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martedì 3 aprile 2012

Riforma elettorale.

In uno dei suoi più recenti interventi nel dibattito pubblico Karl Popper riaffermò la sua visione della democrazia (La lezione di questo secolo - Intervista di Giancarlo Bosetti, 1992, Appendice, pp. 84 -87):

"La parola "democrazia" che significa "dominio del popolo" è purtroppo un pericolo. Ogni membro del popolo sa di non comandare, perciò sente che la democrazia è una truffa. E' qui che sta il pericolo. E' importante che si impari fin dalla scuola che "democrazia", a partire dalla democrazia ateniese, è il nome tradizionale che si dà a una costituzione che deve impedire una dittatura, una tyrannis".

"... non tutti noi possiamo governare e dirigere, ma tutti possiamo partecipare al giudizio sul governo, possiamo avere la funzione di giurati".

"Proprio questo dovrebbe essere...il giorno delle elezioni, non un giorno che legittima il nuovo governo, ma un giorno in cui noi sediamo a giudizio sul vecchio governo. Il giorno in cui il governo deve rendere conto del suo operato".


"...la differenza fra la democrazia come dominio del popolo e la democrazia come giudizio del popolo ha anche effetti pratici: non è affatto solo verbale. Lo si vede dal fatto che l'idea del dominio del popolo porta ad approvare una rappresentanza popolare proporzionale".

"Considero una disgrazia la proliferazione dei partiti e quindi anche la legge elettorale proporzionale. La frammentazione dei partiti infatti porta a governi di coalizione in cui nessuno si assume la responsabilità di fronte al tribunale del popolo perchè tutto è un inevitabile compromesso. Inoltre diviene molto incerto riuscire a liberarsi di un governo, perchè gli basterebbe trovare un nuovo piccolo partner nella coalizione per poter continuare a governare".

Il grande filosofo austriaco descrive correttamente la "democrazia" possibile e, insieme, capace di risolvere problemi. Del resto l'avversione per il proporzionalismo appartiene al miglior pensiero liberale. Basti leggere, per l'Italia, quanto lucidamente scritto da Luigi Einaudi.
Ma, come paventato da Popper, l'illusione della democrazia come governo del popolo è largamente diffusa. Da ciò la pressochè generale richiesta di maggiore "partecipazione" e di una rappresentanza politica a tal punto "specchio del popolo" da realizzare un genuino "governo popolare".
A questa visione comune a molti si aggiunge l'oggettiva difficile condizione in cui si trova l'Italia odierna, afflitta da problemi strutturali che possono essere affrontati con qualche speranza di successo solo prendendo misure impopolari.
Chi si accinge a riformare la legge elettorale deve fare i conti con queste due esigenze: venire incontro alla domanda di "partecipazione", di legittimazione popolare della rappresentanza politica, e consentire la formazione anche di governi di coalizione al di fuori della logica bipolare.
Tale situazione può condurre, qualora si giunga ad una riforma, ad una legge elettorale più proporzionale della attuale, con una attenuazione dei tratti bipolari del sistema. Una sciagura per il paese? Non necessariamente. L'Italia non può sopportare oltre un conflitto politico distruttivo. Sembra necessario accentuare la flessibilità del sistema, anche al provvisorio prezzo di rendere meno diretta l'efficacia del voto popolare.
Vale forse la pena di tollerare, esaminando i tentativi di riforma in atto, qualche distanza dai buoni principi della tradizione liberale. Con il proposito di giudicare severamente alla prossima occasione i politici che abbiano fatto cattivo uso di tale deviazione dalle migliori regole.



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