Secondo il segretario confederale Cgil Vincenzo Scudiere: "Il nostro sistema produttivo è invischiato in una crisi profondissima con prospettive pericolose di declino. La cosiddetta recessione tecnica comincia a dispiegare i suoi effetti sui lavoratori con un balzo deciso nella richiesta di ore di cassa. È sempre più difficile immaginare una inversione di tendenza senza una ripresa nelle produzioni e nei consumi". Scudiere riporta al centro dell'attenzione la produzione, correttamente, e i consumi, meno correttamente, perché se la competitività delle imprese che producono in Italia è bassa i consumatori acquisteranno in larga misura beni e servizi prodotti fuori del nostro paese.
Prima che il governo attualmente in carica suscitasse enormi speranze, il professor Pietro Reichlin, con riferimento alla manovra di inizio estate del precedente governo, aveva scritto sul Sole 24 ORE :
" La scommessa alla base dell'Uem è la determinazione di un equilibrio in cui un insieme di Paesi con culture, redditi e istituzioni diverse, possono crescere insieme senza ricorrere a trasferimenti unilaterali eccessivi nei confronti delle aree svantaggiate".
"Le caratteristiche del mercato interno di ogni Paese dell'Eurozona deve adattarsi alle condizioni economiche sovranazionali. Ciò significa una maggiore liberalizzazione nella circolazione di lavoro e capitale, politiche che favoriscano l'afflusso di investimenti diretti verso i Paesi periferici, liberalizzazioni per ridurre il peso dei settori protetti, una riqualificazione della spesa pubblica che favorisca la crescita del capitale umano e dell'innovazione, un sistema più efficiente di relazioni industriali e un alleggerimento della tassazione su lavoro e imprese".
"I commenti sulla manovra del Governo di questi giorni si sono concentrati molto sulla dimensione dei tagli e delle entrate. Ma se la manovra non affronta i problemi che sono alla base della mancanza di competitività del nostro Paese, l'obiettivo di portare il disavanzo primario in territorio negativo nei tempi previsti potrebbe non essere sufficiente".
Le considerazioni di Reichlin sembrano tuttora valide. Porre un freno al deficit pubblico o addirittura riportare il bilancio in pareggio non basta. Solo riducendo il divario di competitività che presentano molte imprese italiane e l'intero sistema paese si potranno creare nuovi vitali posti di lavoro e nuova ricchezza, realizzando la necessaria premessa di una riduzione del debito pubblico che non determini un insostenibile impoverimento di ampi settori della società.
Alle indicazioni dell'economista citato giova aggiungere quelle ricavabili da un incisivo studio/manifesto della Cgia di Mestre, ancora sostanzialmente corrispondente alla situazione italiana, che propone un "decalogo dei «costi diretti e indiretti che il nostro sistema economico sconta, rispetto alla media Ue, in materia di tasse, infrastrutture, giustizia civile, energia, pagamenti della Pubblica Amministrazione e competitività».
Pressione fiscale, infrastrutture, ritardi nei pagamenti della Pubblica Amministrazione, giustizia civile e istruzione, costi dell'energia, qualità delle istituzioni, criminalità organizzata, legislazione del lavoro, burocrazia, welfare costoso e inefficiente, alimentato con trasferimenti che gravano sulle regioni più produttive. Ecco il programma di governo di cui il paese ha bisogno. Vedremo se retorica e propaganda non sostituiranno una attività di governo pronta e coraggiosa.