Da un editoriale di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera:
"...se l'euro crollasse, anche a voler prescindere dalle conseguenze economiche di un simile evento (per l'economia mondiale e quindi anche per noi), i contraccolpi politici sarebbero assai violenti per il nostro Paese. La ragione è che verrebbe meno quel famoso «vincolo esterno» in assenza del quale in Italia potrebbero correre forti rischi sia la democrazia politica che la stessa integrità dello Stato nazionale". "E l'Italia si ritroverebbe nelle condizioni di una zattera alla deriva nel Mediterraneo". "Immediati costi economici a parte, la fine dell'euro, trascinando nella rovina anche l'Unione, ci lascerebbe soli alle prese con tutti i nostri fantasmi".
E Carlo Bastasin su Il Sole 24 Ore:
"Fin dal prossimo cruciale vertice europeo, il tema dell'integrazione politica europea infatti diventerà centrale nella soluzione dell'eurocrisi e per la stessa ragione dovrebbe diventare subito il perno anche del dibattito politico italiano".
"Una delle domande che condizionano la fiducia dell'eurozona è proprio chi governerà nel 2013 l'Italia, il Paese con il debito pubblico più pericoloso".
"Come ha dimostrato la tensione creata dal voto greco, la questione dell'affidabilità politica dei singoli Paesi resterà centrale fino al compimento dell'unione politica, cioè per molti anni. I risparmiatori o gli investitori che oggi hanno paura dell'euro sanno che fino ad allora il "pubblico" - a cui fa riferimento il "debito pubblico" che acquistano - continua ad essere composto di cittadini che tuttora possono scegliere democraticamente prima di tutto in un ambito nazionale. Per l'Italia sarebbe indispensabile consolidare adesso al proprio interno il consenso per il progetto europeo".
La Gran Bretagna, forse, grazie al rapporto speciale con gli Stati Uniti e alla qualità delle sue tradizioni e istituzioni, può permettersi di non considerare l'integrazione politico - economica europea una prospettiva vitale. Ma per l'Italia l'integrazione politica e la moneta unica europee sembrano davvero irrinunciabili, anche per le ragioni sopra lucidamente esposte dal professor Panebianco.
Occorre inoltre comprendere che per gli investitori internazionali il rischio politico nazionale rappresenta un parametro fondamentale. L'inaffidabilità politica dell'Italia pesa molto sul giudizio di chi è chiamato ad acquistare i titoli del nostro debito pubblico e ad investire nelle imprese italiane.
Allora perchè non pochi politici italiani continuano a vagheggiare il ritorno alla vecchia lira e a pronunciare dichiarazioni euroscettiche o antieuropeiste? Qualche volta si tratta di convinzioni sbagliate, ma profonde e rispettabili. Più spesso prevale il desiderio di compiacere una parte importante dell'opinione pubblica. E' difficile interrompere il circolo vizioso, prevenire il cortocircuito, ma se non si forma un adeguato consenso sulle riforme strutturali necessarie e sull'integrazione europea il paese rischia di andare alla deriva, di essere fiaccato definitivamente da convulsioni "greche", assumendo i tratti di una grande Grecia, diventando per l'economia globale sempre più non un problema, ma il problema.