Non pochi liberali italiani giudicano negativamente l'Unione Europea e la sua moneta unica, l'euro. Criticano la burocrazia europea, le istituzioni e le regole farraginose, la carenza di legittimazione democratica, l'inefficiente allocazione delle risorse direttamente o indirettamente realizzata, il ruolo della Germania, il peso costituito da una valuta che considerano commisurata ai bisogni dei paesi più influenti e meno fragili sotto il profilo economico. Carlo Stagnaro, dell'Istituto Bruno Leoni, su L'Occidentale (intervista di Edoardo Ferrazzani) indica invece buone ragioni che dovrebbero indurre i liberali a difendere la moneta unica e a sostenere l'integrazione europea:
"Non credo che la crisi sia necessariamente fatale per l'euro. Anzi, per certi versi la crisi è segno del fatto che l'euro funziona e costringe i paesi che vi aderiscono a rispettare una disciplina finanziaria che precedentemente era sconosciuta a molti di loro. Il malumore anti-euro è spesso figlio di una sorta di "blame game" dei politici europei, che scaricano sulla moneta unica la colpa di un fallimento che invece è tutto delle nostre classe dirigenti: l'incapacità di garantire nei rispettivi paesi un pareggio strutturale di bilancio e la tendenza ad alimentare una spesa pubblica incontrollata, finanziata in buona parte a debito".
"L'Europa per uscire dalla crisi ha un'unica strada, cioè ridurre la spesa pubblica. In questa fase non è tanto una questione di cultura quanto una questione di necessità. Le conseguenze dell'operazione dipendono molto da quanto e come si taglia, ma che si debba farlo almeno un po' è, credo, indiscutibile e chiaro a tutti (inclusi quelli che opportunisticamente vi si oppongono). Sarebbe utile che questo intervento necessario fosse metabolizzato culturalmente, ma non è affatto detto e se accadrà dipende molto dalla maturità del dibattito politico nei vari paesi".
"...se il modello di business di molte imprese è basato anche sull'evasione, difficilmente esse possono crescere, perché crescendo diventano visibili e devono strutturarsi e ciò rende complicato mantenere una parte dei loro ricavi sommersa. Ma l'evasione è a sua volta conseguenza di un fisco troppo oneroso e troppo complicato. Lo stesso vale per lo scarso rispetto di molte norme e regolamenti: per essere davvero rispettati, dovrebbero anzitutto essere rispettabili..."
"Le infrastrutture non servono in assoluto: servono quando sono utili. Generalmente, lo Stato finanzia cattedrali nel deserto. L'Italia dovrebbe lasciare ai privati il compito di investire in infrastrutture, scegliendo quali siano prioritarie, e concentrarsi sull'infrastruttura più importante: creare un quadro giuridico stabile e favorevole agli investimenti".
Nelle parole di Stagnaro si ravvisa il nucleo di un'alternativa liberale per uscire dalla crisi. Tale alternativa dovrebbe comprendere una riforma in senso produttivistico del welfare. "Tre sono gli ingredienti principali di questo modello: priorità all'istruzione e alla formazione; regolazione pubblica (ad esempio, obbligo di assicurazione medica o previdenziale), ma fornitura di prestazioni da parte di soggetti privati, tramite i canali del mercato; copertura gratuita solo per i più poveri (Maurizio Ferrera, Corriere della Sera, 10 maggio 2004)".
E i diritti costituzionali? Leggiamo davvero la Costituzione italiana:
"La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti" (art. 32).
L'Europa e l'Italia in particolare sono di fronte a un bivio. La via sbagliata conduce al declino. Tempi e modi devono essere scelti con attenzione, ma la direzione deve essere quella giusta.