tag:blogger.com,1999:blog-48362126261017686932024-03-18T11:49:25.271-07:00Chiaro di LunaIl blog di Carlo RossiCARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comBlogger385125tag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-42461108490948626452023-03-01T16:30:00.005-08:002023-03-02T03:14:35.499-08:00Hippolyte Taine. Dall'Antico regime alla Rivoluzione francese.Hippolyte Taine è stato uno storico e filosofo francese attivo nella seconda metà del Diciannovesimo secolo, tra i più rappresentativi del positivismo della sua epoca. Dei limiti di quel positivismo, determinista, scientista, non raramente razzista, si ha oggi chiara consapevolezza. Ma l'opera di Taine sull'Antico regime resta, con quella notissima di Tocqueville, indispensabile per capire come la Francia è arrivata alla Rivoluzione. Da meditare in particolare le considerazioni sul ruolo delle parole, delle idee e dei costumi che hanno preparato gli eventi.<br><br>
<a href="https://archive.org/details/lesoriginesdela09taingoog/page/n9/mode/2up">Hippolyte Taine, Le origini della Francia contemporanea - L'Antico regime.
</a><br><br>
<div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNyQYQegB4xO2I19U9f1L9bn-dlwE62SSXaXtQLuXNcdgxBgC-cvndQUKmrIp0oxQBMcFS3RPv-iLijcthxSuUX-NoxOO_04AohSH_YgaqBZZxoxULDCXoEkW3BofHQY56XZogD7dDTCh_9zZwoA1jajpepEf2qHwal4ouyn7IkBBqQLRAgJeuAoY/s637/lesoriginesdelaf0002tain_c2q7_0001.jpg" style="display: block; padding: 1em 0; text-align: center; "><img alt="" border="0" height="600" data-original-height="637" data-original-width="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNyQYQegB4xO2I19U9f1L9bn-dlwE62SSXaXtQLuXNcdgxBgC-cvndQUKmrIp0oxQBMcFS3RPv-iLijcthxSuUX-NoxOO_04AohSH_YgaqBZZxoxULDCXoEkW3BofHQY56XZogD7dDTCh_9zZwoA1jajpepEf2qHwal4ouyn7IkBBqQLRAgJeuAoY/s600/lesoriginesdelaf0002tain_c2q7_0001.jpg"/></a></div>
CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-83482104183501158452021-10-02T05:42:00.012-07:002021-10-02T10:11:08.246-07:00Luigi Einaudi governatore della Banca d'Italia.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe class="BLOG_video_class" allowfullscreen="" youtube-src-id="ZwmO1jW0hnQ" width="320" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/ZwmO1jW0hnQ"></iframe></div><br><br>Luigi Einaudi è stato governatore della Banca d'Italia tra il 1945 e il 1948. <a href="https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/collana-storica/documenti/documenti-11/CSBI-documenti-11.pdf?fbclid=IwAR3pOd0leZDsEAk35wRWfDJwmv730rg6wrImfhbiXA-BJ3QrnvVCwxWLvk8" target="_blank">Degli anni 1945/47 è il Diario pubblicato nel 1993 a cura di Paolo Soddu Fondazione Luigi Einaudi</a>. Il documento è una miniera di ricordi preziosi.<br><br>In udienza con la moglie Ida da papa Pio XII:<br><br> "Il Papa...E' vissuto in Germania all'epoca della grande svalutazione del marco, per cui ha l'impressione, divisa da molti, che si trattasse, almeno in principio, di una manovra eseguita ad arte allo scopo di annullare il debito pubblico" (pag. 554).<br><br>Su Togliatti (fonte Tasca):<br><br>"Togliatti nel 1927, in occasione del congresso del Comintern, fu l'unico delegato straniero, il quale dichiarò di essere pronto a prendere qualsiasi ordine da Mosca ed ubbidirvi ciecamente. Nel 1937 fu uno dei giudici nel processo contro il maresciallo Tuchacevskij.
Nenni a Tasca: «Nel dicembre 1944, all'epoca dell'ultima crisi, Togliatti aveva dichiarato che non avrebbe mai accettato di far parte del ministero. Alle 16 dello stesso giorno fu visto far visita all'ambasciata russa; alle 16,30 aveva accettato di far parte
del ministero»" (pag. 419).<br><br>La signora Roosevelt (fonte Tasca):<br><br>«Noi degli Stati Uniti abbiamo molta
simpatia per i popoli dell'Unione Sovietica. Ma non abbiamo altro che odio e diffidenza verso il regime bolscevico» (pag. 420).<br><br>Nitti e il fascismo:<br><br>"Ricorda di Briand. Nel 1925 Briand, di ritorno da Roma, venne a raccontargli che il Re gli aveva detto che costoro (i fascisti) non sarebbero durati gran che al potere. Lui, Nitti, ora dice di non averci creduto, ma è noto che per parecchio tempo -
e l'avevo sentito io stesso dalla sua bocca - che nel 1926-28 Nitti parlava della caduta del fascismo fra tre mesi come di cosa
certa" (pag. 494).<br><br>Da re Umberto dopo il Referendum:<br><br>" Nonostante che da molte parti gli siano giunti telegrammi di
protesta contro il modo con cui si sono svolte le operazioni del referendum, egli non intende in nessuna maniera di porre qualsiasi ostacolo al trapasso del potere" (pag. 658).CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-957774948855804032019-08-18T11:05:00.000-07:002019-08-18T11:22:10.218-07:00Classicità e modernità. Una rivoluzione morale.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/uQQZR-Skftk/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/uQQZR-Skftk?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; color: #1c1e21; display: block; font-size: 14px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; margin: 0px 0px 6px; orphans: 2; text-align: left; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<b></b><b><br /></b></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; color: #1c1e21; display: block; font-size: 14px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; margin: 0px 0px 6px; orphans: 2; text-align: left; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<b><br /></b></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; color: #1c1e21; display: block; font-size: 14px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; margin: 0px 0px 6px; orphans: 2; text-align: left; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<b>Le vere radici cristiane dell'Europa si manifestano in una sensibilità morale, nel senso del peccato</b>. Lo ha ben notato<b> Bertrand Russell </b>nel Terzo volume della sua <i><b>Autobiografia</b></i>, accennando a un suo viaggio in Grecia:</div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; color: #1c1e21; display: block; font-size: 14px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; margin: 0px 0px 6px; orphans: 2; text-align: left; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<i></i><br /></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; color: #1c1e21; display: block; font-size: 14px; font-variant: normal; letter-spacing: normal; margin: 6px 0px; orphans: 2; text-align: left; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<b><i> "Una cosa tuttavia mi sorprese. Mentre le grandi opere che tutti ammirano mi avevano affascinato per la loro imponenza, trovandomi in una chiesetta dell'epoca di quando la Grecia faceva parte dell'Impero Bizantino,<span class="text_exposed_show" style="display: inline;"> mi sentii, con vivo stupore, più a casa mia in quel luogo che non nel Partenone o in qualsiasi altro edificio dell'epoca pagana. Mi resi conto in quel momento che la concezione cristiana aveva un potere su di me assai più grande di quanto non pensassi. Questo potere si esercitava non sulle mie credenze ma sui miei sentimenti. Mi era sempre parso che i greci differissero dal mondo moderno principalmente per l'assenza in loro del senso del peccato e compresi con stupore che io stesso sono fortemente dominato nei miei sentimenti, sebbene non nelle mie credenze, da questo senso" (op.cit, 1970, pag. 109).</span></i></b></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; color: #1c1e21; display: block; font-size: 14px; font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: 400; letter-spacing: normal; margin: 6px 0px; orphans: 2; text-align: left; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span class="text_exposed_show" style="display: inline;"><b></b><i></i><br /></span></div>
<div style="-webkit-text-stroke-width: 0px; color: #1c1e21; display: block; font-size: 14px; font-style: normal; font-variant: normal; letter-spacing: normal; margin: 6px 0px; orphans: 2; text-align: left; text-decoration: none; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px;">
<span class="text_exposed_show" style="display: inline;"><b>Russell, per educazione e formazione uomo dell'Ottocento, ha esercitato una profonda influenza sul pensiero del Ventesimo secolo. In questo passo coglie la rivoluzione morale prodotta dal cristianesimo. Mentre il filosofo britannico scriveva queste parole la religione cristiana era già da tempo in crisi in Occidente. Quali sono i suoi effetti?</b></span></div>
CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-43991555031287132952017-06-01T14:10:00.003-07:002023-03-13T17:40:59.421-07:00Il cattolicesimo di Luigi Einaudi.<b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;"><br /></b>
<b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;"><br /></b>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqLR298rOUZ1jW-SLydnQVy3V17w1yDYUs104vzDYOR-eetCrLUKY12LsNJQRAK2DrXyEXtZ6AdZYPiircLtUYC5wvCLxI_uSXalkQlQuSlzQ0m563m4aKCq3jUFosL4rSizUJ1jApZ64/s1600/einaudi.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="186" data-original-width="271" height="274" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqLR298rOUZ1jW-SLydnQVy3V17w1yDYUs104vzDYOR-eetCrLUKY12LsNJQRAK2DrXyEXtZ6AdZYPiircLtUYC5wvCLxI_uSXalkQlQuSlzQ0m563m4aKCq3jUFosL4rSizUJ1jApZ64/s400/einaudi.jpg" width="400" /></a></div>
<b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;"><br /></b>
<br />
<b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;"><br /></b>
<b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;">Molti pensano che il liberalismo italiano, movimento politico e patrimonio ideale, non sia davvero altro che quello cresciuto sotto l'influenza della visione anticattolica cavurriana. Così non è. Tra i suoi maggiori esponenti troviamo due eminenti statisti di fede cattolica, non ostentata, non strumentale, ma sincera e profonda: Giovanni Giolitti e Luigi Einaudi.</b><br />
<b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;">Giolitti partecipò alle discussioni che sfociarono nella fondazione del Partito Liberale Italiano a Bologna l'8 ottobre 1922. Mentre nel 1943 la ricostituzione del Partito Liberale avvenne con il contributo determinante di Luigi Einaudi.</b><br />
<b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;">Giolitti</b><span style="background-color: white; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13px;">, che non aderì alla Massoneria, non abbandonò la tradizione religiosa dei propri padri e per tutta la vita visse una fede non esibita ma non rinnegata,</span><b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;"> attuando una politica ecclesiastica nel contempo rigorosamente rispettosa della libertà religiosa di tutti e non ostile alla Chiesa cattolica.</b><br />
<b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;">Pure la fede cattolica di Einaudi è poco nota</b><span style="background-color: white; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13px;">, ma ebbe un ruolo importante nella sua vita e nel suo pensiero.<a href="https://www.loccidentale.it/articoli/56002/luigi-einaudi-e-la-tradizione-cristiana-in-una-pagina-dimenticata-del-1945"> </a></span><b><a href="https://www.loccidentale.it/articoli/56002/luigi-einaudi-e-la-tradizione-cristiana-in-una-pagina-dimenticata-del-1945"><a href="https://loccidentale.it/luigi-einaudi-e-la-tradizione-cristiana-in-una-pagina-dimenticata-del-1945/">Roberto Pertici, su<i> L'Occidentale</i> del 10 agosto 2008, presentando uno scritto troppo a lungo dimenticato del secondo presidente della Repubblica italiana</a></a></b><span style="background-color: white; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13px;">, </span><b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;">affronta "il problema del sentimento religioso dell’uomo Einaudi, se e come si armonizzasse col suo liberalismo". La questione dei rapporti tra cattolicesimo, modernità e società aperta è stata spesso sollevata. Dallo scritto di Einaudi emerge una risposta inaspettata ma profondamente rispettosa del cuore del cattolicesimo e solidamente radicata nel miglior pensiero liberale.</b><br />
<span style="background-color: white; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13px;">Scrive Pertici: "Si tratta di un testo del 1945, quando era già governatore della Banca d’Italia: tre pagine di </span><i style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;"><b>Introduzione </b></i><span style="background-color: white; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13px;">a un libro di </span><b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;">mons. Pietro Barbieri</b><span style="background-color: white; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13px;">, </span><i style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;"><b>L’ora presente alla luce del Vangelo</b></i><span style="background-color: white; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13px;">, Roma, Cosmopolita, pp. V-VII. Durante l’occupazione tedesca di Roma mons. Barbieri si era dato molto da fare nell’aiuto e nell’ospitalità a non pochi esponenti dell’antifascismo. A liberazione avvenuta, aveva fondato la rivista «</span><i style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;">Idea</i><span style="background-color: white; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13px;">» a cui anche Einaudi saltuariamente collaborò e – tra il 1944 e il 1945 – aveva tenuto ogni domenica una trasmissione radiofonica durante la quale leggeva e commentava il vangelo del giorno: in quel libro erano raccolte, appunto, queste conversazioni domenicali".</span><br />
