Translate

mercoledì 30 settembre 2009

Eguaglianza dei diversi. Il principio di eguaglianza nella Costituzione italiana.

L'articolo 3 della Costituzione stabilisce che:

" Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali".
Ma, come ha scritto Costantino Mortati, autorevole redattore ed interprete della nostra Costituzione, "è senz'altro da escludere che il principio stesso imponga di dare alle leggi un contenuto eguale per tutti i cittadini così che tutti godano dello stesso trattamento, e ciò perchè esso esige invece che a diversità di situazioni corrisponda diversità di trattamento".
"E' tuttavia da chiedersi se", prosegue il Mortati, "lasciando all'assoluto arbitrio del legislatore la valutazione della diversità delle situazioni, nonchè della sufficienza di questa a porre una differenziazione di regolamentazione giuridica, non si finisca con lo svuotare il principio di cui si parla di gran parte del suo valore, riprendendosi così con una mano quello che si era dato con l'altra".
Dunque, conclude lo stesso Mortati, a garanzia del principio di eguaglianza il legislatore è tenuto a rispettare le regole della logica e ad adottare diversità di trattamento solo quando ciò sia "ragionevole".
E' però evidente l'eccessiva indeterminatezza del requisito della ragionevolezza.
Per questa via si giunge a riconoscere alla Corte Costituzionale un potere nel contempo così penetrante ed indefinito da assumere i tratti del potere di indirizzo politico.
Ma allora cosa rimane del vecchio fuorviante mito della "separazione dei poteri"?
Si configura così una democrazia sotto tutela. Tutela esercitata da chi?


Costantino MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, tomo II, pagg. 1019 e 1020 - edizione 1976



giovedì 17 settembre 2009

Non solo Afghanistan.

La strage di soldati italiani oggi in Afghanistan riporta drammaticamente all'attenzione dell'opinione pubblica italiana i temi della politica internazionale. I cittadini italiani, esattamente come quelli degli altri grandi paesi occidentali, pongono domande sbagliate che ricevono risposte sbagliate. La principale domanda sbagliata mi pare questa: quale obiettivo conseguibile a breve termine giustifica le spese e la morte dei nostri soldati?
La domanda è sbagliata perchè ci possono essere validissime ragioni per sostenere guerre di durata anche assai lunga che non possono portare ad una vittoria totale ed a soluzioni definitive. Le risposte sbagliate sono appunto quelle che non mettono l'opinione pubblica di fronte alla realtà, che in questo caso è assai dura e refrattaria alle illusioni, sparse a piene mani dal presidente Obama.
Va chiaramente detto alla gente che ormai da qualche anno è in corso un conflitto interno al mondo islamico che vede contrapposte la tendenza alla conciliazione con lo stile di vita ed i valori occidentali e quella alla ricomposizione della società secondo i principi fondamentalisti. I movimenti fondamentalisti intendono acquisire il controllo degli stati e dei governi. Quando contrastati nelle loro aspirazioni ricorrono a tutti i mezzi disponibili, terrorismo compreso.
Va detto che si tratta di un problema mondiale, che non riguarda singole aree come l'Afghanistan. Che le motivazioni religiose e culturali sono prevalenti. Che il movimento fondamentalista non reagisce a torti subiti dall'Occidente. La questione palestinese e la guerra irachena rappresentano soltanto pretesti. Che gli Stati Uniti sono odiati non per quello che fanno o hanno fatto, ma per quello che sono. Che il controllo degli stati islamici da parte dei movimenti fondamentalisti comporterebbe gravi pericoli per i paesi occidentali, i loro interessi e la loro sicurezza. Sarebbero infatti esposti ad un uso ricattatorio di materie prime vitali, mentre il blocco dello sviluppo economico e civile di aree abitate da centinaia di milioni di persone avrebbe ripercussioni globali.
La retorica della conciliazione, come quella a cui è ampiamente ricorso Obama nel recente discorso del Cairo, purtroppo convince solo chi è già convinto. Mentre gli interventi di tipo economico assistenziale da un lato vengono resi praticamente impossibili dall'azione dei fondamentalisti. Dall'altro rischiano di rafforzare il senso di inferiorità ed i sentimenti revanscisti radicati in una memoria storica che a noi pare patologica.
Bisogna che le opinioni pubbliche occidentali comprendano quindi la necessità di un duro e costoso impegno a lungo termine, anche di tipo militare. Con la chiara consapevolezza che il problema non potrà trovare mai una soluzione completa ma può essere solo tamponato e ridotto a dimensioni fisiologiche. 


lunedì 14 settembre 2009

Rivoluzioni scientifiche. Il "tempo profondo".

