Si è oggi stipulato un accordo di "normalizzazione" dei rapporti tra Armenia e Turchia, alla presenza del segretario di stato USA Hillary Clinton. L'accordo, uno dei pochi risultati concreti in politica estera della presidenza Obama, in questi giorni in cui si celebra il Nobel obamiano acquista un significato particolare proprio per i tratti che ne hanno segnato il percorso realizzativo.
E' infatti un accordo internazionale che non presenta nulla di riconducibile all'affascinante retorica che caratterizza l'attuale presidente degli Stati Uniti. I due paesi contraenti sono già nella sfera di influenza americana per solide concretissime ragioni politico-strategiche. In particolare la Turchia vede negli USA lo storico patrocinatore del suo ingresso nell'Unione Europea, tanto desiderato dai governi turchi degli ultimi decenni. Mentre è la stessa Unione Europea a pretendere dai Turchi il miglioramento dei rapporti con i paesi vicini. E' in questo quadro di ricatti e consolidate influenze strategiche che l'accordo è faticosamente maturato.
Ma Obama deve fronteggiare ben altre difficoltà, in aree dove gli spazi di mediazione sono ridottissimi, se non addirittura inesistenti. Quando si hanno di fronte nemici implacabili ed irriducibili la retorica dei sogni e delle illusioni, passando per l'ipocrisia e la doppiezza, conduce o alla resa o ad un uso della violenza ben maggiore di quello che la franchezza avrebbe reso necessario.
Il Nobel per la pace al presidente degli Stati Uniti, mentre fornisce un'ulteriore prova della visione politica prevalente in certi ambienti, dà un segnale sbagliato all'opinione pubblica delle grandi democrazie, soprattutto ai giovani. Vengono premiati i sogni e non i risultati. Mentre si contribuisce a concentrare le speranze su iniziative in grado, nella migliore delle ipotesi, di precludere facili alibi agli avversari. Insomma mi pare che ci sia poco da festeggiare. Ma poiché non appartengo alla schiera dei fautori del "tanto peggio tanto meglio", che ritengo profondamente immorale, spero proprio di sbagliarmi. In bocca al lupo, presidente Obama!