<b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;">In queste pagine, come citate da Pertici, Einaudi espone la propria visione del cattolicesimo:</b><br />
<br style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;" />
<span style="background-color: white; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13px;">"</span><b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;">Ma la comunità dei credenti non è composta dei soli uomini viventi oggi. Essa vive nelle generazioni che si sono succedute da Cristo in poi. Ognuna di quelle generazioni ha trasmesso quella parola alle generazioni successive; ed ogni generazione ha sentito quella parola e vi ha creduto perché essa era stata sentita e in essa avevano creduto i suoi avi. La parola di Cristo è viva in noi non perché essa sia stata scritta sulle pergamene e nei libri stampati. Sarebbe cosa morta se così fosse. Ma ognuno di noi l'ha sentita dalle labbra della mamma e della nonna. Mettiamoli in fila questi uomini e queste donne che in ogni famiglia hanno trasmesso oralmente gli uni agli altri i comandamenti divini; amatevi gli uni gli altri, non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a te stesso. Non sono molti: da venti a trenta persone bastano a ricondurre la tradizione trasmessa ad ognuno di noi da un antenato il quale viveva al tempo del Messia.</b><br />
<span style="background-color: white; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13px;">Ogni uomo ed ogni donna vissuto dopo quel giorno ha fatto parte e fa ancora parte della comunione di coloro i quali hanno creduto e credono nel messaggio di bontà di Gesù; ognuno di essi ha interpretato ed ha sentito quel messaggio attraverso ai suoi bisogni, ai suoi dolori, alle sue aspirazioni. I canti, i cori e le parole in lingua latina che noi ascoltiamo o leggiamo o pronunciamo in chiesa non sono nostre. Esse sono il retaggio di sessanta generazioni che ci hanno preceduto; ed il toccarle sarebbe un rompere quella continuità di comunione spirituale che lega i viventi a coloro che sono morti e che sono vissuti, errando e ravvedendosi, nella medesima comunità di uomini vissuti dopo che la parola di Cristo ha trasformato il mondo.</span><br />
<span style="background-color: white; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13px;">Se mutare le parole dei riti religiosi sarebbe un sacrilegio, fare intendere quelle parole è un dovere. La spiegazione delle parole scritte nei vangeli, la esposizione, anzi, del significato di ognuno dei riti e dei canti che si leggono nei breviari è il primo dovere del sacerdote; è un dovere interpretato dai sacerdoti nel modo più diverso. </span><b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;">Confesso di apprezzare scarsamente la maniera dotta e quella polemica. L’uomo semplice e la donna umile, i quali sentono la bellezza delle parole latine dei canti imparati a memoria, anche se ripetuti con qualche errore di grammatica, non comprendono le dispute dottrinali e non si interessano alle polemiche contro i miscredenti siano essi protestanti o liberi pensatori o materialisti. L'uomo semplice e la donna umile chiedono al sacerdote: dimmi come dobbiamo vivere ogni giorno, come dobbiamo interpretare alla luce del Vangelo gli avvenimenti quotidiani, quale è la legge morale alla quale dobbiamo conformarci, quali, fra i comandi ricevuti dai potenti della terra, da coloro che oggi imperano su di noi e sui nostri fratelli viventi nelle più diverse parti del mondo, siano quelli ai quali dobbiamo ubbidire".</b><br />
<br style="background-color: white; font-family: "arial","tahoma","helvetica","freesans",sans-serif;" />
<b>C'è nelle parole di Einaudi una esatta consapevolezza del ruolo della tradizione cattolica e del nucleo cristologico di tale fede. Ma ci sono anche una genuina adesione alla semplicità evangelica e una intuizione della portata civile del cristianesimo che trova nel</b><span style="font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif;"><a href="https://archive.org/details/democracyinameri02tocquoft/page/22?q=tocqueville+democracy"> <b>Tocqueville della <i>Democrazia in America </i>una più ampia e compiuta espressione. Fu infatti il grande francese, nell'opera citata, ad affermare:</b></a></span><br />
<br style="background-color: white; font-family: "arial","tahoma","helvetica","freesans",sans-serif;" />
<b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;"><span style="font-size: small;"></span> "Per parte mia non credo che l'uomo possa mai sopportare insieme una completa indipendenza religiosa e un'intera libertà politica e sono portato a pensare che, se egli non ha fede, bisogna che serva e, se è libero, che creda".</b><br />
<br style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;" />
<b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;">"Ho fatto vedere come nei tempi di civiltà e di eguaglianza lo spirito umano non accetti volentieri credenze dogmatiche e ne senta il bisogno solo in fatto di religione. Ciò indica anzitutto che in questi secoli le religioni devono mantenersi più discretamente nei loro limiti senza cercare di uscirne poichè volendo estendere il loro potere fuori del campo strettamente religioso, rischiano di non essere credute in alcun campo. Esse debbono, dunque, tracciare con cura il circolo in cui pretendono fermare lo spirito umano e lasciarlo interamente libero di sè fuori di esso".</b><br />
<br style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;" />
<span style="background-color: white; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13px;">"....nel Corano non solo dottrine religiose, ma anche massime politiche, leggi civili e criminali e teorie scientifiche.</span><b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;"> Il Vangelo, invece, parla solo dei rapporti generali degli uomini con Dio e fra loro. Al di fuori di questo non insegna nulla e non obbliga a credere nulla</b><span style="background-color: white; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13px;">. Questo soltanto, fra mille altre ragioni, basta a mostrare che la prima di quelle due religioni non può dominare a lungo in tempi di civiltà e di democrazia, mentre la seconda è destinata a regnare anche in quei secoli come in tutti gli altri".</span><br />
<br style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;" />
<span style="background-color: white; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 13px;">Tradizione cattolica e liberale si incontrano e si riconoscono distinte e complementari. </span><b style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;">Al cristianesimo, per recuperare la sua storica relazione con la libertà civile, basta essere veramente se stesso, conservando e se necessario ripristinando il ruolo centrale di Fede, Rivelazione e Tradizione. Bisogna evitare di costringerlo nelle pastoie di un razionalismo astratto ed acritico, di introdurre a forza nel suo patrimonio dogmatico filosofie soltanto umane, di trarne dottrine sociali elaborate con le migliori intenzioni ma destinate a restare vitali solo nel nucleo che recepisce direttamente la morale rivelata.</b>CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-77856944969874514482017-01-19T12:53:00.002-08:002022-01-24T14:04:20.129-08:00Karl Popper. La scienza e la ragione critica.<h3 class="post-title entry-title" itemprop="name" style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; margin: 20px 0px 0px; position: relative;">
</h3>
<div class="post-header" style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px; line-height: 1.6; margin: 0px 0px 1em;">
<div class="post-header-line-1">
</div>
</div>
<div class="post-body entry-content" id="post-body-4755409255478105931" itemprop="description articleBody" style="background-color: white; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px; line-height: 18.2px; position: relative; width: 590px;">
<div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
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<div style="text-align: center;">
KARL POPPER</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7ENM7yob7BP1MzAd0FNDYgY24t1dI_6wRS315JqifRnt016nMdn_gCkDTnGNaXYFawjMkntshLbdP4sQJNARCQXDIp7WwTpZlXRNfOiQQek0cZV4F6rQ-Oj8yi52YNzYxKBSsqaMEkic/s1600/ppopper.jpg" imageanchor="1" style="color: #436590; margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-decoration: none;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7ENM7yob7BP1MzAd0FNDYgY24t1dI_6wRS315JqifRnt016nMdn_gCkDTnGNaXYFawjMkntshLbdP4sQJNARCQXDIp7WwTpZlXRNfOiQQek0cZV4F6rQ-Oj8yi52YNzYxKBSsqaMEkic/s400/ppopper.jpg" style="border: none; position: relative;" width="311" /></a></div>
<br />
<br />
Karl Popper<br />
<br />
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="300" src="https://www.youtube.com/embed/uSNq0LVQPKQ?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe></div>
<div>
<b><br /></b>
<b><br /></b></div>
<div>
<span style="font-weight: bold;"> Karl Popper:</span><br />
<span style="font-weight: bold;"><br /></span></div>
<div>
<div style="font-weight: bold;">
<br />
Intervista sulla televisione<br />
<br /></div>
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/nYVtjqoyTqQ?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe>
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/75M6vTSZBOE?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe>
<br />
<div style="font-weight: bold;">
<br /></div>
<div style="font-weight: bold;">
<span style="line-height: 18.2px;"> </span></div>
<div style="font-weight: bold;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
</div>
<div style="font-weight: bold;">
Intervista sul linguaggio/Circolo di Vienna<br />
<br /></div>
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/c6QQw-NDJrk?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe>
<br />
<div style="font-weight: bold;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<br />
<br />
<br />
<br /></div>
<div>
<b><br /></b>
<br />
<div style="height: 0; padding-bottom: 75.0%; position: relative;">
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="200" src="https://www.youtube.com/embed/h2Mak_6ENJo?ecver=2" style="height: 100%; left: 0; position: absolute; width: 100%;" width="300"></iframe></div>
<b><br /></b>
<b><br /></b>
<b><br /></b>
<br />
<div style="height: 0; padding-bottom: 75.0%; position: relative;">
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="200" src="https://www.youtube.com/embed/cZi67DlGTdA?ecver=2" style="height: 100%; left: 0; position: absolute; width: 100%;" width="300"></iframe></div>
<b><br /></b>
<b><br /></b>
<b><br /></b>
<br />
<div style="height: 0; padding-bottom: 75.0%; position: relative;">
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="200" src="https://www.youtube.com/embed/c8e2n0x5mLY?ecver=2" style="height: 100%; left: 0; position: absolute; width: 100%;" width="300"></iframe></div>
<b><br /></b><b><br /></b><br />
<b><br /></b>
<b><a href="https://www.youtube.com/watch?v=guZ9lLV8qc8">Karl Popper. La politica e il problema della pace.</a></b><br />
<b><br /></b>
<b><br /></b>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe width="320" height="266" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/guZ9lLV8qc8/0.jpg" src="https://www.youtube.com/embed/guZ9lLV8qc8?feature=player_embedded" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></div>
<b><br /></b>
<b><br /></b>
<b><br /></b>
<b><br /></b>
<b><br /></b>
<b><br /></b>
Qui si può leggere La Società aperta e i suoi nemici:<br><br><a href="https://archive.org/details/in.ernet.dli.2015.59272/page/n3/mode/2up" target="_blank">Primo volume</a>
<a href="https://archive.org/details/in.ernet.dli.2015.33968/page/n5/mode/2up" target="_blank">Secondo Volume</a>
<b><br /></b>
<b><br /></b><br />
<b>Su RAIEduFILOSOFIA:</b><br />
<b><br /></b><b><br /></b><b><a href="https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2019/01/Zettel-Presenta-Giulio-Giorello---Popper-e-la-filosofia-della-scienza-204851c7-7845-49c8-97f5-ec56f32f2317.html" style="color: #436590; text-decoration: none;">Popper: la teoria della conoscenza</a></b><br />
<br />
<br />
<br />
<br /></div>
</div>
</div>
CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-42590920618824101862016-02-07T13:05:00.005-08:002019-03-28T10:47:37.340-07:00Le vicende dell'economia giapponese. Un errore modello.<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/J0l8NmirbUI?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe>
