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venerdì 17 ottobre 2008

Sul lavoro. "Chi non vuol lavorare neppure mangi".

Il lavoro dev'essere (o tornare ad essere) sentito dagli individui come un valore in sé e come necessario strumento per il miglioramento delle condizioni proprie, della propria famiglia e della società intera. Ciò può avvenire soltanto se al volontario rifiuto dell'impegno lavorativo seguono svantaggi. Ma se il merito e l'impegno non sono premiati, se clientelismo e nepotismo dilagano, l'apatia o il cinico disprezzo di tanti giovani trovano il migliore degli alibi.
La regola dettata da san Paolo ai cristiani di Tessalonica, "chi non vuol lavorare neppure mangi" (Tessalonicesi 2 - 3,10), richiama alla indispensabile responsabilità individuale.
Bisogna però creare condizioni tali da consentire che questa responsabilità individuale sia percepita come giusta modalità del vivere in società.


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