Sul tema degli scontri e delle devastazioni di Roma scrive il direttore della Stampa Mario Calabresi:
"In 950 città le manifestazioni sono state assolutamente pacifiche: colorate, rumorose ma ordinate.
In una soltanto si è scatenata una violenza spaventosa e senza freni: a Roma. Anche ieri abbiamo mostrato al mondo un’anomalia italiana".
"Perché l’Italia si ritrova ancora prigioniera della violenza e degli estremisti? Perché siamo sempre condannati a veder soffocare le spinte per il cambiamento tra i lacrimogeni?".
"Penso spesso al nostro destino beffardo: da questa parte dell’Oceano le proteste del ‘68 si sono trasformate nel terrorismo o negli scontri del ‘77, uccidendo non solo uomini ma anche idee e ideali. Dall’altra parte la violenza non ha vinto e il movimento che sognava di cambiare il mondo è riuscito a farlo inventandosi le energie alternative o la Silicon Valley: al posto dei leader dell’Autonomia l’America ha avuto Steve Jobs...".
"Da noi accade ancora perché non abbiamo mai preso (uso il plurale perché dovrebbe farlo la società tutta) le distanze in modo netto e definitivo dalle pratiche violente. Perché siamo i massimi cultori del «Ma» e del «Però», che servono a giustificare qualunque cosa in nome di qualcos’altro".
"Tutto questo da noi accade però anche per un altro motivo: perché la nostra malattia è la mancanza di un pensiero costruttivo. Se ripetiamo continuamente ai giovani che non c’è futuro ma solo declino e precarietà, se li intossichiamo di cinismo, scenari catastrofici e neghiamo spazio alla speranza, allora cancelliamo ogni occasione per una spinta al cambiamento".
"Una sola speranza ci resta ed è legata a quei giovani che non ascoltano, che si tappano le orecchie di fronte ai discorsi improntati al pessimismo e che nel loro cuore sognano e sperano".
Perchè questa anomala violenza in Italia?
Perchè "non abbiamo mai preso le distanze in modo netto e definitivo dalle pratiche violente" e perchè "la nostra malattia è la mancanza di un pensiero costruttivo", risponde Calabresi, rifiutando di spiegare le violenze romane con la congiuntura politica e indicando un percorso esplicativo storico e culturale. Pare davvero l'approccio più corretto e promettente.
Secondo Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle Brigate Rosse, "le Brigate Rosse non sono nate dal nulla. Non sono un prodotto da laboratorio, magari di qualche Servizio segreto, ma il frutto di una cultura e di una tradizione politica della sinistra italiana. Quindi hanno radici nella storia di questo paese" (Giovanni FASANELLA - Alberto FRANCESCHINI, Che cosa sono le BR, 2004, pag. 4).
A differenza di quelle delle democrazie del Nord Europa, Francia compresa (De Gaulle), la Resistenza al nazifascismo italiana non è stata guidata da una forte componente nazionale e democratica ma da movimenti stalinisti finanziati e diretti dall'Unione Sovietica.
Questo peccato originale ha determinato struttura, metodi e cultura politica della sinistra italiana, fino allo scioglimento dell'Unione Sovietica stessa (1991).
In tutti questi decenni la nostra sinistra è stata egemonizzata dal più grande ed astuto partito comunista dell'Occidente, che ha a lungo partecipato alla vita democratica del paese accantonando la via insurrezionale alla conquista del potere a causa degli sfavorevoli rapporti di forza internazionali. Ancora il partito comunista di Enrico Berlinguer, soltanto una trentina di anni fa, accettava finanziamenti e direttive dai sovietici.
Queste sono le radici della doppiezza culturale e politica che ha a lungo caratterizzato la componente maggiore della sinistra italiana. Il mito fondante e legittimante, quello della Rivoluzione d'Ottobre, e l'influenza determinante del marxismo leninismo non sono mai venuti davvero meno. Da qui l'atteggiamento doppio, contraddittorio e reticente verso la violenza politica. E da qui, in larga misura, il rifiuto del riformismo e la mancanza di una cultura liberale.
Del resto anche il nucleo del patrimonio ideale fondamentale delle democrazie dell'Occidente è rappresentato da uguaglianza e libertà. Si tratta di idee suggestive che, se non concepite e diffuse in termini realistici e rispettosi della complessità dei problemi, possono produrre le cause della loro fine.
Uguaglianza e libertà possono costituire pericolose illusioni o la Stella Polare di un'attività politica quotidiana efficacemente rivolta a ridurre le sofferenze degli uomini. L'educazione dei giovani fa la differenza.