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mercoledì 16 maggio 2012

Crisi: competitività, consumi e occupazione.


Nel febbraio 2011, quando ancora era il più autorevole candidato alla guida della BCE, Mario Draghi ha concesso un' intervista a Tobias Piller, giornalista tedesco molto noto in Italia. In questa occasione ha discusso i nodi della crisi, diventata oggi più assillante.
A più di un anno di distanza il dibattito pubblico, segnato da un miope eurocentrismo, si concentra sul rapporto tra "rigore" e crescita, senza porre in primo piano il tema della competitività. Mentre invece proprio dall'insufficiente competitività dipende la stagnazione/recessione in atto.

PILLER:

"Accanto alla disciplina di bilancio cos'è necessario per la sopravvivenza dell’unione monetaria?".

DRAGHI:

"La seconda importante condizione è che tutti i paesi conducano riforme strutturali per accelerare la crescita economica. La crescita è la seconda colonna sulla quale si costruisce la stabilità finanziaria".

PILLER:

"Se si seguono le sue idee, la Germania non dovrebbe avere paura di perdere competitività in una europeizzazione della politica economica?".

DRAGHI:

"Al contrario, noi tutti dobbiamo seguire l'esempio della Germania e questo l’ho detto apertamente in diverse occasioni. La Germania ha migliorato la propria forza di competitività portando avanti riforme strutturali. Deve essere questo il nostro modello".

La crisi attuale può essere fronteggiata con successo soltanto affiancando alla disciplina dei bilanci pubblici incisive riforme strutturali capaci di rendere più competitivi le imprese ed il sistema paese intero.
Riduzione del carico fiscale e contributivo su imprese e lavoro, riforma dello stato sociale e della pubblica amministrazione, snellimento della burocrazia, diminuzione dei costi dell'energia, liberalizzazioni, revisione delle leggi sul lavoro e riassetto delle relazioni sindacali. Tutto questo è necessario per promuovere una crescita economica sana e vitale, alimentata dalla ripresa degli investimenti privati.
Lo stesso Tobias Piller, in un suo recente intervento su Panorama del 16 maggio 2012, ha presentato la questione, che rischia di apparire astratta, in termini assai realistici :

" anche se l’Italia potesse e volesse aumentare la spesa e il debito, per sostenere i consumi, sarebbe solo un nuovo spreco. Andrebbe ad arricchire coreani, cinesi, tedeschi. Perché se dai 1.000 euro a un italiano, cosa ne farebbe? Per semplificare, si compra un iPhone Apple prodotto in Cina, un televisore Samsung dalla Corea, paga la prima rata per un’auto tedesca o coreana, o forse spende per una breve vacanza a Sharm el-Sheikh. E quanto rimane in Italia, se i prodotti italiani (o le mete turistiche) non sono competitivi neanche di fronte ai consumatori italiani? E quali sono gli effetti sull’occupazione, se i produttori di successo, quando crescono, assumono solo per nuove fabbriche fuori dall’Italia? Bisogna prima fare le riforme «supply side», per un’Italia più competitiva, poi la spinta alla domanda porta anche soldi all’Italia".

La questione della competitività nella economia globalizzata deve essere posta al centro del dibattito pubblico e compresa a fondo dai cittadini, chiamati a sacrifici che potrebbero rivelarsi altrimenti inefficaci. Del resto solo la realizzazione di tali riforme strutturali può attenuare la pressione della finanza internazionale, che non si lascia ingannare dai conigli usciti dal cappello delle banche centrali e dei governanti illusionisti.                                                                                                                                                                                                                             


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