Uno dei più importanti e rivoluzionari mutamenti concettuali della storia della scienza è rappresentato dalla conquista della consapevolezza della "profondità" del tempo, cioè della notevolissima antichità della Terra e dell'Universo intero in rapporto alla durata della vita umana.
Scrive Stephen Jay Gould in Le pietre false di Marrakech, pagg. 125 e 126:
"Noi consideriamo spesso nozioni come l'antichità della Terra, la formazione delle montagne e la deposizione dei sedimenti come semplici fatti d'osservazione, così chiari a chiunque abbia occhi per vedere da far apparire folle o disonesta qualsiasi altra interpretazione. Ma molte di queste nozioni "ovvie" ebbero origine come conclusioni difficili e inizialmente paradossali, frutto di lunghi sforzi per pensare e vedere in modi nuovi."
La novità, necessaria anche per lo sviluppo delle più convincenti teorie evoluzioniste, fu contrastata dalla Chiesa cattolica, che oppose le parole dell'Antico testamento. Tuttavia la dottrina cattolica considera il testo della Bibbia scrittura ispirata da Dio ma opera anche dell'uomo. Ciò, dopo qualche resistenza, ha consentito di distinguere i principi ispirati dalle espressioni dipendenti dal contesto culturale. Sono così venute meno le ragioni di contrasto tra Cristianesimo e scienza.
L'idea del "tempo profondo" è entrata a far parte del patrimonio concettuale condiviso nel Settecento, secolo che ha visto il consolidarsi della geologia come scienza. Il contributo più importante fu dato dallo scienziato francese Georges Buffon. Ma pure Antoine Lavoisier, ricordato come il massimo chimico della storia umana, si dedicò intensamente agli studi geologici.
Egli ricoprì anche importanti incarichi nell'ambito della pubblica amministrazione. Fece autorevolmente parte della commissione che inventò l'unità di misura della lunghezza oggi più diffusa, il metro. Si occupò di polvere da sparo per le forze armate. Ancor prima fu esattore delle tasse. Queste funzioni pubbliche esercitate furono la causa della sua uccisione durante la Rivoluzione francese o, più verosimilmente, ne costituirono il pretesto.
Nel 1794 la ghigliottina rivoluzionaria tagliò la testa di uno dei più rivoluzionari scienziati di tutti i tempi.



sabato 5 settembre 2009

Stato, individuo e morale cristiana. Distinzione di ruoli e principi.

Gesù ci ha insegnato a distinguere tra stato e comunità dei fedeli prescrivendo di dare a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.
Ma resta insufficiente la consapevolezza della distinzione tra autorità pubblica ed individuo che non ne eserciti le funzioni, sotto il profilo non soltanto dei ruoli, ma anche dei principi applicabili nell' ambito della morale cristiana. Il Nuovo Testamento, i Padri della Chiesa, i Concili ecumenici ed il Catechismo ufficiale della Chiesa cattolica prevedono e sottolineano tale distinzione.
Lo stato può legittimamente, a determinate condizioni, giudicare, punire, fare guerre per la pace. Nettamente al di là di quanto consentito al singolo in quanto tale.
Così san Paolo afferma:

" I governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non aver da temere l'autorità? Fa il bene e ne avrai lode, poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene.
Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male.
Perciò è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza" (Romani 13, 3-5)

Mentre sant' Agostino scrive:

" Non credere che non possa piacere a Dio nessuno il quale faccia il soldato tra le armi destinate alla guerra.
Infatti non si cerca la pace per provocare la guerra, ma si fa la guerra per ottenere la pace! ....Anche facendo la guerra sii dunque ispirato dalla pace in modo che, vincendo, tu possa condurre al bene della pace coloro che tu sconfiggi. Beati i pacificatori - dice il Signore - perché saranno chiamati figli di Dio..... Sia pertanto la necessità e non la volontà il motivo per togliere di mezzo il nemico che combatte. Allo stesso modo che si usa la violenza con chi si ribella e resiste, così deve usarsi misericordia con chi è ormai vinto o prigioniero, soprattutto se non c'è da temere, nei suoi riguardi, che turbi la pace" (Lettera al generale Bonifacio, 4-6).

