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mercoledì 25 maggio 2011

Tocqueville: le preferenze religiose dei popoli democratici.


Nella Democrazia in America - libro terzo, parte prima, capitolo settimo - Tocqueville scrisse:

"In questi tempi lo spirito umano tende ad abbracciare contemporaneamente una quantità di oggetti diversi; e aspira senza posa a collegare moltissime conseguenze ad una sola causa. L'idea dell'unità lo assilla, l'assedia; l'uomo la cerca ovunque e quando crede di averla trovata si adagia volentieri in essa e vi riposa. Non solamente egli viene a scoprire nel mondo una creazione e un creatore; questa prima divisione delle cose lo urta; ed egli cerca volentieri di ingrandire e semplificare il suo pensiero riunendo Iddio e l'universo in un tutto unico. Se trovassi un sistema filosofico secondo il quale le cose materiali e immateriali, visibili e invisibili, racchiuse nel mondo non sono più considerate che come parti diverse di un essere immenso, che solo resta eterno nel mezzo del cambiamento continuo e della trasformazione incessante di tutto ciò che lo compone, non avrei difficoltà a concludere che un simile sistema, sebbene distrugga l'individualità umana o, piuttosto, perchè la distrugge, avrà delle attrattive segrete per gli uomini che vivono nelle democrazie; i quali sono preparati a concepirlo e ad adottarlo da tutte le loro abitudini intellettuali. Esso attira naturalmente la loro immaginazione e la fissa, alimenta l'orgoglio del loro spirito e accarezza la loro pigrizia.
Fra i differenti sistemi per mezzo dei quali la filosofia cerca di spiegare l'universo, il panteismo mi sembra uno dei più adatti a sedurre lo spirito umano nei secoli democratici; è contro di esso che tutti coloro i quali sono persuasi della vera grandezza dell'uomo debbono riunirsi e combattere".

Anche nel cinema la conferma di questa lucida previsione. Avatar di James Cameron rappresenta l'esempio più rilevante: la divinità è un tratto della Natura. La sete di senso dell'uomo contemporaneo è placata da una visione che dissolve nel Tutto ogni individualità.
Il recente splendido The Tree of Life di Terrence Malick non si presta invece a semplificazioni riduttive e a letture unilaterali. La Grazia evocata ed invocata nel film non sembra del tutto estranea all'esito dell'elaborazione delle teologie cristiane. Ne risulta la prospettiva di una comunione che non cancella l'individualità, bensì la esalta.

domenica 15 maggio 2011

Impiegati. Il lavoro che oggi sognano i giovani.

Due interessanti articoli, di Isidoro Trovato sul Corriere della Sera e del professor Luca Ricolfi su Panorama del 12 maggio 2011, mettono in evidenza alcuni aspetti inquietanti della condizione in cui versano i giovani italiani.

"...negli anni 10 del terzo millennio scopriamo che l'impiegato è il mestiere più agognato. Altro che sogni di gloria, di fama e di potere. Tutto quello che vogliamo è un posto sicuro che ci protegga dalle avversità del mondo. Un posto da impiegato, appunto. A dimostrarlo è un'indagine di Adecco, la più grande agenzia per il lavoro in Italia che ha condotto la ricerca su un campione di 6.500 persone di età compresa tra i 26 e i 50 anni (il 49% degli intervistati ha un'età compresa tra i 26 e i 35 anni) e chiedendo quale fosse il lavoro dei loro sogni. E l'impiegato è quello che ha raccolto più voti".

"A rendere ancora più incisivo l'esito della ricerca basta fare il raffronto con la stessa (condotta sempre da Adecco) dieci anni fa: allora il sogno era quello di mettersi in proprio e di tentare la fortuna e le sfide dell'imprenditorialità. E l'impiegato si trovava in fondo la classifica, appena sopra il netturbino e l'operaio".

Restano dunque penalizzati nelle aspirazioni dei giovani i lavori più umili, i posti da operaio specializzato, anche in presenza di retribuzioni interessanti, le professioni e le iniziative imprenditoriali.
Questa ridefinizione delle aspirazioni giovanili, accompagnata da un calo della percentuale di nuovi laureati e diplomati, appare il riflesso di una società ingessata, che cresce troppo poco, mentre la mobilità al suo interno si riduce a livelli preoccupanti.
Perchè? Da un lato, come scrive Trovato, "A rinunciare sono soprattutto i figli della classe media, dove la laurea non è una tradizione familiare da generazioni e dove il capitale sociale di relazioni (così utile per trovare un lavoro) è inesistente o scarso". Dall'altro vanno poste in evidenza le rigide modalità di accesso alle libere professioni, non sempre giustificate dall'interesse pubblico.
Da sottolineare anche il ruolo della crisi economica, che rende più difficile l'accesso all'impresa. Se ora è particolarmente arduo continuare un'impresa di dimensioni piccole o medie, le difficoltà per chi vuole iniziare sono spesso insuperabili. Ma importanti motivi attengono alla formazione dei giovani stessi. Scrive il professor Ricolfi:

