresentano spesso l'espressione sintetica. Applicando correttamente il principio enunciato nella legge di Hume il paleontologo Stephen J. Gould scrisse:

"La scienza però non può mai decidere la moralità della morale. Supponiamo di scoprire che un milione di anni fa, nelle savane africane, l'aggressività, la xenofobia, l'infanticidio selettivo e la sottomissione delle donne offrisse dei vantaggi darwiniani ai nostri progenitori cacciatori-raccoglitori. Una tal conclusione non sancirebbe – nel presente come nel passato – il valore morale di questi comportamenti, né di qualsiasi altro".


La regola logica che porta il nome del grande filosofo scozzese rende la vita difficile non solo al giusnaturalismo liberale, che contraddistingue l'opera di Locke e, in larga misura, dei costituzionalisti settecenteschi, ma anche al giusnaturalismo cattolico, che vanta una solida tradizione. Giusnaturalismo cattolico che però non è inevitabile. I cristiani possono farne a meno valorizzando meglio la morale rivelata e riconoscendo il ruolo che le è proprio.



Del resto gli uomini, in termini morali, alla natura hanno fatto dire tutto ed il contrario di tutto.
Per esempio, in questo brano musicale di Rameau, compositore del Settecento francese, si percepisce l'eco della morale naturale della sua epoca. I contenuti della morale naturale che i pensatori cattolici hanno delineato sembrano piuttosto diversi...





         
In questo modo la legge di Hume diventa il fondamento della libertà di coscienza. Un motivo determinante per conoscerla, comprenderla ed applicarla.




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