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venerdì 7 novembre 2014

Stati Uniti. Cosa c' è dietro alla vittoria repubblicana?



                                      Civilian labor force participation rate


Sul Corriere della Sera del 6 novembre 2014 Serena Danna racconta un aspetto dell'evoluzione del costume USA che non va sottovalutato:  la normalità è diventata cool.

"...il «new normal» è quasi un prodotto degli hipster degli anni 00, ma con una differenza non da poco: mentre quelli rubavano dalle sottoculture le idee e gli stili più elitari e superficiali per affermare disperatamente una diversità apparente, i «normali» del nuovo millennio recuperano dal passato valori e principi: la famiglia (contro l’individualismo dell’egocentrico hipster), il cibo sano ma «laico» (contro la dittatura del bio), l’impegno politico (contro il cinismo del tutto-fa-schifo) e la fine dell’ambiguità sessuale come cifra stilistica (contro gli eunuchi con la barba in fondo più maschilisti di un idraulico bresciano degli anni Cinquanta). Ancora una volta, viene in mente un cantante italiano, Lucio Dalla, che in Disperato Erotico Stomp dichiarava quaranta anni fa «l’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale...».

Si tratta della tessera non trascurabile di un mosaico idoneo a rappresentare la società americana che si è espressa nel recente voto mid-term. Ma gli elettori, votando o non votando, hanno manifestato soprattutto un chiaro malcontento per la situazione economica e il degrado sociale ed educativo. Il pesante deterioramento della situazione internazionale ha fatto il resto.
La politica economica di Obama ha lasciato irrisolti i problemi dell'economia statunitense, indebolita strutturalmente sul lato dell'offerta dal deficit di competitività e dal fallimento delle principali agenzie educative. Tale deficit è stato colmato solo parzialmente con software e automazione. Così la partecipazione alla forza lavoro (occupati o attivamente in cerca di lavoro) resta molto al di sotto del livello pre-crisi. A ciò si aggiunga che i nuovi posti di lavoro sono di solito di bassa qualità e mal retribuiti, creati nei settori dell'assistenza sanitaria e agli anziani, del commercio e della ristorazione. Restano perfettamente attuali le considerazioni espresse su La Repubblica del 9 febbraio 2014 da Maurizio Ricci:

"Se si scava nei dati, si scopre che la storia americana non è molto più allegra di quella europea: il tasso di disoccupazione, negli Usa, cala perché sempre più gente rinuncia a cercare un lavoro. Il totale di persone che lavorano o cercano attivamente lavoro (in gergo, la forza lavoro) è rimasto più o meno uguale in Europa, negli ultimi anni. Ma è drammaticamente crollato negli Stati Uniti, dove sempre più gente, esaurito il tempo in cui può fruire del sussidio di disoccupazione, rinuncia cercare un lavoro che non riesce a trovare: dal 2010 ad oggi, il tasso di partecipazione americano alla forza lavoro è diminuito di oltre il 3 per cento. Parallelamente, e per motivi del tutto statistici, è diminuito anche il tasso di disoccupazione, visto che i disoccupati si chiamano fuori dalla forza lavoro. Se Eurolandia avesse sperimentato una caduta della partecipazione alla forza lavoro di dimensioni simile a quella americana, il tasso di disoccupazione europeo non sarebbe del 12 per cento, ma del 9,5 per cento. Finanche inferiore a quello che era prima della crisi del debito europeo. Nella giusta prospettiva, la distanza fra i due tassi di disoccupazione è circa la metà di quello che dicono i numeri ad una prima lettura".

Importante  dunque, ma non determinante, il fallimento della politica estera di Obama. Il mondo di oggi non è più sicuro, bensì molto più pericoloso. Gli americani lo sanno però, come sempre, hanno votato assillati dai problemi economici e sociali del loro grande paese. 
Agli europei e agli italiani in particolare i media hanno somministrato una narrazione della situazione degli USA e dei risultati economici della presidenza Obama di solito edulcorata, apologetica, spesso priva di cenni ai nodi irrisolti della crisi. Perchè? In qualche caso si è trattato di giornalisti, opinionisti e analisti "catturati" dalla grande impresa non competitiva e dalla grande speculazione, vere, sole beneficiarie dell'approccio monetario alla crisi. Ma lo scarto tra narrazione e realtà si spiega in larga misura con il tradizionale fenomeno della militanza ideologica, che produce una informazione segnata dalla propaganda.
Karl Popper il 31 maggio 1970 in una lettera "confidenziale" a Lord Coleraine scrisse:

"Per motivi a me del tutto ignoti, la propaganda di sinistra ha ottenuto una vittoria in quasi tutti i Paesi occidentali che può essere definita solo come completa. Sembra che essi si siano accaparrato il monopolio nel controllo di tutti i "mass-media" (la loro orribile terminologia). Come ciò possa essere accaduto non so... Il vero problema è che nessuno sembra essersi reso conto di ciò che è accaduto: quale tipo di vittoria sia stata conseguita dalla sinistra; neppure gli stessi vincitori ritengono, o si rendono conto, che, per quanto riguarda i mezzi di propaganda, essi sono già diventati la "Classe dirigente"" (Karl POPPER, Dopo La società aperta, 2009, p. 386).

Questa propaganda egemone della sinistra, diventata "liberal", ha portato Obama al ripetuto successo, ma oggi non riesce più a coprirne il fallimento. Gli Stati Uniti voltano pagina, forse per sempre.



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