Il 17 maggio Mitt Romney, candidato alla presidenza degli Stati Uniti, ha pronunciato un discorso durante una cena organizzata per raccogliere fondi a Boca Raton in Florida. Due punti meritano particolare attenzione. Romney considera assai improbabile la pace tra Israeliani e Palestinesi, il cui vero obiettivo sarebbe l'eliminazione di Israele. Duro anche il giudizio sugli elettori che, a suo parere, non pagano le tasse e non si assumono la responsabilità della propria vita. Essi rappresenterebbero il 47% dell'elettorato ed il loro sostegno a Obama sarebbe per tali ragioni irreversibile.
Le parole del candidato alla presidenza trattano temi rilevanti. La questione palestinese rappresenta il grande alibi dei fondamentalisti islamici, destinato verosimilmente a durare a lungo. Infatti nessun dirigente palestinese, neppure il più moderato, può riconoscere il diritto ad esistere di Israele come stato ebraico. Generazioni di bambini palestinesi sono state cresciute nell'odio per gli ebrei ed abituate a considerare legittimo ed irrinunciabile il proposito del rientro in Israele di tutti i profughi. Inoltre nessun musulmano, anche dalla tiepida fede, può accettare sinceramente e definitivamente che una terra musulmana sia lasciata alla sovranità degli infedeli.Dunque tutti i dirigenti palestinesi, nessuno escluso, sia pure con formule ed atti diversi, rifiuteranno le richieste israeliane sul carattere ebraico dello stato israeliano. Accettandole rinunzierebbero definitivamente al progetto, per loro irrinunciabile, di riprendere la lotta per l'estinzione dello stato ebraico quando i rapporti di forza, anche solo per ragioni demografiche, risultassero favorevoli.
Romney prende dunque brutalmente atto della realtà. Diversissimo l'approccio dell'amministrazione Obama. Il 20 agosto 2010 il segretario di stato Hillary Clinton formulò una previsione sulle trattative tra Palestinesi e Israeliani: entro un anno avrebbero prodotto risultati decisivi. Che purtroppo sono mancati.
Assai importanti anche le considerazioni sugli elettori di Obama. C'è in esse una parte della strategia elettorale del candidato repubblicano, che sa di non poter recuperare quel segmento dell'opinione pubblica americana. Ma c'è anche un abbozzo di analisi socio-culturale che merita di essere sviluppato attentamente. Le ripetute ristrutturazioni che segnano l'economia USA hanno incrementato produttività e competitività, senza ridurre apprezzabilmente la disoccupazione e la non occupazione. Molti, che non possono o non vogliono adattarsi alla nuova situazione, confidano sempre più nel sostegno pubblico. E' un'America lontana da quella che il Tea Party ha riproposto all'attenzione del mondo. Quale prevarrà? Presto gli elettori statunitensi sceglieranno tra due visioni distanti e contrapposte quella che guiderà gli USA verso il futuro.