Nel 1915 si arruolò vontario. Combattè sul Carso e sul Grappa, entrando poi nel corpo degli arditi. Come molti altri giovani della sua generazione l'esperienza della Grande Guerra lo segnò profondamente, esaltando alcuni tratti della sua personalità. "La guerra è per lui desiderio di misurarsi, combattere e vincere, una volontà di fare che trovi attuazione immediata, tangibile" (Giordano Bruno GUERRI, Introduzione a Giuseppe BOTTAI, Diario 1935 - 1944, 1994, pag. 8).

Avversò l'alleanza con la Germania e l'entrata dell'Italia nella Seconda guerra mondiale, pur non opponendosi alle "Leggi razziali", da lui applicate come ministro dell'Educazione. Con Grandi e Ciano redasse l'ordine del giorno votato dal Gran Consiglio del Fascismo a seguito del quale Mussolini cadde il 25 luglio 1943.
Scrive Bottai nel suo Diario:
"24 LUGLIO 1943 - Giornata attesa con drammatica commozione. A un bivio. Il nostro dovere ci ha messo a un bivio, tra Paese e Partito, tra Italia e Regime, tra Re e Capo. Tanto duro lavoro per unire, cementare, fondere, fare di due uno nella coscienza una; e, oggi, questo essere a un bivio, e un decidere che separa, dentro, che torce, che dilania. Ma è il dovere" (G. BOTTAI, op. cit., pag. 404).
Dopo la caduta di Mussolini si nascose in un convento fino all'ingresso a Roma degli Alleati. Nel 1944 si arruolò nella Legione straniera francese. Combattè contro i tedeschi in Francia e Germania. Dopo la guerra fu trasferito in Nord Africa. Rientrò in Italia nel 1948. Non riprese la politica attiva ma vagheggiò "un incontro tra sinistra, forze cattoliche e "buoni" conservatori" (G. B. GUERRI, op. cit, pag. 18).
Giuseppe Bottai morì a Roma, colpito dal morbo di Parkinson, nel 1959.
In Italia, dalla sua unificazione, nessun importante movimento politico si è definito conservative, conservatore. E con ragione. Cosa si doveva e si deve conservare? Il paese ha raggiunto tardi e male l'unità, è stato retto per un ventennio dal regime mussoliniano, ha ospitato il più grande e astuto partito comunista occidentale, ha conosciuto una democrazia parlamentare bloccata ed inefficiente fino allo scioglimento dell'Unione Sovietica, è oggi afflitto da una profonda crisi non solo economica ma anche politico-istituzionale e morale. Di cosa dunque possiamo vantarci?
Giuseppe Bottai fu onesto, colto e coraggioso, ben più di molti altri italiani. Ma con i suoi errori e i suoi difetti rappresenta bene un paese che anche con la sua parte migliore non riesce a risolvere i propri problemi e le proprie contraddizioni. Quello che rimane irrisolto è prima di tutto il nostro rapporto con la modernità, mai davvero accolta in profondità, nel modo giusto, con strumenti culturali ed istituzionali adeguati.
L'Italia di oggi, coi suoi vizi strutturali, è chiamata a reggere la globalizzazione, a fronteggiare una competizione globale. Solo riflettendo coraggiosamente sulla propria diversità può migliorare prospettive che paiono inquietanti.