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sabato 28 agosto 2010

Elezioni. La scelta importante.

Mentre si affaccia la possibilità di elezioni anticipate, assai criticata è la legge elettorale vigente. Si lamenta l'impossibilità di esprimere preferenze. Si propone il passaggio ai collegi uninominali. Ma bisogna essere franchi. Per queste vie la libertà di scelta dell'elettore ed il peso del suo voto possono essere ridotti invece che crescere.
Sulle preferenze va detto che, senza elezioni primarie, una o poche che siano, le candidature vengono comunque decise dai partiti o dalle loro correnti. La concorrenza tra candidati dello stesso partito produce un aumento dei costi della politica e quasi certamente un aumento degli illeciti commessi per ottenere i soldi necessari. L'accentuarsi del fenomeno delle correnti dei partiti ne riduce la capacità di proposta e decisione. L'eventuale introduzione delle cosiddette elezioni primarie non esclude l'ingerenza dei vertici dei partiti mentre non offre alcuna garanzia che siano scelti candidati più capaci di quelli che emergono dalla tradizionale selezione interna.
Quanto ai collegi uninominali, a prescindere dalla questione del turno unico o doppio, oltre a quanto premesso, va sottolineato che essi non incrementano la probabilità di maggioranze parlamentari stabili nè assicurano che l'elettore possa scegliere direttamente chi dovrà governare. Nelle recenti elezioni inglesi, proprio con i tradizionali collegi uninominali, la scelta della coalizione di governo è stata fatta non dagli elettori ma dai vertici dei partiti, con trattative successive. In effetti la disomogenea distribuzione territoriale dei consensi e la ristrettezza dei collegi può non raramente escludere la scelta diretta dei governanti. Mentre disegnando i confini dei collegi stessi si può furbescamente influenzare l'esito della consultazione elettorale.
La scelta diretta dei governanti e soprattutto il diretto giudizio su chi ha governato rappresentano invece le questioni fondamentali e le libertà più preziose per il cittadino elettore. Solo situazioni straordinarie possono giustificare misure volte a rendere meno diretta l'efficacia del voto popolare.

sabato 21 agosto 2010

La ripresa dei negoziati diretti tra Israeliani e Palestinesi. Pace possibile oppure operazione propagandistica?

Presto riprenderanno i negoziati diretti per porre fine al conflitto israelo-palestinese. Il presidente Obama ed il suo segretario di stato Clinton hanno promesso un forte impegno della amministrazione americana per ottenere risultati concreti entro un anno.
Ma i problemi da risolvere per avere una pace genuina e duratura sono tuttora privi di una possibile soluzione. Il carattere ebraico dello stato israeliano è considerato irrinunciabile e non negoziabile dagli Israeliani. Mentre altrettanto irrinunciabile e non negoziabile è per i Palestinesi il ritorno dei profughi palestinesi in Israele.
Queste sono le premesse reali della trattativa, che consentono al massimo il consolidamento di una tregua. Ma Obama deve affrontare le elezioni imminenti. Il bilancio della sua presidenza è fallimentare. Anche un successo esclusivamente propagandistico sulla scena internazionale sembra importante. I governanti israeliani e palestinesi staranno al gioco.

sabato 14 agosto 2010

Giovanni Giolitti. Memorie della mia vita







Mentre si prepara la celebrazione dell'Unità d'Italia ricordiamo il primo vero grande statista dell'Italia unita, Giovanni Giolitti. Piemontese, di estrazione borghese e formazione giuridica, segnò con la sua opera un'intera stagione politica italiana. I suoi governi modernizzarono il paese e ne allargarono la base democratica.
Cercò di evitare la Prima guerra mondiale e la partecipazione ad essa dell'Italia. Tentò di coinvolgere i socialisti nel governo. Lavorò per inserire il movimento fascista nelle istituzioni costituzionali e smorzarne così l'impeto eversivo. Ad altri in larga misura è imputabile il fallimento di questi obiettivi.
Le Memorie della mia vita sono un documento fondamentale per la comprensione di una grande parte della storia dello stato italiano unitario e dei suoi problemi. Da esse emergono l'Italia che è stata e quella che sarebbe potuta essere.
Si possono interamente e gratuitamente leggere qui:

Volume I

Volume II

Alcune brevi citazioni evocano con immediatezza i tratti antiretorici e pragmatici del suo carattere e la sua lucida e lungimirante intelligenza.

"Quando sopraggiunse la guerra del cinquantanove, avevo diciassette anni; ero figlio unico di madre vedova, e non potevo lasciarla."