" A me pare però che ci sia anche un'altra ragione, su cui per lo più si preferisce glissare: la qualità sempre più scadente di professori e studenti, a tutti i livelli dell'istruzione, dalla scuola elementare all'università.
Contrariamente a quanto comunemente si crede, l'abbassamento degli standard non favorisce affatto l'istruzione di massa. O meglio, la favorisce nella scuola dell'obbligo, dove vige la regola non scritta "è proibito bocciare", ma alla lunga la ostacola nell'istruzione superiore, perché i danni cognitivi che la scuola facile (fino a 13 anni) infligge alle menti dei ragazzi sono spesso irreversibili, e comunque troppo ampi per consentire di portare a termine studi che, per quanto dequalificati, richiedono conoscenze e capacità che la scuola ha rinunciato a trasmettere a tutti i suoi allievi".
Ovviamente tale abbassamento degli standard finisce per compromettere anche la preparazione di chi il sempre più svalutato "pezzo di carta" lo ottiene. L'impatto con la realtà del mercato del lavoro e delle attività professionali diventa così non raramente doloroso, con un netto vantaggio per i privilegiati provenienti da famiglie dove la professione è già una posizione acquisita.
Quali i possibili rimedi? Per la scuola l'abolizione del cosiddetto valore legale del titolo di studio, con conseguente selezione più severa di studenti ed insegnanti, accompagnate da un efficiente sistema di borse di studio per i meno abbienti capaci e meritevoli.
Opportuna pare anche una revisione delle modalità di accesso alle libere professioni che, senza diminuire la qualità degli operatori, si ispiri ai principi della libera concorrenza e persegua l'obiettivo di una adeguata mobilità sociale.
Auspicabile pure un riassetto del sistema delle imprese. La costituzione di imprese di maggiori dimensioni, o comunque di reti di imprese, più aperte alle opportunità del mercato globale e più soggette alle sue pressioni, può favorire il ricambio nei ruoli manageriali.
Ed infine due parole sull'educazione familiare dei giovani. L'assunzione di rischi ragionevoli e di responsabilità deve essere incentivata. L'abitudine alla fatica e ad una corretta competizione va favorita. Perché una grande società aperta ha bisogno di tutti e dell'impegno di tutti.




venerdì 6 maggio 2011

La morte di Osama bin Laden: un successo da non sopravvalutare.

L'eliminazione di bin Laden ha permesso a Barack Obama di riconquistare parte del consenso perduto. Ma la sua presidenza continua ad apparire fallimentare a molti suoi concittadini.
Al debito pubblico fuori controllo non corrispondono una valida ripresa economica e una apprezzabile riduzione della disoccupazione. Una ripresa vitale, non effimera, può arrivare solo da un aumento degli investimenti privati, da un incremento della produttività e della competitività diffuso, non limitato ad alcune grandi compagnie, da una minor adesione a stili di vita distruttivi e autodistruttivi, accompagnata dal concreto raggiungimento di migliori standards di etica del lavoro e della responsabilità.
Fuori dai confini statunitensi i problemi, vecchi e nuovi, sono lontani da una soluzione. In Medio Oriente e Nord Africa le recenti rivolte popolari aprono anche inquietanti prospettive. Dove i regimi autoritari sono caduti le richieste di più alti salari e maggiori spese pubbliche comportano rischi sotto il profilo della tenuta dei conti pubblici. Mentre le entrate derivanti dal turismo e gli investimenti stranieri potrebbero diminuire.
Altre preoccupazioni crea il più importante ruolo esercitato dai movimenti islamici. In Siria e soprattutto in Iran i regimi autoritari esistenti sembrano in grado di restare in sella incattivendosi ulteriormente. Il conflitto israeliano - palestinese non è componibile. I Palestinesi non accettano e non accetteranno l'esistenza di uno stato ebraico. Gli Israeliani non accettano e non accetteranno il ritorno in Israele dei profughi palestinesi. Gli ostacoli sembrano insuperabili. L'aumentata influenza delle masse islamiche, educate nell'odio verso Israele, non può che far diminuire le residue speranze di pace.
E poi Iraq e Afghanistan. Il disimpegno dall'Iraq, anche se non totale, compromette una vittoria ottenuta a carissimo prezzo, aprendo la porta a sempre maggiori ingerenze iraniane. L'Afghanistan, oggetto di tante promesse elettorali del presidente Obama, probabilmente verrà in larga misura riconsegnato ai Talebani. Una fuoriuscita politica in realtà corrispondente ad una resa, che la scomparsa di bin Laden non può coprire efficacemente agli occhi dell'opinione pubblica americana.
Infine il reset dei rapporti con la Russia. Assistiamo ad una battuta d'arresto, spiegabile più con la insufficiente autorevolezza che con una accresciuta fermezza di Barack Obama.
Questi sono soltanto alcuni dei problemi che potrebbero precludere a Obama la riconferma presidenziale. Oggi il presidente USA ottiene un consenso più ampio. Ma gli elettori statunitensi, formati in una vecchia e solida democrazia, difficilmente ripetono due volte lo stesso errore.

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