Così ancora il Concilio Vaticano II:

"La guerra non è purtroppo estirpata dalla umana condizione. E fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa. I capi di Stato e coloro che condividono la responsabilità della cosa pubblica hanno dunque il dovere di tutelare la salvezza dei popoli che sono stati loro affidati, trattando con grave senso di responsabilità cose di così grande importanza. Ma una cosa è servirsi delle armi per difendere i giusti diritti dei popoli, ed altra cosa voler imporre il proprio dominio su altre nazioni. La potenza delle armi non rende legittimo ogni suo uso militare o politico. Né per il fatto che una guerra è ormai disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto.
Coloro poi che al servizio della patria esercitano la loro professione nelle file dell'esercito, si considerino anch'essi come servitori della sicurezza e della libertà dei loro popoli; se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono anch'essi veramente alla stabilità della pace" (Gaudium et Spes, 79).


Ed il Catechismo della Chiesa cattolica:


"2265 La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l'ingiusto aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, i legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità.


2266 Corrisponde ad un'esigenza di tutela del bene comune lo sforzo dello Stato inteso a contenere il diffondersi di comportamenti lesivi dei diritti dell'uomo e delle regole fondamentali della convivenza civile. La legittima autorità pubblica ha il diritto ed il dovere di infliggere pene proporzionate alla gravità del delitto. La pena ha innanzi tutto lo scopo di riparare il disordine introdotto dalla colpa. Quando è volontariamente accettata dal colpevole, essa assume valore di espiazione. La pena poi, oltre che a difendere l'ordine pubblico e a tutelare la sicurezza delle persone, mira ad uno scopo medicinale: nella misura del possibile, essa deve contribuire alla correzione del colpevole.


2267 Per molto tempo il ricorso alla pena di morte da parte della legittima autorità, dopo un processo regolare, fu ritenuta una risposta adeguata alla gravità di alcuni delitti e un mezzo accettabile, anche se estremo, per la tutela del bene comune. Oggi è sempre più viva la consapevolezza che la dignità della persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi. Inoltre, si è diffusa una nuova comprensione del senso delle sanzioni penali da parte dello Stato. Infine, sono stati messi a punto sistemi di detenzione più efficaci, che garantiscono la doverosa difesa dei cittadini, ma, allo stesso tempo, non tolgono al reo in modo definitivo la possibilità di redimersi. Pertanto la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che «la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona» e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo".


Perfino in materia di immigrazione ed asilo i doveri stabiliti per il singolo fedele e la comunità dei fedeli non possono essere meccanicamente trasferiti allo stato. Il Cristianesimo non è una dottrina sociale, economica o politica. Sono chiamate in causa le coscienze degli individui. Solo infatti attraverso la purificazione di queste il patrimonio morale cristiano può e deve portare il suo determinante contributo alla società civile.

martedì 1 settembre 2009

La politica dei colpi bassi.

Da sempre la politica democratica è segnata da velenosi attacchi personali, tentativi di delegittimazione, diffamazioni scientificamente orchestrate. Non è, insomma, faccenda da educande. Ciò che però può e deve cambiare, con il passare degli anni, è il giudizio degli elettori, che ormai troppo hanno visto e sentito.
C'è chi scambia il loro scetticismo e la loro indifferenza per insensibilità morale, per difetto di senso civico. Ma non di questo si tratta. E' pragmatica preoccupazione per i problemi reali. E' saggia diffidenza radicata nell'esperienza.
Proprio per questo si può prevedere che certi abusi si riveleranno controproducenti. E che non tutto il male venga per nuocere. Le tradizioni democratiche possono rafforzarsi anche in questo contorto modo.

Visite