Poi, sulla Prima guerra mondiale:

"Ricordavo i due tentativi dell'Austria, che avevo concorso a sventare, per aggredire la Serbia nell'anno precedente, e sentivo e sapevo che il partito militare austriaco mirava ostinatamente a tale scopo; ma io confidavo che le ragioni della pace, che erano così grandi e universali, avrebbero prevalso contro quella criminale infatuazione. La guerra con la Serbia era voluta dai militaristi austriaci come mezzo per sanare le discordie interne, con l'illusione che essa potesse rimanere isolata; ma io pensavo che le altre potenze, che non avevano quelle ragioni e non potevano farsi illusioni sul contegno della Russia di fronte ad una tale provocazione, e che avrebbero dovuto comprendere l'enormità del disastro che la guerra europea sarebbe stata per tutti, avrebbero all'ultimo trovato un compromesso ed una transazione che evitasse l'immane rovina."

"...io osservavo che non si può portare il proprio Paese alla guerra per ragione di sentimento verso altri popoli, ma solo per la tutela del suo onore e dei suoi primari interessi. Tali sono le ragioni pratiche...per le quali io esprimevo parere contrario all'entrata dell'Italia in guerra; e le quali, per quanto riguarda le previsioni della durata della guerra, delle sue difficoltà e dei sacrifizi di uomini e di ricchezza che essa implicava, furono poi pienamente confermate dagli avvenimenti."




Per approfondire: Aldo A. Mola - "Giovanni Giolitti. Il senso dello Stato"





domenica 8 agosto 2010

Riforme liberali. Riforme per il consenso, consenso per le riforme.




Uno dei pochi genuini intellettuali liberali che l'Italia può vantare, Piero Ostellino, ha scritto sul Corriere della Sera:

"...il presidente del Consiglio ha un solo modo di ripristinare la propria leadership appannata. Recuperare la vecchia spinta propulsiva liberale della prima ora. Interpretare le esigenze economiche e sociali e le pulsioni di «piccoli», imprese, professionisti e autonomi...".

Qui Ostellino, certo perché costretto negli spazi angusti di un quotidiano, salta alcuni passaggi fondamentali. Quale dovrebbe essere la struttura di un programma liberale? Quali le condizioni per la sua realizzazione? E' molto diffusa nell'opinione pubblica una visione caricaturale del liberalismo, concepito come assenza di regole che consente abusi e sopraffazioni. Il liberalismo è favore per la libertà individuale ma, proprio in vista di questo obiettivo fondamentale, richiede invece ai governi che vogliano ispirarsi ad esso un impegno vasto e multiforme. Appare ancora insuperata l'indicazione dei compiti di un governo liberale che Adam Smith destinò a contrassegnare il libro quinto del suo La ricchezza delle nazioni:

" Al primo dovere del sovrano, quello di proteggere la società dalla violenza e dall'aggressione di altre società indipendenti, si può adempiere solo per mezzo di una forza militare."

"Il secondo dovere del sovrano, quello di proteggere, per quanto possibile, ogni membro della società dall'ingiustizia e dall'oppressione di ogni altro membro della società stessa, cioè il dovere di instaurare un'esatta amministrazione della giustizia"

"Il terzo e ultimo dovere del sovrano o della repubblica è quello di erigere e conservare quelle pubbliche istituzioni e quelle opere pubbliche che, per quanto estremamente utili a una grande società, sono però di natura tale che il profitto non potrebbe mai rimborsarne la spesa a un individuo o a un piccolo numero di individui, sicché non ci si può aspettare che un individuo o un piccolo numero di individui possa erigerle o conservarle...opere e istituzioni di questo genere sono principalmente quelle per facilitare il commercio della società e quelle per promuovere l'istruzione della popolazione".

Questi principi conducono ad una azione riformatrice capace di rafforzare l'autorevolezza dei governi e di procurare loro consensi. Ciò però è meno semplice di quanto appare. Una parte di queste riforme pesa su una spesa pubblica che già pone notevoli problemi. Ma alcune di esse possono costare anche sotto il profilo del consenso. Tanti sono i beneficiari di assetti e metodi corporativi ed illiberali, anche tra i soggetti citati da Ostellino. Basti pensare alla necessaria riforma degli ordini professionali. Mentre il tentativo di riformare giustizia e scuola sta già provocando resistenze che non sembrano guardare tutte all'interesse del paese.
Dunque non è facile procedere nel senso auspicato da Ostellino. E' necessaria una cultura liberale diffusa che non c'è. Mentre potrebbe mancare il consenso proprio a quelle riforme che lo stesso Ostellino considera idonee a crearlo.

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