"ROMA - La giunta distrettuale di Roma dell'Associazione nazionale magistrati lancia l'allarme: il tribunale di Roma rischia la paralisi. "La profonda crisi di risorse umane e materiali attuale sta conducendo il tribunale di Roma al rischio paralisi"
"Per l'Anm la conclusione è una sola: "Mentre si favoleggia di una informatizzazione degli uffici già in gran parte avvenuta (e che gli operatori della Giustizia sanno essere invece, tuttora, nel libro dei sogni), o si discute della riforma costituzionale della giurisdizione, l'unica riforma epocale già in atto è quella di una riduzione progressiva della giurisdizione quotidianamente resa, della chiusura di uffici e servizi per assenza di personale e di risorse materiali".
La giustizia italiana è in profonda crisi ormai da tanti anni. Ma quali sono cause e responsabilità? Sempre sul Corriere Della Sera i professori Alberto Alesina e Francesco Giavazzi scrivono:
"La giustizia civile in Italia non solo è lenta: i suoi tempi si stanno ancor più allungando. Negli anni Ottanta una procedura fallimentare durava, in media, poco più di 4 anni, ora ne dura più di 9 (dati Istat). E così le aziende trovano sempre maggiori ostacoli alla crescita. Che fare? Scartiamo subito la risposta ovvia e sbagliata: che si dovrebbe spendere di più per la giustizia. La Commissione europea sull'efficienza della giustizia (un organo del Consiglio d'Europa) calcola che lo Stato italiano spende per la giustizia 70 euro per abitante (dati relativi al 2008). La spesa in Francia è 58 euro per abitante. E non perché la Francia abbia molti meno giudici e cancellieri. I numeri sono simili: i giudici sono 9 per 100mila abitanti in Francia e 10 in Italia; i dipendenti dei tribunali con qualifica diversa da giudice sono 4 per ciascun giudice in Italia, 3 in Francia. Ciononostante la lunghezza media di un procedimento civile è la metà in Francia che in Italia. I giudici italiani sono anche pagati un po' meglio: lo stipendio base è superiore del 20% circa al corrispondente stipendio francese".
Da considerare anche il dato seguente, citato dallo stesso ministro Alfano:
"La sola immissione di risorse economiche non risolve alcun profilo di inefficienza'', spiega il Guardasigilli, citando il caso del settore dell'informatica giudiziaria, dove, dal 1996 al 2007, sono stati spesi complessivamente ''piu' di 2 miliardi di euro'', anche se ''nello stesso periodo l'arretrato sia nel settore civile che nel settore penale e' aumentato inesorabilmente".
Interessante questo articolo di Ilaria Bifarini, dal giornale online Ragionpolitica:
"La situazione di partenza degli uffici giudiziari italiani non era certo delle migliori: un "bricolage informatico", come lo ha descritto il Guardasigilli, dove ognuno organizzava da sé il proprio programma di informatizzazione o, per dirla con le parole del ministro Brunetta, un apparato "balcanizzato", dove ogni ufficio aveva il suo sistema e conseguentemente il suo contratto di assistenza, con costi molto variabili. E la giungla dei costi, si sa, crea inevitabilmente sprechi di risorse. "Interrompere la balcanizzazione e creare un contratto di servizio unico per l'assistenza informatica consentirà, come è già avvenuto per le intercettazioni, di razionalizzare i costi e di diminuirli".
Ricordiamo poi le importanti disposizioni del D. Lgs. 25 luglio 2006, n. 240 che attribuiscono ai magistrati capi degli uffici giudiziari funzioni di indirizzo anche in materia amministrativa, pur nel rispetto dei compiti dei dirigenti amministrativi:
Art. 2 Gestione delle risorse umane:
"1. Il dirigente amministrativo preposto all'ufficio giudiziario e' responsabile della gestione del personale amministrativo, da attuare in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell'ufficio e con il programma annuale delle attività di cui all'articolo 4".
Da citare inoltre il recente intervento riformatore del processo civile.
Esaminiamo infine con attenzione questi dati sulla durata dei processi. Relativi alla sola materia civile, mostrano una variabilità da distretto a distretto riscontrabile anche nel settore penale, in parte non spiegabile guardando alle sole caratteristiche degli illeciti più diffusi nel territorio.
Da queste premesse non pare possibile trarre conclusioni univoche. La situazione, anche sotto il profilo delle responsabilità, appare difficile da districare. Si tratta del resto di un ambito dove la battaglia politico-culturale senza esclusione di colpi in atto nel nostro paese produce danni gravissimi. Ed a pagare sono soprattutto i più deboli.