<br />
<br />
<br />
<b><a href="http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2016/02/04/ventanni-di-qe-e-tassi-a-zero-non-bastano-al-giappone-perche-dovrebbero-curare-noi/?refresh_ce=1">Su <i>Il Sole 24 ORE</i> del 4 febbraio 2016 Maitre_à_panZer</a> solleva il problema dell'efficacia delle politiche monetarie adottate prima dal Giappone poi da tutto l'Occidente:</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Dal che deduco che il Giappone, malgrado la sua quasi ventennale esperienza, è ancora convinto che dalla politica monetaria, che ha generato una trappola della liquidità, possa originarsi una via d’uscita. Come se il “male” possa generare la sua cura. E forse è questo pensiero la trappola peggiore nella quale poteva finire il Giappone, ormai in buona compagnia. L’Europa e il resto dell’Occidente, infatti, stanno sperimentando la “trappola giapponese” già da qualche anno. E sono solo all’inizio".</b><br />
<b><br /></b>
<b>Nel video sopra proposto invece due ragazze giapponesi danno lo spunto per riflettere sugli effetti negativi della svalutazione.</b><br />
<b><br /></b>
<b>Come spiegare la perseveranza nell'errore, nonostante l'evidente fallimento? Invertire la rotta è sempre più difficile. Bisogna riorientare il dibattito pubblico e le aspettative degli elettori, in modo da spingere i politici al rinnovamento. Mancano le buone idee e il coraggio che, del resto, raramente si trovano nelle stesse persone.</b><br />
<div>
<br /></div>
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-56145077347605014922016-01-31T14:05:00.003-08:002019-09-29T11:26:49.687-07:00Unioni civili. Il compito dei cristiani.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/xPaJQowE8qk/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/xPaJQowE8qk?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
<br />
<br />
<b><a href="http://www.corriere.it/cronache/16_gennaio_31/ruini-questa-folla-mi-commuove-62af89f2-c790-11e5-b16b-305158216b61.shtml">Uno dei più lucidi esponenti del cattolicesimo italiano contemporaneo, il cardinale Camillo Ruini, ha concesso a Aldo Cazzullo una lunga intervista pubblicata sul <i>Corriere della Sera</i> del 31 gennaio 2016.</a> Così l'influente collaboratore di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI:</b><br />
<b><br /></b>
<b>"...c’è nel Paese una diffusa contrarietà al matrimonio, o simil matrimonio, tra persone dello stesso sesso; in particolare all'adozione da parte di questo tipo di coppie, e alla pratica dell’utero in affitto".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Una legge sulle unioni civili si può senz’altro fare. In Parlamento praticamente tutti si dichiarano favorevoli, e di fatto gran parte di questi diritti anche in Italia esiste già, a seguito di decisioni della magistratura. Ma è importante che i diritti siano attribuiti alle persone che formano le coppie, non alla coppia come tale, per evitare equiparazioni al matrimonio".</b><br />
<b><br /></b>
<b>" L’Europa tende purtroppo ormai da parecchi anni a trascurare il principio di sussidiarietà. Cerca di rendere uniformi norme e situazioni che sono legittimamente diverse nei singoli Paesi. E fa troppo poco in quelle materie come la politica estera, la difesa, ora in particolare la questione degli immigrati, in cui solo l’Ue può agire con efficacia".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Non c’è una sola modernità. C’è quella cui lei si riferisce, e che nei Paesi occidentali gode di una vera egemonia culturale. Ma c’è anche un’altra modernità, nel vasto mondo e pure nei nostri Paesi. È la modernità che vediamo oggi al Family Day. Una modernità che fa nascere figli, contrastando la crisi demografica che si sta mangiando l’Europa. Una modernità che ha fiducia nel futuro e crede nei legami sociali. Senza di essa, anche la modernità oggi egemone avrebbe poche speranze".</b><br />
<b><br /></b>
È ancora possibile un compromesso?<b> "Direi che è possibile, o almeno sarebbe possibile, un vero accordo, se oltre a stralciare le adozioni si togliessero i tanti riferimenti al diritto matrimoniale e al diritto di famiglia. Altrimenti si apre la strada all’equiparazione, attraverso le decisioni della magistratura".</b><br />
<b><br /></b>
Agli omosessuali cosa si sente di dire?<b> "Che non soltanto non sono ostile alle persone omosessuali, ma ho avuto fin da giovane autentiche amicizie con qualcuno di loro. E chiaramente tutte le persone hanno integralmente i diritti che competono alla persona come tale, a partire dal rispetto che è loro dovuto".</b><br />
<b><br /></b>
<b>Bisogna sottolineare che i pastori della Chiesa cattolica e le organizzazioni cattoliche hanno il pieno diritto di esprimere e diffondere una visione largamente condivisibile anche per ragioni non connesse alla fede religiosa, fino a tentare di orientare il Parlamento. Ma questo è il principale dovere dei cristiani? Il compito principale dei cristiani è annunciare il Vangelo e testimoniarlo con la loro vita, anche quando le leggi dello stato non ne recepiscono i valori. I fedeli di una religione nata e cresciuta per quasi tre secoli senza il sostegno del potere imperiale romano devono essere consapevoli che il bene non ha bisogno delle leggi dello stato per affermarsi. </b><br />
<div>
<br /></div>
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-91851345550151642362016-01-24T12:49:00.003-08:002017-05-27T16:18:38.392-07:00L' Occidente degli apprendisti stregoni. <iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/PnkT0B7KEmU?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe>
<b><br /></b>
<b><br /></b>
<b><br /></b><b>Si ha netta l'impressione che le democrazie occidentali non abbiano governanti capaci e lungimiranti. Si naviga a vista o si prendono misure così sbagliate da costituire le premesse di drammatici sviluppi. Alberto Negri e Morya Longo su <i>Il Sole 24 ORE</i> del 23 gennaio 2016 ne danno conto lucidamente. <a href="http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2016-01-23/ma-occidente-ha-capito-chi-e-davvero-erdogan-195617.shtml">Scrive Negri</a>:</b><br />
<b><br /></b>
<b>"C'è da chiedersi se gli Stati Uniti, l'Europa, il cosiddetto Occidente, esistano ancora come nozione politica, morale o anche soltanto geografica. Più di un dubbio viene spontaneo dopo la visita del vicepresidente americano Joe Biden in Turchia".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Agli Stati Uniti adesso serve un autocrate come Erdogan, complice dei jihadisti, non per fare la guerra all'Isis ma per contrastare Putin in Siria. La realtà è che la Turchia ricatta gli Usa con la minaccia russa per ottenere un pezzo di territorio siriano che finora non è riuscita a conquistare servendosi del Califfato".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"È con questa bella compagnia, con queste idee brillanti, che facciamo la lotta all'Isis e ci prepariamo ai negoziati di pace sulla Siria dove dobbiamo fare accomodare i rappresentanti del terrorismo che piacciono ad Ankara e Riad. Siamo amici e alleati di coloro che ci mettono le bombe in casa, che hanno distrutto interi Paesi, provocato milioni di profughi e che alimentano la propaganda islamista radicale: ecco siamo noi i “nuovi” occidentali".</b><br />
<b><br /></b>
<b><a href="http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2016-01-23/il-cordone-monetario-che-lega-mercati-094201.shtml">Così Longo sulle linee di politica economica</a>:</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Quanto accaduto in queste settimane dimostra comunque quanto sia difficile per le grandi banche centrali, come la Fed, uscire da anni di politica monetaria ultra-espansiva. Anni di pesanti iniezioni di liquidità hanno infatti creato tali squilibri in giro per il mondo (per esempio nei Paesi emergenti), che basta un timido accenno di marcia indietro per far tremare tutto. Anni di denaro facile hanno creato una tale assuefazione nei mercati finanziari, che disintossicarli non sarà facile. Con i loro interventi, le banche centrali salvano il mondo nell’immediato ma aumentano potenzialmente gli squilibri nel futuro. Ecco perché serve anche una risposta politica ai problemi del mondo: perché quella monetaria ultra-espansiva non può, e non deve, durare per sempre".</b><br />
<b><br /></b>
<b>Perfino il grande quotidiano della Confindustria, solitamente confidente e prono verso i responsabili del disastro economico, ospita qualche realistica riflessione. Come si è giunti a questa grave inadeguatezza della leadership occidentale? Costituisce un aspetto del complessivo declino. Agenzie educative e formazioni sociali intermedie sono in grave crisi. Non riescono più a formare buoni cittadini, educati alla libertà responsabile, e a selezionare grandi leader. Cattivi elettori scelgono leader inetti e opportunisti, spacciatori delle illusioni tanto amate dalla gente.</b><br />
<div>
<br /></div>
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-86056318745327834622016-01-17T12:25:00.003-08:002020-06-10T07:09:04.136-07:00Le origini della crisi e il ruolo delle banche centrali.<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/ogeJ4z59CmA?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe>
<b><br /></b>
<b><br /></b>
<b><br /></b><b>Dalla giustapposizione di due analisi buone a metà si ricava una plausibile spiegazione delle difficoltà che ci assillano ormai da anni. <a href="http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2016/01/14/cina-rischio-nuova-crisi-finanziaria/">Su <i>Il Sole 24 ORE </i>del 14 gennaio 2016 Carlo Milani ha ben delineato le radici della crisi in atto:</a></b><br />
<b><br /></b>
<b>"Le turbolenze che stiamo vivendo in queste settimane, e che già si erano affacciate nell’estate del 2015, hanno radici profonde e sono legate sostanzialmente ad alcuni squilibri globali che già nel 2007/2008 avevano determinato la crisi negli Stati Uniti, che poi si è propagata in tutto il mondo".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Tali squilibri prendono impulso proprio in Cina negli anni ‘80. Con Deng Xiaoping viene adottata la cosiddetta economia socialista di mercato, attraverso cui vengono introdotte una serie di riforme economiche volte a trasformare profondamente l’economia".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"La grande disponibilità di manodopera a basso costo, una politica monetaria volta a svalutare il tasso di cambio rispetto al dollaro e l’ingresso nella World Trade Organization (WTO) agli inizi del 2000 hanno determinato quelle condizioni necessarie affinché la Cina potesse inondare i mercati internazionali dei suoi prodotti".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Principale mercato di sbocco, nella prima parte degli anni 2000, sono stati gli Usa. Al flusso di merci è corrisposto anche un flusso di capitali. Si è creato quindi un paradosso: le famiglie cinesi povere, con livelli di consumo bassissimi e alti saggi di risparmi, indispensabili per far fronte alle incertezze della vita, hanno finanziato i consumi spasmodici delle ricche (soprattutto in termini relativi) famiglie americane".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Quando anche i ceti meno abbienti americani hanno voluto la loro parte, acquistando immobili che non potevano permettersi grazie ai mutui subprime, la strada verso la crisi del 2007/2008 era oramai segnata".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Il Dragone cinese, dopo essere cresciuto per molti anni sotto la spinta delle importazioni statunitensi, ha cercato di stimolare la domanda interna puntando inizialmente sugli investimenti pubblici e privati. I problemi di burocrazia e corruzione di un Paese immenso come la Cina hanno però implicato la dispersione di molte risorse, e il dissesto finanziario di molti enti locali".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Nel tentativo di dare un impulso ai consumi delle famiglie si è quindi deciso di “dopare” i mercati azionari, favorendo ad esempio l’indebitamento con la finalità di acquistare azioni, i cui prezzi sembravano a molti dover crescere per sempre. Attraverso i guadagni di Borsa, nella logica delle autorità cinesi, le famiglie avrebbero poi potuto velocemente aumentare il loro stile di vita".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Queste politiche avventate hanno però fatto gonfiare troppo rapidamente la bolla azionaria, facendola inesorabilmente esplodere nell’arco di pochi mesi".</b><br />
<b><br /></b>
<b>Milani ha ben messo in luce le origini della crisi. Nelle democrazie occidentali dove, quasi dappertutto, cattivi produttori non più competitivi hanno incrementato i consumi, </b><b>direttamente o attraverso la spesa pubblica,</b><b> il debito è esploso diventando insostenibile. Capitalismo del debito e del risparmio hanno interagito in modo devastante. Il peso dell'indebitamento, sia pure con modalità peculiari, si fa ora sentire in Cina e nelle grandi economie recentemente emerse. Ma quale ruolo hanno esercitato le banche centrali in questi tumultuosi cambiamenti?<a href="http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2016/01/16/tutti-i-danni-collaterali-dalle-scelte-non-convenzionali-di-mamma-fed-spiegati/"> Illuminanti sono le considerazioni di Fed Watcher su <i>Il Sole 24 ORE</i> del 16 gennaio 2016:</a></b><br />
