Adriana Cerretelli sul Sole24ore di oggi ha espresso il pensiero di molti:
"Basta Europa dei prepotenti, dei padroni che riconoscono solo la legge del più forte. Basta con l'Unione degenerata in una piramide feudale, in cima un grande Stato, l'unico davvero sovrano, e sotto la pletora di vassalli, valvassini e valvassori agli ordini. Basta con l'Europa inconcludente dei proclami: scandalosa quando la crisi economica morde, l'austerità fa il resto e il lavoro si trova sempre meno".
"Senza però una crescita economica tangibile, e non declamatoria, senza nuovi posti di lavoro, ponti e autostrade trans-europee, reti digitali ed energetiche, in breve senza l'Europa delle opportunità e della speranza al posto di quella del rigore e della disperazione, dalla palude non si esce".
La Germania è prepotente, il rigore è ottuso, l'indispensabile crescita si ottiene allentando le redini che frenano la spesa pubblica e consentendo all'Unione Europea di emettere obbligazioni per realizzare infrastrutture. Ma è davvero così? Quali sono le reali cause della crisi? E' possibile un accordo sui suoi numeri? Nei giorni scorsi Irene Tinagli, Nicola Rossi e Luca Ricolfi, squarciando il conformismo che vela lo sguardo dell'opinione pubblica, hanno individuato nella bassa produttività, nell'insufficiente competitività, nelle eccessive spesa pubblica e pressione fiscale le principali cause della crisi italiana.
Tinagli:
"Se l’Italia non è in grado di trasformare in maniera efficiente i suoi fattori produttivi in prodotti e servizi competitivi sui mercati internazionali (e farlo su larga scala, non in pochissime nicchie), non possiamo aspettarci che aumentino le retribuzioni, il Pil, i consumi e quant’altro".
Ricolfi:
"Quel che è venuto a mancare, dagli Anni 90, è invece l’hardware del Paese, ossia quell’insieme di condizioni materiali che permettono di fare impresa e competere con gli altri Paesi: buone infrastrutture, prezzi dell’energia competitivi, contributi sociali ragionevoli, basse aliquote societarie. Insomma, cose molto prosaiche, ma che fanno la differenza, ad esempio convincendo gli investitori stranieri a creare posti di lavoro nel nostro Paese".
Rossi:
"...l’obbiettivo è invece la modifica sostanziale della “way of life”, del modo di essere del settore pubblico italiano. La chiusura di parte dei programmi di spesa esistenti. La ridefinizione dell’ambito d’azione e di intervento dello Stato".
Le considerazioni di Cerretelli paiono fuorvianti. Nuove infrastrutture sono necessarie per incrementare produttività e competitività. Ma la loro realizzazione quanto incide su tali parametri? Quali altre misure sarebbero necessarie? Come ridurre la spesa pubblica e la pressione fiscale?
La crisi è internazionale e richiede risposte nazionali e sovranazionali. Direttamente o indirettamente saranno giudicate dagli elettori, che possono sfuggire all'abbraccio fatale delle illusioni solo disponendo di indicazioni chiare e di numeri condivisi. Chi professionalmente ha il compito di informare ed educare deve essere ben consapevole del proprio ruolo e delle proprie responsabilità.