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mercoledì 1 giugno 2011

Debito e crescita. La soluzione non è a portata di mano.

Sul Corriere della Sera Dario Di Vico propone un'analisi del discorso del governatore uscente della Banca d'Italia Mario Draghi. Diversi i rilievi mossi dal governatore. Il governo è accusato di aver realizzato tagli lineari alla spesa. Tagli selettivi, uniti al recupero dell'evasione, avrebbero invece consentito di diminuire la pressione fiscale su lavoratori e imprese, accrescendo nel contempo la produttività del sistema.
La critica dei tagli lineari ricorre spesso, ma pare non tener conto a sufficienza delle caratteristiche della spesa pubblica italiana, rappresentata prevalentemente dalla spesa sanitaria, dalle retribuzioni dei dipendenti pubblici e dalla spesa previdenziale.
Alla sanità i tagli cosiddetti intelligenti gioverebbero grandemente e rilevanti sarebbero i risparmi. Ma qui è decisiva la competenza delle regioni. La loro gestione dovrebbe dare attuazione ai buoni propositi espressi a livello centrale.
Altrettanto difficile è intervenire selettivamente sul numero e soprattutto sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici per risparmiare e aumentare la produttività. La spesa previdenziale poi, per sua stessa natura, mal si presta ad interventi di questo tipo.
Condivisibile è la fiducia espressa dal governatore nell'indipendenza della istituzione che dirige e nelle qualità dei suoi collaboratori. Ma le banche centrali e le agenzie indipendenti avrebbero dovuto prevenire la recente crisi economica. L'errore e la negligenza non sono evidentemente una prerogativa esclusiva delle agenzie governative.
Poi il biasimo per le riforme non realizzate. "La lista del Governatore" - scrive Di Vico - "è fatta di otto proposte e si apre con l'efficienza della giustizia civile, il sistema dell'istruzione, la concorrenza, il mercato del lavoro e gli investimenti nelle infrastrutture. Si tratta di riforme alcune delle quali, da sole, valgono un punto di Pil e che vanno realizzate pensando "a quale Paese lasceremo ai nostri figli".
Il governo in carica ha già modificato il processo civile italiano, introducendo importanti novità. Non si dimentichi però che la giustizia italiana ha caratterstiche peculiari. L'ordinamento non solo tutela rigorosamente l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali ma attribuisce ai magistrati capi degli uffici giudiziari anche compiti di indirizzo per la gestione delle risorse umane (personale amministrativo), finanziarie e strumentali. E' certo necessario ridurre il numero di tali uffici giudiziari e razionalizzare la loro distribuzione sul territorio. Ma spesso sono le qualità dei magistrati dirigenti a fare la differenza sotto il profilo della produttività.
Quanto al settore dell'istruzione, sono note le vicende della riforma Gelmini. Fondati sembrano poi molti dei rilievi di Draghi a proposito delle mancate liberalizzazioni. Ma su queste esiste in Italia un vero consenso popolare?
Altrettanto fondate sono le considerazioni del governatore sulle deficienze strutturali e culturali delle aziende italiane. La pressione esercitata dal mercato globalizzato già determina un'evoluzione non priva di dure conseguenze personali.
Nella relazione insomma non mancano aspetti discutibili. Draghi conosce bene la complessità della situazione italiana. Qualche cenno in più alle peculiari difficoltà che si incontrano nel tentare di riformare il nostro paese avrebbe costituito una ulteriore chiara manifestazione di indipendenza ed autorevolezza.

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