Galileo Galilei, morto nel 1642, è da molti considerato il padre della scienza moderna. In realtà, fervente cattolico con due figlie suore e nonostante i contrasti sfociati nella condanna pronunciata dal Sant'Uffizio, diede ancor maggiore contributo alla definizione dei rapporti tra fede cristiana e studio della natura e alla affermazione di un corretto approccio interpretativo alla Bibbia.
Di seguito le considerazioni di Stephen Jay Gould e Imre Lakatos, che di Galilei sottolineano anche gli errori e il rudimentale, ingenuo empirismo.
"Galileo puntò il telescopio anche su Saturno, il più lontano dei pianeti noti a quel tempo, e vide i famosi anelli. Non riuscì però a visualizzare o interpretare in modo corretto ciò che aveva osservato, presumibilmente perchè nel suo mondo concettuale non c'era "spazio" per un oggetto così peculiare (e il telescopio era troppo rozzo per raffigurare gli anelli in modo abbastanza chiaro da costringere la sua mente, già confusa da tante sorprese, alla conclusione più peculiare e imprevista di tutte)".
"Galileo...interpretò Saturno come un corpo triplice, formato da una sfera centrale affiancata da due sfere minori a contatto con essa".
"Galileo non annuncia la sua soluzione per mezzo di espressioni come "congetturo", "ipotizzo", "inferisco" o "mi pare che sia l'interpretazione migliore...". Egli scrive invece audacemente "ho osservato" (Stephen Jay GOULD, Le pietre false di Marrakech, 2007, pag. 45 e segg.).
"Il falsificazionista sofisticato non si schiera nè con Galileo nè col cardinal Bellarmino. Non si schiera con Galileo, perchè sostiene che le nostre teorie di base possono essere tutte altrettanto assurde e inverisimili per la mente divina; e non si schiera con Bellarmino, a meno che il cardinale non concordi sul fatto che le teorie scientifiche, a tempi lunghi, possano prima o poi portare a conseguenze vere sempre più numerose e a conseguenze false sempre meno numerose e che, in questo senso strettamente tecnico, possano aver "verisimilitudine" crescente" (Imre LAKATOS, La falsificazione e la metodologia dei programmi di ricerca scientifici, in Imre LAKATOS e Alan MUSGRAVE (a cura di), Critica e crescita della conoscenza, 1993, p. 266 e seg.).
Galilei fu costretto all'abiura dal Sant'Uffizio, posto agli arresti domiciliari in residenze signorili e infine confinato nella sua villa di Arcetri. Ma la condanna venne dopo un processo preceduto da lunghe discussioni e dall'elaborazione di argomenti difensivi che si sono rivelati fondamentali per l'emersione della piena compatibilità tra scienza e fede cristiana.
Scrive Galilei in una lettera a Benedetto Castelli:
"Io crederei che l'autorità delle Sacre Lettere avesse avuto solamente la mira a persuader a gli uomini quegli articoli e proposizioni, che, sendo necessarie per la salute loro e superando ogni umano discorso, non potevano per altra scienza né per altro mezzo farcisi credibili, che per la bocca dell'istesso Spirito Santo. Ma che quel medesimo Dio che ci ha dotati di sensi, di discorso e d’intelletto, abbia voluto, posponendo l’uso di questi, darci con altro mezzo le notizie che per quelli possiamo conseguire, non penso che sia necessario il crederlo".
E in una lettera a Cristina di Lorena granduchessa di Toscana:
"...l’intenzione delle Spirito Santo essere d’insegnarci come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo".
"Sopra questa ragione parmi primieramente da considerare, essere e santissimamente detto e prudentissimamente stabilito, non poter mai la Sacra Scrittura mentire, tutta volta che si sia penetrato il suo vero sentimento; il qual non credo che si possa negare essere molte volte recondito e molto diverso da quello che suona il puro significato delle parole. Dal che ne séguita, che qualunque volta alcuno, nell’esporla, volesse fermarsi sempre nel nudo suono literale, potrebbe, errando esso, far apparir nelle Scritture non solo contradizioni e proposizioni remote dal vero, ma gravi eresie e bestemmie ancora: poi che sarebbe necessario dare a Iddio e piedi e mani e occhi, non meno affetti corporali ed umani, come d’ira, di pentimento, d’odio, ed anco tal volta la dimenticanza delle cose passate e l’ignoranza delle future; le quali proposizioni, sì come, dettante lo Spirito Santo, furono in tal guisa profferite da gli scrittori sacri per accomodarsi alla capacità del vulgo assai rozzo e indisciplinato, così per quelli che meritano d’esser separati dalla plebe è necessario che i saggi espositori ne produchino i veri sensi, e n’additino le ragioni particolari per che e’ siano sotto cotali parole profferiti: ed è questa dottrina così trita e specificata appresso tutti i teologi, che superfluo sarebbe il produrne attestazione alcuna".
Tale compatibilità tra scienza e fede cristiana è oggi proclamata con lucida consapevolezza dai pastori della Chiesa. Esemplare in questo senso il Messaggio di Giovanni Paolo II ai partecipanti alla plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze:
"Da parte mia, nel ricevere il 31 ottobre 1992 i partecipanti all’Assemblea plenaria della vostra Accademia, ho avuto l’occasione, a proposito di Galileo, di richiamare l’attenzione sulla necessità, per l’interpretazione corretta della parola ispirata, di una ermeneutica rigorosa. Occorre definire bene il senso proprio della Scrittura, scartando le interpretazioni indotte che le fanno dire ciò che non è nelle sue intenzioni dire. Per delimitare bene il campo del loro oggetto di studio, l’esegeta e il teologo devono tenersi informati circa i risultati ai quali conducono le scienze della natura"
" Tenuto conto dello stato delle ricerche scientifiche a quell’epoca e anche delle esigenze proprie della teologia, l’Enciclica Humani generis considerava la dottrina dell’“evoluzionismo” un’ipotesi seria, degna di una ricerca e di una riflessione approfondite al pari dell’ipotesi opposta. Pio XII aggiungeva due condizioni di ordine metodologico: che non si adottasse questa opinione come se si trattasse di una dottrina certa e dimostrata e come se ci si potesse astrarre completamente dalla Rivelazione riguardo alle questioni da essa sollevate".
"Oggi, circa mezzo secolo dopo la pubblicazione dell’Enciclica, nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell’evoluzione una mera ipotesi. È degno di nota il fatto che questa teoria si sia progressivamente imposta all’attenzione dei ricercatori, a seguito di una serie di scoperte fatte nelle diverse discipline del sapere. La convergenza, non ricercata né provocata, dei risultati dei lavori condotti indipendentemente gli uni dagli altri, costituisce di per sé un argomento significativo a favore di questa teoria".