<b><br /></b>
<b>"...tutti gli acquisti della Federal Reserve dal collasso di Lehman Brothers a oggi. Con il primo Qe, annunciato il 25 novembre 2008, la Fed ha comprato 1,240 miliardi di dollari di titoli legati ai mutui, di qualunque entità. Con il secondo Qe, annunciato il 3 novembre 2010, ha acquistato 600 miliardi di dollari di Treasuries. Con il terzo Qe, datato 13 settembre 2012, ha iniziato a comprare 40 miliardi di dollari, al mese, di Residential mortgage backed securities (Rmbs) e Mortgage backed securities (Mbs), sempre titoli legati ai mutui. Infine, il Qe4, lanciato il 12 dicembre 2012, con il quale la Fed ha comprato 45 miliardi di dollari, sempre su base mensile, di Treasuries".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"In totale, il bilancio delle Fed è passato dai 909,982 miliardi di dollari del 27 agosto 2008 ai 4.486 miliardi dello scorso 13 gennaio".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Poi, c’è stato il crac. La Greenspan Put aveva creato distorsioni così elevate nel mercato immobiliare statunitense che praticamente ogni cittadino era un investitore. O meglio, per dirla con un termine giornalistico che odio, uno “speculatore”. Ancora nel 2005 si poteva comprare una casa dando poche migliaia di dollari come garanzia, poi pagare alcune rate del mutuo, andare underwater, rivendere la casa (il cui prezzo era salito anche del 15% nel corso di un anno) e rifare il gioco tramite le plusvalenze. Certo, l’economia girava, proprio come voleva Greenspan e come voleva tutta la Fed, ma a che prezzo? A quello che si è visto dal marzo 2007 in poi, da quando cioè Bear Stearns finì a gambe all’aria".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"La Fed è poi diventata l’unico appiglio per l’economia globale. Più aumentavano le turbolenze, più si allentavano i cordoni della liquidità. Ne sono prova i quattro round di Qe, che hanno immesso nei mercati finanziari una quantità mai sperimentata prima di denaro. Bernanke prima e la Yellen poi hanno drogato sia il settore obbligazionario sia quello azionario, senza contare quello dei money markets fund".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"A parte i pochi casi contenuti nel Dodd-Frank Act, poco o nulla è stato fatto sotto il profilo della vigilanza. Perché andava bene così a tutti. Di sicuro ai banchieri centrali, perché il loro mandato era rispettato. Di sicuro ai politici, perché con un’economia in espansione è sempre più facile mantenere il consenso elettorale. Di sicuro agli investitori, perché potevano investire in zone “franche” con rendimenti mai visti prima. Di sicuro ai cittadini, perché quando c’è credito a volontà è più facile soddisfare le proprie voglie".</b><br />
<b><br /></b>
<b>Le distorsioni operate dalla Fed non le hanno in realtà consentito di rispettare il proprio mandato.<a href="http://data.bls.gov/timeseries/LNS12300000"> Il tasso di occupazione USA nel 2015 è rimasto sostanzialmente fermo poco sopra il 59%, ben lontano dai livelli raggiunti prima del 2008. Altro che piena occupazione!</a> Occorre invece incidere sugli squilibri dell'economia reale, applicando le stesse regole a tutti gli operatori nella competizione globale, realizzando un mercato genuino con una corretta allocazione delle risorse, riducendo la pressione fiscale sulle imprese senza aumentare il debito pubblico, migliorando la formazione e l'educazione. Le illusioni possono formare la più pericolosa delle bolle. Prima ne diventiamo consapevoli meglio è.</b><br />
<div>
<br /></div>
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-15028543192351566192016-01-10T15:20:00.003-08:002017-05-27T16:21:51.966-07:00Crisi. Le pensioni degli Italiani.<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="300" src="https://www.youtube.com/embed/31wW5aBSy3g?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe>
<br />
<br />
<br />
<br />
<b>Il sistema pensionistico italiano desta viva preoccupazione. I contributi previdenziali corrispondono a circa un terzo del salario da lavoro dipendente. Un tasso molto elevato, superiore a quello di altri importanti paesi dell'Eurozona, che contribuisce a determinare un cuneo fiscale/contributivo penalizzante per il lavoro, l'impresa e i consumi.</b><br />
<b>Le pensioni pubbliche italiane ammontano a oltre il 15% del PIL. Per far fronte ad esse lo Stato deve trasferire, attingendoli dalla fiscalità generale, più di cento miliardi. La popolazione invecchia.Tale tendenza mina la sostenibilità. Pochi giovani lavorano e pochissimi riescono a lavorare con continuità. Secondo il principio contributivo applicato riceveranno pensioni davvero esigue.</b><br />
<b><a href="http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2016/01/04/le-pensioni-degli-italiani-e-la-differenza-fra-statista-e-politico/">Francesco Bruno su <i>Il Sole 24 ORE</i> del 4 gennaio 2016 esamina le prospettive delle pensioni degli Italiani</a>:</b><br />
<b><br /></b>
<b>".<a href="http://www.oecd-ilibrary.org/social-issues-migration-health/pensions-at-a-glance-2015_pension_glance-2015-en">..in un gruppo selezionato di 19 Paesi OCSE che presentano un maggiore collegamento tra contributi versati e sistema pensionistico</a>, l’Italia è al primo posto per i contributi previdenziali versati, corrispondenti al 33% del salario da lavoro dipendente. Il 23,81% è pagato dai datori di lavoro, il 9,19% dai lavoratori. Si tratta di un tasso altissimo, considerato che la media del gruppo nel 2014 è stata pari al 18%. Siamo ampiamente distanti da altri Paesi dell’eurozona come il Belgio (16,4%), la Germania (18,9) e la Francia (21,25%)."</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Nei fatti tali versamenti incidono pesantemente sui lavoratori, poiché all’imprenditore interessa quanto gli costi ogni dipendente, a prescindere da quanto corrisponda direttamente a quest’ultimo e quanto allo Stato o agli Enti previdenziali: “Più devo dare allo Stato, meno darò al lavoratore”. Nessuno si sorprenda quindi di livelli salariali bassi con queste percentuali. E se qualcuno si illude altresì di poter intervenire a favore dei lavoratori alzando la soglia del salario minimo, si sbaglia nuovamente, perché favorirebbe solo un’ulteriore diminuzione del tasso di occupazione".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Altra nota dolente. Durante il periodo 2010-2015 le pensioni pubbliche italiane hanno assorbito mediamente il 15,7% del PIL rispetto a una media OCSE del 9%. Un livello di spesa inferiore solo alla Grecia (16,2%), maggiore rispetto ad altri Membri UE come Olanda (6,9%), Regno Unito (7,7%), Germania (10%), Belgio e Spagna (11,8%), Francia (14,9%). Si rammenta che spendiamo per l’istruzione meno del 5% del PIL".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Inoltre, a preoccupare – visti i noti livelli del debito pubblico, ben oltre il 130% del Pil – sono anche i necessari trasferimenti annuali di risorse dallo Stato centrale (quindi, fiscalità generale) all’INPS, che superano i 100 miliardi".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Ovviamente il livello di spesa non dipende solo da un’inefficiente gestione delle risorse. Come rileva il rapporto gli ultrasessantacinquenni rappresentano il 21,7% della popolazione contro il 16,2% della media OCSE. Anche l’invecchiamento della popolazione è dunque una minaccia per la sostenibilità finanziaria del sistema".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Circa il 25% degli appartenenti alla fascia di età 16-29 anni né studia, né lavora. Il tasso di occupazione è del 39,5% nella fascia di età 15-34, mentre il tasso generale è fermo al 56,4% (media OCSE superiore al 66%). Questo implica forti preoccupazioni legate al nuovo modello previdenziale".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"La riforma del 2011 ha infatti sancito uno stretto legame tra contributi versati e prestazioni pensionistiche ricevute. Questo sistema – pur presentando dei vantaggi – rappresenta un serio rischio per chi ha difficoltà ad entrare nel mercato del lavoro o a proseguire una carriera senza interruzioni".</b><br />
<b><br /></b>
<b><a href="http://www.globalpensionindex.com/">"Nel mese di ottobre l’<i>Australian Centre for Financial Studies</i> ha pubblicato il<i> Melbourne Mercer Global Pension Index</i></a>, grazie al quale si ottiene una classifica analitica dei sistemi pensionistici di 25 Paesi, assegnando un rating, un voto, a ciascuno di essi".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Al primo posto vi è la Danimarca, seguita subito dopo dall’Olanda. Poi vengono Australia, Svezia, Svizzera e tutti gli altri Paesi. È curioso notare che questi 5 Paesi si affidino consistentemente a schemi di pensioni private – obbligatorie e non – con percentuali superiori al 60 per cento. L’Italia è ferma al 15,7 per cento".</b><br />
<b><br /></b>
<b>In coda alla sua brillante analisi Bruno suggerisce il rimedio capace di riportare il sistema all'efficienza e alla sostenibilità: l'ampio ricorso a strumenti previdenziali privati. Purtroppo prendere o riprendere questa strada appare tecnicamente ma soprattutto politicamente molto difficile. Come spiegare agli Italiani che anche in questo settore è tutto sbagliato, tutto da rifare?</b><br />
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-35510692209978062992016-01-03T11:32:00.000-08:002019-05-02T14:20:35.339-07:00Primarie repubblicane USA: Cruz sì, Trump no. <iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/8WL6RnLa-VI?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe>
<br />
<br />
<br />
<b><a href="http://data.bls.gov/timeseries/LNS12300000">L'occupazione USA nel 2015 è rimasta ferma poco sopra il 59%, ben lontana dai livelli raggiunti prima della crisi.</a> I problemi della società e dell'economia statunitensi determinano in una larga parte dell'elettorato il desiderio di un svolta. Anche a molti giovani il messaggio di cambiamento proveniente dall'area più conservatrice e lontana dall'establishment del partito repubblicano pare una risposta realistica e di buon senso alle attese e alle difficoltà.</b><br />
<b>Queste sono le premesse da cui partono Ted Cruz e Donald Trump nella corsa alla candidatura repubblicana in vista delle prossime elezioni presidenziali. Donald Trump è un ricco imprenditore di New York, attivo sprattutto nei settori immobiliare, alberghiero e turistico. Ormai da dieci anni sostiene il partito repubblicano. Noto al grande pubblico televisivo, punta molto sulla sua personalità. Ted Cruz, avvocato, figlio di un predicatore protestante nato a Cuba, è senatore del Texas. Anche per tali origini gode di un vasto consenso tra gli elettori vicini al Tea Party. Le sue posizioni coerentemente conservatrici e l'avversione per i compromessi gli attirano le simpatie di chi attende un radicale cambio di rotta.</b><br />
<a href="https://www.conservativereview.com/commentary/2015/12/why-the-establishment-fears-cruz-more-than-trump"><b>Su <i>Conservative Review</i> del 28 dicembre 2015 Robert Eno riporta una tagliente opinione sui due candidati:</b></a><br />
<b><br /></b>
<b>"The political industrial complex believes deep down that they can negotiate with the author of The Art of the Deal; they know they will lose the levers of power with Ted Cruz".</b><br />
<b><br /></b>
<b>Il complesso politico industriale pensa di poter trattare con Trump, ma che perderà le leve del potere con Cruz. Di ciò è ben consapevole l'America che vuole un vero rinnovamento. Per questo Cruz può vincere contro Hillary Clinton, mentre è improbabile un successo di Trump. Per questo la Clinton spera che sia Trump a ottenere la nomination.</b><br />
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-10974601530006595782015-12-26T06:27:00.002-08:002018-04-07T09:52:42.607-07:00Dove va la Cina? Crisi profonda, crollo improbabile.<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/bpC6wX-PEQg?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe>
<br />
<br />
<br />
<b><a href="http://www.asianews.it/notizie-it/Il-triste-Natale-dell%E2%80%99economia-cinese,-sempre-pi%C3%B9-vicina-al-crollo-36236.html"><i> AsiaNews.it</i> del 23 dicembre 2015 presenta un'analisi impietosa della Cina, a firma di John Ai:</a></b><br />
<b><br /></b>
