L'articolo 3 della Costituzione stabilisce che:
" Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali".
Ma, come ha scritto Costantino Mortati, autorevole redattore ed interprete della nostra Costituzione, "è senz'altro da escludere che il principio stesso imponga di dare alle leggi un contenuto eguale per tutti i cittadini così che tutti godano dello stesso trattamento, e ciò perchè esso esige invece che a diversità di situazioni corrisponda diversità di trattamento".
"E' tuttavia da chiedersi se", prosegue il Mortati, "lasciando all'assoluto arbitrio del legislatore la valutazione della diversità delle situazioni, nonchè della sufficienza di questa a porre una differenziazione di regolamentazione giuridica, non si finisca con lo svuotare il principio di cui si parla di gran parte del suo valore, riprendendosi così con una mano quello che si era dato con l'altra".
Dunque, conclude lo stesso Mortati, a garanzia del principio di eguaglianza il legislatore è tenuto a rispettare le regole della logica e ad adottare diversità di trattamento solo quando ciò sia "ragionevole".
E' però evidente l'eccessiva indeterminatezza del requisito della ragionevolezza.
Per questa via si giunge a riconoscere alla Corte Costituzionale un potere nel contempo così penetrante ed indefinito da assumere i tratti del potere di indirizzo politico.
Ma allora cosa rimane del vecchio fuorviante mito della "separazione dei poteri"?
Si configura così una democrazia sotto tutela. Tutela esercitata da chi?