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mercoledì 3 febbraio 2010
La globalizzazione dimezzata. Diritti, libertà e concorrenza nella strategia delle grandi potenze.
Alcuni elementi sembrano preludere ad un riorientamento strategico del governo degli Stati Uniti.
Le recenti controversie con la Cina sui controlli e le censure imposti ad Internet, sull'incontro tra Obama ed il Dalai Lama, sulla vendita di armi difensive americane a Taiwan e sulla sicurezza dei prodotti cinesi da importare in USA, sono ormai acquisite a Washington come l'abbozzo di un confronto inevitabile con il colosso cinese.
Gli ultimi due decenni, prima della recente crisi, hanno visto una impetuosa globalizzazione dell'economia, con un rilevante aumento della libertà di commercio e di organizzazione dei fattori della produzione in ambito internazionale.
Non si è invece compiuto un significativo avvicinamento delle forme di stato e di governo e degli assetti sociali. Sotto questo profilo i diversi sistemi-paese si affrontano nella competizione economica gravati da oneri, impacci e limiti ben differenti.
In paesi come gli Stati Uniti sommi beni come lo stato di diritto, le libertà politica, sindacale e religiosa, il rispetto per le diverse culture e visioni del mondo, l'attenzione ai problemi ambientali si traducono in ulteriori costi per le imprese, in una maggiore lentezza dei processi decisionali pubblici, nel drastico declino dell'etica del lavoro e della responsabilità, nella labilità dei legami e della solidarietà familiare, nella insufficiente propensione al risparmio, in una insostenibile inclinazione al consumo.
In Cina il regime autoritario consente un ben più pesante controllo dei consumi, degli investimenti e del tasso di risparmio privato, con una opinione pubblica per giunta memore di precedenti assai maggiori restrizioni e povertà. La miscela peculiare di autoritarismo e concorrenza nonchè di innovazione tecnologica e tradizione dà a questo sistema-paese immediati vantaggi competitivi nel confronto internazionale.
La strategia americana oggi più che mai è segnata dall'interdipendenza delle sue parti. Un confronto con la Cina che non si estendesse al rispetto dei diritti e delle libertà individuali, all'applicazione dei principi democratici, alla tutela dell'ambiente e dei consumatori indebolirebbe in modo decisivo anche la posizione degli USA nella competizione economica.
Si scorgono inoltre indizi di un mutamento di rotta dell'amministrazione Obama anche verso quelli che il suo predecessore chiamava regimi-canaglia, quello iraniano prima di tutti. Le dure parole pronunciate oggi in Israele da Berlusconi vanno con ogni probabilità lette alla luce del nuovo atteggiamento americano.
Siamo dunque in presenza di un cambiamento che è in parte da considerare un ritorno al passato. Obama riprende temi ed impostazioni non più molto lontani da quelli che hanno caratterizzato l'operato di Bush.
Ma il suo elettorato capirà? E quali saranno le conseguenze sulla tenuta finanziaria degli Stati Uniti?