<b>"Secondo il China Labour Bulletin, Ong sindacale con base a Hong Kong, il numero di scioperi e proteste sul lavoro ha toccato nel novembre 2015 il massimo storico. L’aumento di questi fenomeni, la chiusura delle fabbriche e la fuga dei dirigenti sono collegati con il costante rallentamento del manifatturiero in Cina. La domanda e le esportazioni calano, i boss con problemi finanziari rifiutano di pagare i salari (oppure spariscono) e i manifestanti vengono considerati “fonte di problemi” e arrestati. Le autorità danno sempre la priorità alla stabilità".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Ma nel 2010 la Banca centrale cinese ha stretto le sue politiche monetarie: le compagnie hanno iniziato a soffrire per la mancanza di liquidi e si sono rivolte al sistema delle “banche-ombra”, che hanno tassi di interesse molto più alti. Questo ha causato un aumento di debiti insanabili e scatenato la fuga degli imprenditori. L’usura ha distrutto le aziende. Secondo l’Ufficio statistico di Wenzhou, il numero di imprese con un giro d’affari superiore ai 20 milioni di yuan si è attestato nel 2014 a 4.366 unità: un calo sensibile rispetto alle 8.096 del 2010. Il tribunale locale comunica di aver aperto più casi di bancarotta nel 2015 che nel 2014".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Mentre il manifatturiero rallenta, la speculazione in Borsa diviene frenetica. L’ottimismo generale dell’inizio del 2015 rispetto al mercato finanziario non è durato molto. Il boom accompagnato dall’incoraggiamento dei media statali è esploso il 12 giugno. Il governo ha preso misure urgenti per fermare il crollo, fra cui la sospensione delle prime offerte di pubblico acquisto, e ha proibito la vendita a corto raggio costringendo le compagnie statali a ricomprare le proprie azioni. Ma il 24 agosto 2015 la Borsa di Shanghai ha perso comunque l’8,48%, dato peggiore dal crollo del 2007".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Era inevitabile, ma l’era della crescita annuale oltre il 10% è passata. In questi anni di “nuova normalità”, termine scelto da Xi Jinping per descrivere il rallentamento della crescita, l’economia cinese dovrà sperimentare le durezze della ristrutturazione, che porterà con sé un divario ancora più profondo fra ricchi e poveri, disoccupazione e problemi ambientali".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Dall’epoca delle riforme e delle aperture, la crescita economica ha mantenuto la legittimazione del Partito comunista. La trasformazione industriale e la ristrutturazione dell’economia colpiranno il mercato del lavoro, dove milioni di universitari laureati rappresentano una nuova sfida. Internet diffonde le notizie e velocizza la consapevolezza della popolazione. Da quando Xi Jinping ha preso il potere le autorità hanno stretto il controllo sulla società: sempre più avvocati vengono arrestati e, mentre la gente cerca pace nelle religioni, il governo cerca di frenarle".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Si rafforza anche la censura su internet. Il controllo totale sulla società mostra la preoccupazione delle autorità riguardo a possibili agitazioni popolari. A settembre 2015, il membro del Politburo Wang Qishan ha per la prima volta affrontato in maniera aperta la legittimità del Partito. Anche se i media ufficiali hanno dipinto questo intervento come “epocale” e “una manifestazione della fiducia del Partito in se stesso”, esso riflette anche la consapevolezza dei rischi potenziali e delle crisi che potrebbero arrivare". </b><br />
<b><br /></b>
<b>Vengono al pettine i nodi di una globalizzazione disordinata e tumultuosa, che ha visto capitalismo del risparmio e del debito evolvere ed interagire in modo disomogeneo e devastante. In Cina principi socialisti, mercato, intervento pubblico, tradizioni ed egemonia del partito comunista hanno determinato una crescita economica senza precedenti, segnata da contraddizioni e criticità difficili da sanare.</b><br />
<b>La crisi del modello cinese, efficacemente illustrata nell'articolo di Ai, spaventa osservatori e operatori, ma non vanno sottostimati i fattori che rendono improbabile un crollo. Il welfare è corto e relativamente poco costoso. <a href="http://english.gov.cn/archive/laws_regulations/2014/08/23/content_281474982987458.htm">Ha un preciso fondamento nell'art. 42 della costituzione vigente, che ne delimita l'ampiezza fissandone la dipendenza dallo sviluppo della produzione:</a></b><br />
<b><br /></b>
<b>"Citizens of the People’s Republic of China have the right as well as the duty to work.</b><br />
<b>Through various channels, the State creates conditions for employment, enhances occupational safety and health, improves working conditions and, on the basis of expanded production, increases remuneration for work and welfare benefits".</b><br />
<b><br /></b>
<b>Si tratta di un assetto contestato, ma la memoria generazionale opera ancora tutto sommato a suo favore. Sono molti i cinesi che hanno sperimentato la povertà assoluta e le durezze della Rivoluzione culturale e del regime maoista. Questi e i loro figli sono disposti a tollerare difficoltà che a noi sembrano intollerabili. Inoltre esercita tuttora un ruolo importante il nazionalismo. Il diffuso sentimento patriottico può determinare una maggiore tenuta del sistema.</b><br />
<b>Vedremo se i governanti sapranno controllare una situazione che rischia di sfuggire di mano. Ben difficilmente tenteranno di introdurre istituzioni che ai loro occhi hanno fallito nelle democrazie occidentali e possono compromettere l'egemonia del Partito comunista, potendo invece trarre ispirazione da un modello di successo vicino anche sotto il profilo culturale: Singapore.</b><br />
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-49083289692679623842015-12-20T07:09:00.000-08:002019-03-28T10:46:58.781-07:00Crisi. La vittima più importante è il realismo.<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/yeyKLZjOIlg?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe>
<b><br /></b>
<b><br /></b><b><br /></b>
<b>Secondo il Vocabolario della lingua italiana di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli il realismo è il senso della realtà nella sua concretezza. <a href="http://www.linkiesta.it/it/article/2015/12/19/almudena-grandes-il-prossimo-governo-spagnolo-nasce-gia-vecchio/28649/">Solo apparentemente ne dà prova la scrittrice spagnola Almudena Grandes in una recente intervista pubblicata da<i> Linkiesta.it</i>:</a></b><br />
<b><br /></b>
<b>"Dice che questa crisi è come una guerra e che gli spagnoli hanno perso. Perché?</b><br />
<b><br /></b>
<b>È diversa dalle altre crisi del capitalismo. Normalmente chi soffriva apparteneva sempre alle classi più umili. Questa crisi, eccetto gli ultra ricchi, ha invece colpito tutti, indiscriminatamente. Per questo credo sia una guerra. È stata devastante, crudele. E abbiamo perso.</b><br />
<b><br /></b>
<b>Cosa esattamente?</b><br />
<b><br /></b>
<b>I nostri diritti, la nostra libertà</b><br />
<b><br /></b>
<b>Nessuna speranza per il futuro?</b><br />
<b><br /></b>
<b>Sono un'ottimista congenita. Lotto tutti i giorni con il pessimismo di questi tempi. Penso che la speranza ci sia, ma per cosa? Per vivere come prima? No. Per cambiare Iphone due volte l'anno? No. Per comprarci l'Audi uguale a quella del vicino? No. Bisogna rompere il binomio felicità/consumismo. Se continuiamo ad essere legati alla ricchezza siamo persi. Gli spagnoli sono stati sempre un popolo povero, ma la povertà fino a poco tempo fa non era umiliante, colpevole, non faceva vergogna. Faceva parte dello scenario della vita. E la vita era lottare. Se non avessimo perso questa tradizione, quella dei nostri nonni che vivevano con dignità anche con poco, saremmo molto più forti e capaci di andare avanti".</b><br />
<b><br /></b>
<b>Grandes si fa portavoce dei tanti colpiti dalla crisi e delusi dai governi che si succedono, ma manca la consapevolezza del percorso che ha condotto alle attuali difficoltà. Nei paesi per primi giunti al benessere l'allargamento dei compiti dello stato, l'aumento della spesa pubblica e della pressione fiscale, il venir meno dei più efficaci stimoli all'impegno individuale, la disastrosa propensione al debito, l'immigrazione fuori controllo e la competizione con nuove economie non appesantite da questi fardelli hanno determinato una riduzione degli investimenti privati e della offerta di buona occupazione.</b><br />
<b>Una anche superficiale attenzione alla realtà consentirebbe di cogliere i motivi delle nostre difficoltà come produttori e la stretta relazione tra queste e i problemi che ci assillano come consumatori. Ma tutto spinge in un'altra direzione. Le aspettative individuali, le irresponsabili dichiarazioni dei politici, il servilismo dei media e l'inadeguatezza degli intellettuali insieme alimentano la bolla più pericolosa, quella delle illusioni.</b><br />
<div>
<br /></div>
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-27796671546072126032015-12-13T09:55:00.001-08:002023-09-29T08:55:58.358-07:00Occupazione USA. Chi è bravo in matematica?<br />
<br />
<b><a href="http://data.bls.gov/timeseries/LNS12300000">L'occupazione USA delude le aspettative. Nel 2015 è rimasta ferma poco sopra il 59%, significativamente lontana dai livelli pre-crisi</a>, non corrispondendo alle speranze soprattutto nel settore manifatturiero, tra i pochi in grado di dare molto lavoro di buona qualità. Le ragioni di queste difficoltà sono diverse, ma va sottolineato il ruolo del capitale umano. In Italia la sua importanza è stata recentemente ribadita dal professor Luca Ricolfi, che così ha delineato i grandi fattori della crescita economica nel suo<i> L'enigma della crescita</i>:</b><br />
<b><br /></b>
<b>"...la qualità del capitale umano - in particolare sotto forma di padronanza delle conoscenze di base in matematica e scienze - è la forza fondamentale che può sostenere la crescita dei paesi OCSE".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"La seconda forza fondamentale è il saldo degli "investimenti diretti esteri"".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"La terza forza è la qualità delle "istituzioni economiche"..., ossia il fatto di avere buone regole di funzionamento dell'economia".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"La quarta forza fondamentale sono le "tasse",... il cui ruolo è però negativo, di rallentamento della crescita" (Op. cit., 2014, p. 46 e seg.).</b><br />
<b><br /></b>
<b><a href="http://matematica.unibocconi.it/sites/default/files/PISA-2012-results-italy-ITA.pdf">Infatti negli Stati Uniti le competenze matematiche e scientifiche, come risulta dalle indagini PISA, sono tra le più basse rilevate nei paesi OCSE.</a> Questo capitale umano, insieme ad altre insufficienti premesse, non consente un ampio incremento della manifattura di qualità. Si tratta di un deficit difficile da colmare. La scuola pubblica è in crisi, mentre aspirazioni e stimoli individuali spingono in altre direzioni.</b><br />
<b>Le misure adottate dalle banche centrali hanno tenuti bassi i tassi di interesse, premiando i cattivi debitori, non frenando l'incontrollato e devastante sviluppo del capitalismo del debito. Nessun incisivo intervento invece sui fattori di uno sviluppo sano e sostenibile, capace di dare buone occasioni di lavoro. Misure di questa efficacia possono essere adottate solo da governi lungimiranti, sostenuti da una opinione pubblica educata e informata. Oggi cattivi governi e cattivi elettori prevalgono, prodotti dal declino dell'educazione e dell'istruzione. Una inversione di rotta sembra improbabile.</b>
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-11482458227772076292015-12-06T13:33:00.000-08:002017-11-23T11:22:05.085-08:00Dalla battaglia di Canne ai Balcani e alla Siria. Pensare la violenza.<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="300" src="https://www.youtube.com/embed/H8-3JQcKWkg?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe>
<br />
<br />
<br />
<br />
<b>Nel corso della Seconda guerra punica (216 a.C.) in Puglia, a Canne, l'esercito romano fu sconfitto da quello cartaginese. Una strage dai numeri impressionanti: tra i romani e i loro alleati italici i morti furono probabilmente quaranta - cinquanta mila. Una Italia allora popolata da meno di sei milioni di abitanti vide morire in quella battaglia quasi un italiano su cento, donne e bambini compresi.</b><br />
<b><a href="http://www.analisidifesa.it/2015/12/qualche-idea-per-colmare-le-asimmetrie-nei-conflitti/">Su <i>Analisi Difesa </i>del 3 dicembre 2015 il generale Leonardo Tricarico ha scritto:</a></b><br />
<b><br /></b>
<b>" I meccanismi decisionali sulla legittimità degli obiettivi prima e sul tipo di intervento poi, sono tuttora fattori tranquillizzanti che la forza della Nato (o da essa guidata) sia applicata nella misura minima indispensabile e nel rispetto dei principi umanitari da tutti condivisi ma sempre meno rispettati. Nei Balcani nel 1999, con questa filosofia, si registrarono "solo" 370/430 vittime innocenti dopo ben 30.004 missioni di bombardamento, perdite tutte causate da malfunzioni dei sistemi d'arma o, in un paio di casi, da intelligence inaccurata. Mai però da indisciplina, negligenza o trasgressione delle regole di contenimento del danno".</b><br />
<b><br /></b>
