Su linkiesta.it Francesco Cancellato esamina gli ultimi sviluppi della crisi economica nell' Eurozona. Con efficace sintesi e lucidità conclude così:
"Sono cali di export e Pil, quelli della Germania e dell’Italia, ma anche quello della Francia, che si spiegano attraverso un calo diffuso della competitività dell’Eurozona verso l’esterno, che si riverberano su un mercato interno intra-europeo già di per sé asfittico, per motivi congiunturali e strutturali, struttura demografica in primis.
E quindi?
Quindi non sarà la frenata tedesca, insomma, a liberarci del problema del nostro debito pubblico. Al contrario, potrebbe ulteriormente acuirlo".
La lunga crisi economica affonda le proprie radici nella globalizzazione. La competizione globale ha ridotto la povertà ed accelerato lo sviluppo dei paesi cosiddetti emergenti, determinando nel contempo una profonda crisi delle società più avanzate, dove i fattori della crescita - capitale umano, pressione fiscale, istituzioni economiche, investimenti diretti esteri e spinta al miglioramento delle condizioni - si rivelano inadeguati.
Per tentare di ripristinare idonei fattori di crescita bisogna realizzare le ormai mitiche riforme strutturali, riconducibili ad un riassetto produttivistico della società e delle istituzioni.
Non è facile accettare che ai disoccupati si dia un sostegno soggetto a dure condizioni, che si incrementi largamente la concorrenza nel settore delle professioni, che dai giovani si pretenda un impegno scolastico assai più intenso del presente, che per diminuire la pressione fiscale non solo si riducano gli sperperi, ma si ponga fine al welfare ampio e insostenibile ormai tradizionale. Eppure per tornare a crescere bisogna comprendere e cambiare davvero. Nessun coniglio bianco uscito dal cappello di un illusionista ci salverà.