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domenica 27 settembre 2015

Scandalo Volkswagen. Il male non giustifica il peggio.




     Morya Longo su Il Sole 24 ORE del 26 settembre 2015 dà conto delle chiare parole pronunciate a Firenze dal presidente della Banca centrale tedesca Jens Weidmann sullo scandalo che ha colpito la principale industria europea:

"«È stato un errore stupido, che può minare la credibilità del made in Germany». Jens Weidmann, presidente della Bundesbank (la banca centrale tedesca) non si sottrae alla domanda più spinosa per qualunque tedesco: quella sullo scandalo della Volkswagen. Al Teatro Odeon di Firenze, davanti a 800 giovani studenti riuniti dall'Osservatorio permanente giovani-editori, lo dice chiaro e forte: quanto accaduto nella casa automobilistica è stato un errore stupido.
Un errore che potrebbe avere conseguenze serie sull'economia tedesca. Ma i danni – avverte – non si sentiranno solo in Germania: l'economia europea è così interconnessa che gli effetti si vedranno ovunque: anche in Italia o in Spagna. «Quando viene esportata un'auto tedesca – osserva – vengono esportate anche le sue parti fatte in Italia o in altri Paesi». Insomma: lo scandalo è tedesco, ma l'impatto sarà europeo". 

Un grave danno insomma per l'economia della Germania e dell'Europa tutta. Ma merita il più netto biasimo la posizione di chi in Italia tenta di deviare l'attenzione dal disastro morale, politico, economico e finanziario del paese puntando il dito sullo scandalo tedesco. Basti citare le dichiarazioni di Renato Brunetta, da LaPresse.it:

""Dalle stelle alle stalle. Da orgoglio nazionale a problema esistenziale. Il caso Volkswagen è la dimostrazione di come l'egemonia economica (sia sul piano finanziario che su quello industriale) e l'egemonia politica raggiunte dalla Germania, siano in realtà frutto di comportamenti opportunistici. Atteggiamenti spregiudicati basati su imbrogli o forzature. Sul non rispetto delle regole. Le stesse regole, al contrario, rigidamente imposte agli altri Stati membri". Così in una nota Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia. "Diventa ancora più evidente, a questo punto, la necessità della reflazione della Germania - prosegue Brunetta -. Tradotto dal gergo degli economisti: Berlino smetta di accumulare euro con una esportazione esagerata di merci ma, piuttosto, alimenti la domanda interna del ceto medio e operaio, abbattendo le tasse e investendo in infrastrutture. Spenda, invece di rastrellare gli euro degli altri. Cara Angela, adesso i compiti a casa li devi fare tu"".

Un rimedio per l'Italia in declino? Il declino del suo principale partner. Parole sbagliate, fuorvianti, che segnalano la grave condizione in cui versa il centrodestra italiano. Il paese deve fare i compiti a casa, applicandosi con il massimo impegno, ritrovando finalmente la via indicata dalla più genuina tradizione liberale, quella della ristrutturazione del welfare e delle autonomie regionali, della incisiva riduzione della spesa pubblica e quindi della pressione fiscale, della tutela del risparmio, del  lavoro e dell'impresa, del miglioramento del capitale umano, della repressione del capitalismo relazionale e clientelare, del ripristino della concorrenza in tutti i settori.
E' dunque da condannare severamente una tendenza che non sorprende chi conosce il facile opportunismo italiano, quella a giustificare il peggio proprio con il male altrui.


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