<b>" Oggi invece nei filmati diffusi dai russi stessi dopo i bombardamenti in Siria, a fine settembre, si notano chiaramente gli impatti di alcune Cluster Bombs (le bombe a grappolo, messe al bando da larga parte della comunità internazionale) o lo sgancio in quantità di bombe da 2000 libbre senza alcuna unità di guida, cioè il dispositivo che assicura la precisione all'impatto. </b><br />
<b>Si torna insomma, seppure in scala limitata, a "radere al suolo" più che a intervenire chirurgicamente, e ciò che è più disdicevole è che lo si fa per contenere i costi dei bombardamenti e non per l'indisponibilità della tecnologia di precisione. Anche altri paesi non sembrano più molto attenti alla questione. Gli stessi Stati Uniti si lasciano andare talvolta a tragici errori (vedasi la strage dell'ospedale di MSF (Medicins Sans Frontieres) a Kunduz del 3 ottobre, frutto di una serie di errori, compreso il cattivo coordinamento tra l’aereo e le forze speciali sul terreno) o danno l'impressione di avere il grilletto facile".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Oggi più che in passato, la tentazione di risolvere con le armi questioni che in senso stretto non sono catalogabili come guerra è costantemente dietro l’angolo. Nel contempo manca la percezione che anche la coalizione militare più vasta, determinata e coesa non sarebbe in grado di venire a capo di operazioni belliche a causa di una dottrina di impiego della forza inadatta a colmare le asimmetrie tra un esercito regolare e forze di diversa natura, quali le formazioni terroristiche. Prima di avventurarsi in altre iniziative conflittuali fallimentari, va pertanto fatta una riflessione collettiva sugli aspetti tecnici, giuridici ed etici che contraddistinguono gli scenari che ormai si ripresentano con le medesime caratteristiche ed in termini sempre più drammatici in diverse aree geografiche". </b><br />
<b><br /></b>
<b>Da un professionista della violenza arriva una lucida riflessione sui suoi limiti, mezzi e obiettivi. Se non si può accogliere un pacifismo assoluto, che pone le premesse della guerra o di una pace disumana, si deve però accettare la violenza senza rinunciare alla ragione e all'umanità. La differenza è fatta da valori e intelligenza, non solo e non tanto dagli strumenti.</b>
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-43209416055527382252015-11-29T13:37:00.005-08:002017-06-26T08:39:41.139-07:00QE. La liquidità in trappola.<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="300" src="https://www.youtube.com/embed/etikSygNNFk?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe>
<br />
<br />
<br />
<b><a href="http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-11-23/la-liquidita-esce-porta-ma-rientra-finestra-l-80percento-soldi-pompati-bce-il-qe-e-parcheggiato-francoforte-102006.shtml">Su <i>Il Sole 24 ORE</i> del 23 novembre 2015 Vito Lops esamina le difficoltà del quantitative easing europeo</a>:</b><br />
<b><br /></b>
<b>" Leggendo il bilancio della Bce emerge che le banche dell’Eurozona hanno parcheggiato presso la Bce l’80% della liquidità immessa attraverso il «Qe». Come riporta uno studio di Lyxor, difatti, la gran parte della liquidità del «Qe» non è stata ancora utilizzata".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Ma, a quanto risulta, le banche private preferiscono restare sedute su una pila di costosi contanti parcheggiati presso la Bce, piuttosto che iniettarli nell’economia reale completando così la cinghia di trasmissione". </b><br />
<b><br /></b>
<b>"In realtà non ce la si può prendere con le banche europee. Queste siedono sì su una montagna di liquidità inutilizzata ma devono anche fare i conti con una montagna di crediti deteriorati da smaltire (solo le banche italiane ne hanno in pancia circa 200 miliardi). La verità è che gli ultimi anni di crisi hanno deteriorato il rating medio (livello di solvibilità) di famiglie e imprese europee e quindi gli istituti, pur essendo spronati in tutti i modi dalla Bce ad erogare, lo stanno facendo in modo molto prudenziale, proprio per non accrescere la quota di crediti deteriorati".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Se poi si osserva lo stock di mutui e non solo il flusso delle nuove erogazioni, rispetto all’anno scorso è rimasto praticamente invariato: quindi i nuovi mutui sono andati a compensare quelli che si sono estinti".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Situazione ancor più problematica per quanto riguarda i prestiti alle imprese. Il fatto che l’80% della liquidità pompata dalla Bce esca dalla porta ma rientri dalla finestra fotografa semplicemente che l’economia dell’ Eurozona non è in grado di assorbirla per buona parte, che imprese e famiglie dopo anni di crisi hanno un livello di affidabilità inferiore rispetto al passato".</b><br />
<b><br /></b>
<b>L'esito fallimentare era prevedibile: nell'economia globale i produttori italiani perdono la sfida lanciata da altre aree. I motivi sono noti. Pressione fiscale e contributiva insostenibile, burocrazia, capitale umano inadeguato, insufficienti stimoli all'impegno individuale, incertezza del diritto penalizzano le imprese, allontanano gli investitori privati e ostacolano la ripresa dell'occupazione. </b><br />
<b>Qualora, saltando ogni mediazione, si trasferisse direttamente nelle tasche di imprenditori e altri consumatori la liquidità creata dalla BCE, l'economia reale non ne trarrebbe significativi vantaggi. Sarebbero infatti acquistati soprattutto prodotti e servizi esteri, più convenienti. L'eventuale aumento dell'inflazione colpirebbe le fasce più deboli della popolazione.</b><br />
<b>Occorre abbattere spesa pubblica e pressione fiscale, ridurre la burocrazia e aumentare l'efficienza della pubblica amministrazione, dare un assetto produttivistico al welfare e alle regioni rendendoli sostenibili, incrementare certezza e semplicità del diritto, aggredire la criminalità organizzata, migliorare il capitale umano diffondendo le competenze matematiche, tecniche e scientifiche, regolare i flussi migratori, rendere effettiva la concorrenza interna in ogni settore.</b><br />
<b>Di questo ha bisogno l'economia reale. Però i governanti sono stati eletti da un blocco elettorale in cui pensionati, dipendenti pubblici e beneficiari di grandi e piccoli privilegi esercitano un ruolo decisivo. Non prenderanno le misure necessarie ma capaci di irritare la loro base elettorale.</b><br />
<div>
<br /></div>
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-78369670960624336352015-11-21T05:36:00.003-08:002019-05-11T14:26:11.093-07:00Scienza e società aperta. Comprendere l'impresa scientifica.<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="300" src="https://www.youtube.com/embed/oUlZ6sMcbYY?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe>
<br />
<br />
<br />
<b><br /></b>
<b>In questi giorni in cui il terrore invade la cronaca si sente spesso un'affermazione suggestiva ma oggi lontana dalla realtà: il terrore si fronteggia con la cultura. La vuota retorica che segna tale affermazione si coglie considerando da un lato la necessità di misure militari e di polizia, dall'altro l'inadeguatezza del dibattito pubblico e dell'offerta culturale.</b><br />
<b>Sui media si parla di scienza senza indagare criticamente i suoi successi, le sue rivoluzioni, i suoi fallimenti. Descrivere l'impresa scientifica, frutto migliore del pensiero, significa invece dar conto della fallibilità e della grandezza umana, delle condizioni che rendono possibile il progresso civile ed economico, dell'importanza delle tradizioni, del ruolo delle idee e della libertà. In questo senso è da accogliere ciò che ha scritto Karl Popper:</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Una società aperta, cioè una società basata sull'idea che non solo si deve tollerare le opinioni dissenzienti, ma le si deve anche rispettare, e una democrazia, cioè una forma di governo votata alla protezione della società aperta, non possono fiorire se la scienza diventa il possesso di un circolo esclusivo di specialisti" (Karl POPPER, <i>Scienza e filosofia. Problemi e scopi della scienza</i>, 1984, p. 158).</b><br />
<b><br /></b>
<b>Da leggere, cominciando dall'ottima introduzione alla materia di David Oldroyd:</b><br />
<b><br /></b>
<b>- D. OLDROYD, <i>Storia della filosofia della scienza</i></b><br />
<b><br /></b>
<b>- K. POPPER, <i>Congetture e confutazioni</i></b><br />
<b><br /></b>
<b>- K. POPPER, <i>Scienza e filosofia</i></b><br />
<b><br /></b>
<b>- K. POPPER, <i>La ricerca non ha fine</i></b><br />
<b><br /></b>
<b>- K. POPPER, <i>Il mito della cornice</i></b><br />
<b><br /></b>
<b>- I. LAKATOS, <i>La metodologia dei programmi di ricerca scientifici</i></b><br />
<b><br /></b>
<b>- T. S. KUHN, <i>La struttura delle rivoluzioni scientifiche</i></b><br />
<b><br /></b>
<b>- P. K. FEYERABEND, <i>Ammazzando il tempo. Un'autobiografia</i></b><br />
<b><br /></b>
<b>- I. LAKATOS - P. FEYERABEND,<i> Sull'orlo della scienza</i></b><br />
<b><br /></b>
<b>- I. LAKATOS - A. MUSGRAVE (a cura di), <i>Critica e crescita della conoscenza</i></b><br />
<br />
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-30422396203481486272015-11-15T05:06:00.004-08:002019-12-01T10:02:00.847-08:00Italia. Tra il dire e il fare gli ordini di grandezza.<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiys5I6QA4uJjHDVrthYQjCuQZ6aLAudhonRp1Ms2264YYpZdlLjhahGt2Kh1JO4y3PDuv0Rh_YrfMDbWXNbbPogmGBnAO9Stf-v6ZU2bvxlDoQHktViqPFuNT0NdLia1N5S-xFzuQmxqA/s1600/re2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="304" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiys5I6QA4uJjHDVrthYQjCuQZ6aLAudhonRp1Ms2264YYpZdlLjhahGt2Kh1JO4y3PDuv0Rh_YrfMDbWXNbbPogmGBnAO9Stf-v6ZU2bvxlDoQHktViqPFuNT0NdLia1N5S-xFzuQmxqA/s320/re2.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><b>IL re è nudo.</b></td></tr>
</tbody></table>
<br />
<b><a href="http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-11-08/nell-orto-decimali-non-cresce-lavoro-130433.shtml">Su <i>Il Sole 24 ORE</i> dell'8 novembre 2015 Luca Ricolfi riflette sui numeri della crisi italiana e sull'adeguatezza delle misure proposte.</a> Gli interventi devono essere commisurati alla gravità dei problemi.</b><br />
<b><br /></b>
<b>"In questo balletto degli zero-virgola, quel che si rischia di perdere è la percezione dell’effettivo ordine di grandezza dei cambiamenti di cui si parla e, soprattutto, dei cambiamenti che sarebbero necessari. I paesi che hanno cambiato qualcosa nei propri fondamentali non hanno spostato qualche decimale, ma hanno spostato qualche punto nelle grandezze chiave: una riduzione della spesa, o della pressione fiscale, o del deficit, comincia ad essere apprezzabile, ossia incisiva, quando è di almeno 1 punto di Pil".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Insomma, mi spiace metterla in modo così crudo, ma qui stiamo parlando di “quisquilie e pinzillacchere”, per dirla con Totò".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Ma il bilancio è magro anche per una ragione più fondamentale, cui l’ottimismo governativo pare del tutto insensibile: i posti di lavoro che ci mancano sono circa 7 milioni. Un milione perché tanti ne abbiamo persi durante la lunga crisi del 2007-2014, e altri 6 milioni perché questa, già prima della crisi, era la nostra distanza dalla normalità, ossia dal tasso di occupazione medio dei paesi Ocse. E 7 milioni di posti fanno qualcosa come 10 punti in più nel tasso di occupazione. Ecco perché, quando vedo presentato come un grande risultato un aumento di qualche decimale del tasso di occupazione, o un aumento di qualche decina di migliaia di posti nel numero di occupati, penso che abbiamo smarrito il senso degli ordini di grandezza. A questo ritmo, e sempre che non intervengano nuove crisi e battute d’arresto, saremo un paese normale fra circa 30 anni, quando Renzi avrà superato i 70. Possiamo aspettare tutto questo tempo?".</b><br />
<b><br /></b>
<b>L'inadeguatezza delle misure proposte e del dibattito pubblico emerge chiara considerando l'ampiezza dei problemi. L'inadeguatezza è del resto il segno che contraddistingue oggi governi, notabili ed intellettuali delle democrazie occidentali. Anche il sangue versato in questi giorni a Parigi ne è conseguenza. Tale inadeguatezza è culturale e morale. Non si capisce e non si vuole, ma la realtà spregiata sempre si impone.</b><br />
<div>
<br /></div>
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-63810580425388074772015-11-08T05:52:00.000-08:002019-05-19T09:28:16.822-07:00Scuola italiana. Le fragili fondamenta di un paese in declino.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhH-FylPMF5XKS_wjKuSJgkHHhRYIN4wkIjAYSK6dN3ae_aCoV7ZN9KPHqX8WQgHolcPApd22zgB7rjiFluYxwrrlPos5ZuD4cAOhg922-UKc643wg3Fs4xVudZ0l_0hz0gN7XP3PSLQpg/s1600/scuola.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="162" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhH-FylPMF5XKS_wjKuSJgkHHhRYIN4wkIjAYSK6dN3ae_aCoV7ZN9KPHqX8WQgHolcPApd22zgB7rjiFluYxwrrlPos5ZuD4cAOhg922-UKc643wg3Fs4xVudZ0l_0hz0gN7XP3PSLQpg/s400/scuola.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
