Secondo uno dei mantra più ripetuti nel dibattito pubblico italiano la situazione socio-economica del paese non deve destare grande preoccupazione perchè a fronte di un imponente debito pubblico esiste una notevolissima ricchezza privata.
"Il debito pubblico di tedeschi e americani è uguale al nostro. Impossibile? Eppure è vero. Basta metterlo in rapporto con la ricchezza delle famiglie al netto delle passività: Stati Uniti (23,3%), Italia (22,3%) e Germania (22,2%) sono praticamente allo stesso livello (vedi grafico). E questo accade perché, nonostante i guai, la stanchezza, la non crescita le famiglie italiane sono ancora tra le più ricche del mondo" (Giuditta Marvelli sul Corriere della Sera del 16 ottobre 2012).
Non si dimentichi però che la ricchezza privata diventa risorsa pubblica solo se acquisita all'erario con l'imposizione fiscale, in Italia già altissima. E che il risparmio contribuisce ad allargare la base imponibile, in una economia sana, attraverso l'investimento privato, reso conveniente da una cornice normativa e una struttura produttiva adeguate.
Ricchezza privata e debito pubblico sono nel contempo divisi e connessi dalla palude di norme, consuetudini, vizi, ritardi e inefficienza che contraddistingue la via italiana alla modernità. Il ricorso a narrazioni suggestive e consolatorie non giova al paese, che ha invece bisogno di coraggiose e lungimiranti riforme strutturali, dirette a consentire un efficace e determinante contributo del riparmio privato, espressamente tutelato dalla Costituzione (art. 47), alla crescita economica e al progresso civile.