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venerdì 26 dicembre 2014

Italia. Demagogia e declino.




Secondo il Vocabolario della lingua italiana di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli demagogia è la "Degenerazione della democrazia, per la quale al normale dibattito politico si sostituisce una propaganda esclusivamente lusingatrice delle aspirazioni economiche e sociali delle masse, allo scopo di mantenere o conquistare il potere".
Corrisponde perfettamente a questa definizione la proposta di "flat tax" avanzata recentemente in Italia da più parti. Ne danno conto su noisefromamerika.org Michele Boldrin e Costantino De Blasi:

"Ricomincia a girare la "proposta" (si fa per dire) dell'aliquota unica. Ha iniziato Salvini facendone, assieme al ritorno alla lira, l'altra colonna sulla quale edificare la nuova Lega Nazional-Socialista. BS, non potendo essere da meno, ha detto che la vuole anche lui e con un'aliquota ancor minore ... o forse è l'opposto? Non fa gran differenza e nei sommari a volte si scherza ... Il fatto è ch'è tutto un fremere di rilanci e promesse improbabili a conferma che la cultura politico-economica che permea i partiti della destra italiana attuale li rende incapaci di governare il paese. E questo è il male grave di cui val la pena occuparsi".

" Il segretario della LN ipotizza un'imposta unica sui redditi al 15%, Berlusconi al 20%. Per i (pochi) dettagli disponibili dell'una e dell'altra "riforma" rinviamo a questo articolo di Daveri e Danielli con relativi allegati".

" ...stabiliamo un punto fisso: sia con la proposta BS che con quella LN il gettito dell'IRPEF (e dell'IRAP, nel caso LN) calerebbe drammaticamente e questo, di per sé, non è un male ma un bene..."

"Veniamo alla fattibilità, che nel caso di una riforma fiscale si traduce nel poter finanziare quel che si intende spendere. Qui il problema è banalissimo: quali spese si dovrebbero tagliare per compensare il sostanziale minor gettito? Non lo dice nessuno, Salvini e BS men che meno: ha promesso più tagli alla spesa pubblica Matteo Renzi che i due messi assieme, il che è tutto dire. Peccato che non si tratti di bruscolini: come i calcoli di Daveri e Danielli suggeriscono viaggiamo fra i 50 ed i 100 miliardi di euro all'anno".

ll tentativo di tagliare le tasse senza tagliare la spesa pubblica, per i motivi esposti da Boldrin e De Blasi, sarebbe devastante per il paese:

"Questa è oggi la vera dannazione italiana, contro la quale sembriamo essere tutti impotenti. Da un lato un governo d'incapaci, privo di ogni seria strategia riformatrice, guidato da un equilibrista della politica con un'enorme capacità d'imbonire l'opinione pubblica a botte di promesse vuote, arguzie, battute, paraculismi assortiti e nessuna sostanza. Dall'altro un'opposizione che non vuole governare ma solo raccogliere la rabbia sociale con proposte populiste e intenzionalmente irrealizzabili, al solo scopo di mantenere il proprio status e le prebende personali che esso garantisce".

Codesti settori dello schieramento politico italiano associano spesso a questa proposta demagogica quella di abbandonare la moneta unica europea, l' euro, o comunque di ridefinire radicalmente i termini della nostra partecipazione. Si incarica di demolire questa ipotesi proprio La Voce della Russia del 24 dicembre 2014. Così l' articolo di Tatiana Santi:


"È proprio uscendo dall’euro che si risolverebbe la crisi in Italia?... Ci siamo rivolti per un’analisi a Franco Bruni, professore ordinario di teoria e politica monetaria internazionale all’Università Bocconi e vice presidente dell’ISPI...".

"- Molti economisti, tra i quali anche lei professor Bruni, mettono in guardia dagli effetti negativi di un’eventuale uscita dall’euro. Di che pericoli si tratta?

Una moneta, come potrebbe essere un domani la moneta greca, spagnola o italiana saranno come foglie al vento, porterebbero instabilità. In momenti di pericolo questa moneta sarà subito attaccata e svalutata. Si arriverebbe a una forte inflazione. I costi delle importazione e delle materie prime salirebbero. Inoltre i mercati internazionali non investirebbero più, perché avrebbero paura del valore dei loro investimenti. Il Paese finirebbe per essere isolato sia dal commercio che dalla finanza e il sistema bancario".

"- Un’eventuale uscita dall’euro per l’Italia a suo avviso potrebbe comportare un isolamento economico ma anche politico?

- Sì, non solo! Credo che non abbia proprio nessun senso l’ipotesi di uscire dall’euro per l’Italia. Nessuno se lo immaginerà mai, altro che alcuni strani personaggi che cercano con questo di avere qualche spazio politico nel Paese. Nessuno se lo sognerebbe e nessuno ce lo permetterebbe: ci sono dei grandi investimenti internazionali fatti in Italia che non permettono al Paese di fare una cosa del genere. Abbiamo un debito pubblico molto grosso detenuto all’estero e denominato in euro. Come sarebbe possibile cambiare la moneta? Inoltre partecipiamo in modo importante agli organi europei, siamo nella Banca Centrale, nella vigilanza europea. Oltre a tutto, per uscire dall’euro bisognerebbe uscire dall’Unione europea, perché il trattato non permette altrimenti. Significherebbe veramente finire in Africa!".

Evidentemente la demagogia non abita a Mosca ma a Roma e a Milano.


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