<br />
<b><a href="http://www.corriere.it/opinioni/15_novembre_06/che-errore-ignorare-scuola-2ed60fa6-844d-11e5-b29e-3b4e1335d833.shtml">Su <i>Il Corriere della Sera</i> del 6 novembre 2015 Ernesto Galli della Loggia ha denunciato le gravi condizioni in cui versa la scuola italiana.</a> Le grandi agenzie educative che hanno determinato l'affermazione e lo sviluppo delle democrazie occidentali sono state la famiglia, le chiese cristiane e la scuola. Tali agenzie sono oggi in crisi in tutti questi paesi, ma la situazione peggiore è quella dell'Italia. Il declino italiano si spiega anche e soprattutto così. La scuola italiana non è più in grado di educare il cittadino e di formare il produttore. La libertà responsabile e le necessarie competenze matematiche, scientifiche e tecniche non vengono più adeguatamente acquisite dai giovani del nostro paese. Scrive il professor Galli della Loggia:</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Perché da noi il disciplinamento sociale si mostra così debole? Perché da noi non funzionano quei meccanismi che servono a ricordare nelle più svariate occasioni che «non si può fare come si vuole», che ci sono delle regole necessarie alla convivenza per ogni violazione delle quali ci sono delle sanzioni? E perché queste non sembrano preoccupare nessuno? Un principio di risposta va cercato nella crisi profondissima che in Italia ha colpito da decenni (insisto: da decenni) la scuola, la quale - stante il forte indebolimento dell’istituto familiare, dell’influenza religiosa e la fine del servizio di leva - è divenuta da molto tempo l’agenzia primaria se non unica del disciplinamento sociale degli italiani: con esiti che sono sotto gli occhi di tutti". </b><br />
<b><br /></b>
<b>"... ormai non sono affatto rari i casi, già nelle scuole medie, non solo di aperta irrisione e insofferenza da parte degli studenti verso gli insegnanti, ma addirittura di minacce e insulti nei loro confronti: e quasi sempre senza che ciò produca sanzioni degne di questo nome (il caso della sospensione inflitta l’altro ieri in una scuola del Torinese a una quindicina di allievi, è la classica eccezione che conferma la regola). Da tempo infatti nella scuola italiana - complici l’aria dei tempi, la voglia di non avere fastidi, l’arroganza di molti genitori inclini a proteggere sempre il «cocco di casa» anche se è un teppista in erba - da tempo, dicevo, domina un permissivismo distruttivo e frustrante".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Un permissivismo che prende, tra le molte altre, la forma della promozione d’ufficio. Certo, non è scritta da nessuna parte (almeno suppongo), ma di fatto vige la regola che nella scuola dell’obbligo, cioè fino alla terza media, è vietato bocciare. L’effetto di tutto ciò è che in generale il meccanismo didattico risulta privo di quello che da che mondo e mondo è il solo, vero (e infatti altri finora non ne sono stati inventati), strumento di sanzione. Ma ancora più importante, però, è che dominata da un tale meccanismo perverso, la scuola finisce inesorabilmente per perdere ogni reale capacità di insegnare qualcosa...oggi termina la scuola dell’obbligo un grandissimo (insisto: grandissimo) numero di studenti incapaci di scrivere correttamente in italiano, di fare il riassunto di un testo appena complesso, di risolvere un pur non difficile problema di matematica".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Da almeno due o tre decenni i giovani italiani crescono e si socializzano in questo ambiente scolastico. Qui apprendono che cos’è la cultura, cosa sono le regole, che cosa l’autorità, e che conto tenerne. In piccolo imparano insomma come funziona il loro Paese: ci si può meravigliare se poi, quando crescono, si regolano di conseguenza?".</b><br />
<b><br /></b>
<b>Parole chiare, largamente condivisibili. Ma ormai si tratta di un danno irreversibile. Come possono insegnanti formati in questo clima trasferire alle nuove generazioni valori e competenze che non hanno?</b>
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-32344813542229832632015-11-01T05:25:00.003-08:002019-05-21T11:39:15.795-07:00Crisi. Le banche centrali e l'economia reale.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEixKtUSB9evXRYlYRg_JyPeIG_kom3lgdOYee_1IHaCpkT8gMO00sweBKZRkNfwtoU_2LBkpuUuKx3VSsaokN0U4Se794LjaIFY-X44EDHzY4tFTLuYWS5zrlE51t8gSRViEAzGsu6dMM0/s1600/draghi.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="208" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEixKtUSB9evXRYlYRg_JyPeIG_kom3lgdOYee_1IHaCpkT8gMO00sweBKZRkNfwtoU_2LBkpuUuKx3VSsaokN0U4Se794LjaIFY-X44EDHzY4tFTLuYWS5zrlE51t8gSRViEAzGsu6dMM0/s400/draghi.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
<br />
<b>Ormai anche sui grandi <i>media</i> che abitualmente lodano l'operato delle banche centrali si fa strada qualche lucida voce critica. <a href="http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-10-28/le-armi-spuntate-banche-centrali-072504.shtml">Su <i>Il Sole 24 Ore </i>del 28 ottobre 2015 Morya Longo delinea un'economia reale ormai refrattaria agli stimoli monetari</a>:</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Sui mercati finanziari si inizia dunque a dubitare dell’efficacia di questi poderosi sforzi da parte delle banche centrali. Nessuno nega che senza una politica monetaria globale così espansiva oggi la situazione sarebbe molto peggiore, ma tanti iniziano a pensare che ci sia una eccessiva sproporzione tra lo sforzo monetario e il risultato economico raggiunto. Dal 2009 le banche centrali del mondo hanno infatti tagliato i tassi 626 volte e hanno stampato molte migliaia di miliardi di dollari, ma oggi sono ancora costrette a aumentare lo sforzo. Come se non bastasse mai".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Ecco perché sul mercato inizia a farsi largo la sensazione che crescita, inflazione e lavoro fatichino a riprendersi anche per motivi strutturali, non solo congiunturali. Lo pensa Antonio Cesarano, economista di Mps Capital Market: «Il quantitative easing è un tentativo di rimettere in moto il motore, pur sapendo che qualcosa di strutturale è cambiato»".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Lo scrive anche Albero Gallo, economista di Rbs: «Se il mercato del lavoro fiacco, i salari polarizzati e la conseguente bassa inflazione sono strutturali, allora gli stimoli ciclici non possono risolvere i problemi». Insomma: se i nodi economici che affliggono il mondo non sono solo legati alla congiuntura ma a fenomeni molto più profondi come la demografia, la globalizzazione e la digitalizzazione, allora non è stampando moneta che si mettono a posto le cose. Magari si evita che peggiorino. Ma senza una efficace politica economica da parte dei Governi, senza uno sforzo strutturale maggiore di quello attuale, non si raggiungono i risultati".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Questi imprevedibili cambiamenti epocali potrebbero insomma modificare il volto all’economia mondiale e potrebbero rendere strutturalmente vani i super-sforzi delle banche centrali. Il rischio è che combattano contro un nemico diverso dal passato con armi che diventano meno efficaci, creando bolle sui mercati ma modesti risultati sull’economia reale".</b><br />
<b><br /></b>
<b>Manca nella analisi di Longo un adeguato accenno all'espansione fuori controllo del debito pubblico e privato, fattore scatenante della crisi scoppiata nel decennio precedente. Ma il richiamo alla situazione dell'economia reale coglie nel segno. Poco o nulla invece sui possibili rimedi. Cosa fare per spingere la grande liquidità che segna i mercati finanziari verso l'economia reale? Come ripristinare condizioni favorevoli agli investimenti privati? I possibili rimedi sono noti da tempo: ridurre il peso del welfare dandogli un assetto produttivistico, diminuire il perimetro pubblico, la spesa pubblica e la pressione fiscale, rendere effettiva la concorrenza in tutti i settori, diffondere le competenze matematiche, scientifiche e tecniche, regolare i flussi migratori, uniformare le regole per tutti gli operatori, incrementare la certezza del diritto.</b><br />
<b>Solo i governi possono intraprendere questo difficile percorso. Ma ai probabili vantaggi corrisponderebbe la delusione dei tanti elettori che hanno tratto beneficio da privilegi, credito facile, ingiustificata ampiezza del settore pubblico, speculazione finanziaria, welfare generoso. Un nuovo blocco elettorale, che sorga dall'alleanza tra merito e bisogno, deve imporre una svolta a rappresentanti politici poco inclini a decisioni coraggiose.</b>CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-48184032429361836562015-10-25T06:03:00.002-07:002019-12-03T10:17:54.903-08:00Democrazia. Cattivi elettori, cattivi governi.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe width="320" height="266" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/guZ9lLV8qc8/0.jpg" src="https://www.youtube.com/embed/guZ9lLV8qc8?feature=player_embedded" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></div>
<br />
<br />
<b><a href="http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=19068#sthash.XqXhhuxX.dpuf">L' Istituto Bruno Leoni lodevolmente presenta un articolo di Diego Gabutti, da <i>Italia Oggi</i> del 20 ottobre 2015</a>, che sui politici democratici cita Jorge Luis Borges:</b><br />
<b><br /></b>
<b>«Nessun politico può essere una persona onesta. Un politico sta cercando degli elettori e dice quel che gli elettori s'aspettano che dica. La professione dei politici è mentire: Il caso d'un re è diverso. Un re è qualcuno che riceve questo destino, e poi deve compierlo. Un politico no, un politico deve fingere e sorridere, simulare cortesia, deve sottomettersi malinconicamente ai cocktail,agli atti ufficiali, alle ricorrenze patrie. E uno specchio o l'eco di ciò che altri pensano».</b><br />
<b><br /></b>
<b>Borges coglie un difetto della democrazia che la vizia in profondità, compromettendone spesso l'efficienza. Lucidamente Karl Popper osservò che il suo grande vantaggio risiede infatti nella possibilità che offre di eliminare i cattivi governi senza spargimento di sangue. Ma cosa si può fare per migliorare le prestazioni dei governanti democratici? Se un politico "dice quel che gli elettori s'aspettano che dica" allora bisogna fare in modo che gli elettori chiedano non illusioni, ma verità, efficienza, responsabilità. </b><b>Pare insomma fondamentale il ruolo dell'educazione e della formazione del cittadino. Un cittadino educato alla verità e alla responsabilità le pretenderà a sua volta dai suoi rappresentanti. L'importanza dell'educazione è ben sottolineata nel grande pensiero liberale. Karl Popper e Tocqueville la posero al centro delle loro riflessioni, mentre Montesquieu scrisse:</b><br />
<b><br /></b>
<b>"E' nel governo repubblicano che si ha bisogno di tutta la potenza dell'educazione...la virtù politica è una rinuncia a sè, cosa che è sempre molto penosa. Si può definire questa virtù, l'amore delle leggi e della patria. Quest'amore, richiedendo una preferenza continua verso l'interesse pubblico in confronto al proprio, conferisce tutte le virtù particolari: esse non sono altro che tale preferenza. Quest'amore è particolarmente legato alle democrazie. Soltanto in esse il governo è affidato ad ogni cittadino" (MONTESQUIEU, <i>Lo spirito delle leggi</i>, Capitolo quinto).</b><br />
<b><br /></b>
<b>Se gli Italiani fossero stati educati e formati adeguatamente avrebbero sommaria consapevolezza, ad esempio, della composizione e dell'ammontare della spesa pubblica, dei numeri dell'occupazione e della pressione fiscale, delle grandezze in gioco. Sorriderebbero dunque delle affermazioni dei loro rappresentanti politici.</b><br />
<div>
<br /></div>
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-31742925873864223732015-10-18T16:41:00.003-07:002017-11-23T11:27:29.217-08:00Israele - Palestina. Sempre più evidente il conflitto religioso.<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/rJ-WeHG36S0?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe>
<br />
<br />
<br />
<b><a href="http://www.lastampa.it/2015/10/18/esteri/guerra-sui-luoghi-santi-unintifada-religiosa-07pJPzgqk8uxjW1dVbsdYO/pagina.html">Maurizio Molinari su La Stampa del 18 ottobre 2015 sottolinea i tratti religiosi dell'Intifada dei coltelli che insanguina Israele</a>:</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Attacchi alla Grotta dei Patriarchi, attentati alla tomba di Simone il Giusto, agguati nei pressi del luogo del primo Tabernacolo, l’incendio alla Tomba di Giuseppe, scontri nella Valle di Kidron e la moschea di Al Aqsa come incandescente contenzioso: l’Intifada dei coltelli ha per protagonisti i luoghi santi assegnando a questa rivolta palestinese un carattere religioso che la distingue dal nazionalismo delle precedenti sollevazioni anti-israeliane, nel 1987 e 2000".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Il Movimento islamico della Galilea ha creato i gruppi di «Morabitun» - le sentinelle coraniche, divise in unità di uomini e donne - per difendere Al Aqsa dai «sacrilegi» e Hamas ha coniato l’espressione «Intifada di Al Aqsa», con il proprio leader politico Ismail Hanyeh, per impossessarsi dell’intera rivolta".</b><br />
<b><br /></b>
<b>In realtà tra Israeliani e Palestinesi il conflitto è da sempre anche religioso. Già quando prevalevano leader palestinesi laici e nazionalisti la pace era resa impossibile da fattori religiosi. Nessuno di tali leader poteva rinunciare al ritorno in Israele dei palestinesi usciti dai suoi confini dopo la fondazione del nuovo stato. Ma soprattutto nessun capo palestinese, oggi come allora, anche dalla più tiepida fede islamica, può riconoscere davvero e senza riserve uno stato ebraico che comprenda territori abitati o un tempo abitati da musulmani.</b><br />
<b>Quella tra Israeliani e Palestinesi è fin dall'inizio una contrapposizione non componibile. Le grandi potenze che hanno consentito ai due nazionalismi religiosi di porre le premesse del conflitto sono responsabili del sangue versato.</b><br />
<div>
<br /></div>
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<g:plusone annotation="inline"></g:plusone>CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-82299192205007529582015-10-10T12:05:00.005-07:002023-07-18T11:47:20.344-07:00Crisi. Si salvi chi può, nessuno si salva.<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/GsymdOszIbk?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe>
<br />
<br />
<br />
<a href="http://phastidio.net/2015/10/05/ilva-vittima-sacrificale-della-sovraproduzione-mondiale-di-acciaio/">Phastidio.net, dando conto delle difficoltà dell'Ilva, tocca temi fondamentali per la comprensione della crisi in atto</a>:<br />
<br />
"Per l’industria italiana è un momento delicato: perdere l’acciaio equivarrebbe ad un duro colpo al tessuto industriale del paese, oltre che alla nostra bilancia commerciale. Già il fatto che le nostre importazioni di acciaio siano aumentate, nella prima parte dell’anno, del 4,2% dalla Ue e del 32% da extra-Ue è ben più di un campanello d’allarme che rischia di diventare campana a morto, per la fuga di clienti dall’Ilva. Facciamo a capirci: non è che si debba diventare protezionisti, se la propria industria domestica opera con strutture di costo insostenibili. Ma serve comunque essere consapevoli che le condizioni competitive, in alcuni settori globali, non sono un level playing field. , e che dove c’è sovracapacità globale il rischio di esiti traumatici è ancor più elevato. <b>Più in generale, l’intera industria europea farebbe bene a prendere coscienza che la Cina è ormai divenuta “altro”: un po’ meno prateria per la manifattura occidentale, molto più un potente generatore di deflazione globale".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Le condizioni di ampia e crescente sovracapacità produttiva di molti settori industriali cinesi rappresentano una costante minaccia deflazionistica per l’economia mondiale. I cinesi potrebbero decidere di dare l’assalto ai mercati globali per saturare la propria capacità produttiva, e di farlo con vendite a prezzi inferiori ai costi di produzione, contando sulla presenza pubblica e sui sussidi che essa implica".</b><br />
<b><br /></b>
<b>" Finché Pechino non gode dello status di economia di mercato nella WTO, è più facile che subisca dazi compensativi da parte di paesi che vogliono difendersi dai tentativi di rottura di prezzo sui propri mercati domestici: diversamente, tutto diverrebbe più difficile".</b><br />
<br />
<b>Sussidi pubblici ai produttori, dazi e svalutazioni compensativi, <i>quantitative easing </i>che sorregge i cattivi debitori. Il generale "si salvi chi può!" si risolve nella generale adozione di queste e altre analoghe misure distorsive che non migliorano stabilmente le condizioni dell'economia reale. Si salvi chi può, ma nessuno si salva davvero.</b><br />
<b>Occorre invece ripristinare una corretta allocazione delle risorse colpendo la speculazione finanziaria e le forme perverse di intervento pubblico, applicare regole certe e comuni a tutti gli operatori dell'economia globale, riportare l'attenzione dei governi e dell'opinione pubblica sui reali fattori di crescita: investimenti privati, pressione fiscale, peso e obiettivi del welfare, capitale umano, efficienza della pubblica amministrazione.</b><br />
<b>Sempre più individui e famiglie restano indietro, rischiano l'esclusione. E'fondamentale che la protesta vada nella giusta direzione.</b><br />
<div>
<br /></div>
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-72169184049677912402015-10-03T03:59:00.004-07:002017-12-12T04:18:07.441-08:00QE. Dopo il quantitative easing la crisi diventa più profonda.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDhomvSz-BmIi6tsDXxYthGWM0FuGrUHyyFRHsM6bcfJTdxZzqA3H-EZSnL1Aw4uA1VF_eCgyz1gq12mZJRMocgD7_eSVHj12lSb3BfZyEQcovWwaxF8q-Bj8mTMDC6b8E1siuSsWOM3g/s1600/yellen.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDhomvSz-BmIi6tsDXxYthGWM0FuGrUHyyFRHsM6bcfJTdxZzqA3H-EZSnL1Aw4uA1VF_eCgyz1gq12mZJRMocgD7_eSVHj12lSb3BfZyEQcovWwaxF8q-Bj8mTMDC6b8E1siuSsWOM3g/s400/yellen.jpg" width="400" /></a></div>
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<b><a href="http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-09-27/il-quantitative-easing-arricchisce-solo-ricchi-meglio-fare-bonifici-8mila-euro-tutti-parola-re-hedge-185400.shtml?uuid=ACeVal5&refresh_ce=1">Enrico Marro su <i>Il Sole 24 Ore</i> del 28 settembre 2015 offre una buona occasione per riflettere su come è stata affrontata la crisi economica globale</a>:</b><br />
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<b>Paul Marshall "Con una lettera al Financial Times... è entrato con la leggerezza di un bisonte nel dibattito sull’efficacia dei vari Qe mondiali, sempre più controversi perché fanno sentire i loro effetti molto sulla finanza (e sui portafogli dei più facoltosi) e molto meno sull’economia reale (e sui portamonete dei meno abbienti). Oltre a essere qualche volta completamente inutili, come mostra per esempio il caso del Giappone, che dopo aver stampato montagne di denaro si ritrova in deflazione e recessione".</b><br />
<b><br /></b>
<b>"Oltre a arricchire i ricchi, la droga monetaria delle banche centrali ha poi creato dipendenza, come ha sottolineato tra gli altri Alberto Gallo di RBS in uno studio di qualche giorno fa intitolato “Il paradosso infinito del Qe”. Eh sì, perché lo schema - illustrato plasticamente anche in forma grafica da RBS - è il seguente: il Qe porta a tre effetti collaterali poco desiderabili, cioè una pessima distribuzione della ricchezza, una minor produttività e una serie di crescenti bolle finanziarie difficili da gestire. Quando i nodi vengono al pettine, come se ne esce? Con pesanti e impopolari riforme strutturali, oppure (l’avrete già capito) con un altro bel Qe nuovo di zecca, che dà un calcio alla lattina rimandando il problema. La droga monetaria continua così a fluire nelle vene dei soliti noti di cui sopra, allargando ulteriormente la “forbice” tra ricchi e poveri"".</b><br />
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<b>"Lo strabismo tra i fuochi d’artificio della finanza di Wall Street (con l’indice S&P500 triplicato in sei anni) e il cerino in mano dell’economia reale di Main Street (che cresce a ritmi molto più blandi) è evidente".</b><br />
<b><br /></b>
<b>Una politica economica, insomma, che ha ulteriormente arricchito ricchi non meritevoli, senza risolvere, anzi aggravando, i problemi dell'economia reale. Le "impopolari riforme strutturali" citate sono quelle dirette a far diventare sostenibile il welfare, ridefinire incisivamente le autonomie locali rendendole compatibili con la situazione delle finanze pubbliche e la competizione economica globale, ridurre largamente la spesa pubblica e la pressione fiscale, migliorare il capitale umano diffondendo le competenze matematiche, scientifiche e tecniche, colpire il capitalismo clientelare, incrementare la concorrenza in tutti i settori.</b><br />
<b>Il grande inganno è stato far credere che la politica monetaria in corso avrebbe mitigato le difficoltà dei più svantaggiati, giovani e disoccupati soprattutto, mentre invece i beneficiari sono speculatori, grandi debitori gravati di un basso merito del credito, operatori che devono la loro fortuna soltanto alle relazioni con il potere politico. Ora fronteggiare i problemi dell'economia reale è molto più difficile, perché troppa strada è stata percorsa nella direzione sbagliata. Una larga comprensione della situazione costituisce la necessaria premessa di un'azione finalmente efficace.</b><br />
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4836212626101768693.post-19057019294404835112015-09-27T04:19:00.001-07:002018-06-21T14:56:41.708-07:00Scandalo Volkswagen. Il male non giustifica il peggio.<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="https://www.youtube.com/embed/8FDnG7_kZvE?rel=0&controls=0&showinfo=0" width="400"></iframe>
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<b><a href="http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-09-26/volkswagen-compromette-made-germany-100958.shtml?uuid=ACa58E5">Morya Longo su <i>Il Sole 24 ORE</i> del 26 settembre 2015 dà conto delle chiare parole pronunciate a Firenze dal presidente della Banca centrale tedesca Jens Weidmann </a>sullo scandalo che ha colpito la principale industria europea:</b><br />
<b><br /></b>
<b>"«È stato un errore stupido, che può minare la credibilità del made in Germany». Jens Weidmann, presidente della Bundesbank (la banca centrale tedesca) non si sottrae alla domanda più spinosa per qualunque tedesco: quella sullo scandalo della Volkswagen. Al Teatro Odeon di Firenze, davanti a 800 giovani studenti riuniti dall'Osservatorio permanente giovani-editori, lo dice chiaro e forte: quanto accaduto nella casa automobilistica è stato un errore stupido.</b><br />
<b>Un errore che potrebbe avere conseguenze serie sull'economia tedesca. Ma i danni – avverte – non si sentiranno solo in Germania: l'economia europea è così interconnessa che gli effetti si vedranno ovunque: anche in Italia o in Spagna. «Quando viene esportata un'auto tedesca – osserva – vengono esportate anche le sue parti fatte in Italia o in altri Paesi». Insomma: lo scandalo è tedesco, ma l'impatto sarà europeo". </b><br />
<b><br /></b>
<b>Un grave danno insomma per l'economia della Germania e dell'Europa tutta. Ma merita il più netto biasimo la posizione di chi in Italia tenta di deviare l'attenzione dal disastro morale, politico, economico e finanziario del paese puntando il dito sullo scandalo tedesco. <a href="http://www.lapresse.it/politica/volkswagen-brunetta-fi-cara-angela-ora-i-compiti-li-fai-tu-1.768085">Basti citare le dichiarazioni di Renato Brunetta, da <i>LaPresse.it</i>:</a></b><br />
<b><br /></b>
<b>""Dalle stelle alle stalle. Da orgoglio nazionale a problema esistenziale. Il caso Volkswagen è la dimostrazione di come l'egemonia economica (sia sul piano finanziario che su quello industriale) e l'egemonia politica raggiunte dalla Germania, siano in realtà frutto di comportamenti opportunistici. Atteggiamenti spregiudicati basati su imbrogli o forzature. Sul non rispetto delle regole. Le stesse regole, al contrario, rigidamente imposte agli altri Stati membri". Così in una nota Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia. "Diventa ancora più evidente, a questo punto, la necessità della reflazione della Germania - prosegue Brunetta -. Tradotto dal gergo degli economisti: Berlino smetta di accumulare euro con una esportazione esagerata di merci ma, piuttosto, alimenti la domanda interna del ceto medio e operaio, abbattendo le tasse e investendo in infrastrutture. Spenda, invece di rastrellare gli euro degli altri. Cara Angela, adesso i compiti a casa li devi fare tu"".</b><br />
<b><br /></b>
<b>Un rimedio per l'Italia in declino? Il declino del suo principale partner. Parole sbagliate, fuorvianti, che segnalano la grave condizione in cui versa il centrodestra italiano. Il paese deve fare i compiti a casa, applicandosi con il massimo impegno, ritrovando finalmente la via indicata dalla più genuina tradizione liberale, quella della ristrutturazione del welfare e delle autonomie regionali, della incisiva riduzione della spesa pubblica e quindi della pressione fiscale, della tutela del risparmio, del lavoro e dell'impresa, del miglioramento del capitale umano, della repressione del capitalismo relazionale e clientelare, del ripristino della concorrenza in tutti i settori.</b><br />
<b>E' dunque da condannare severamente una tendenza che non sorprende chi conosce il facile opportunismo italiano, quella a giustificare il peggio proprio con il male altrui.</b><br />
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CARLO ROSSIhttp://www.blogger.com/profile/02276346398877866952noreply@blogger.com