Massimo storico italiano della cultura russa.
Vorrei che la conoscenza delle sue opere, già ampia, fosse ancora maggiore.
Attualmente sto leggendo il suo
La rivoluzione svelata
Una lettura nuova dell'Ottobre 1917, 2007
Si tratta di un'agile sintesi ragionata delle tesi degli intellettuali russi che hanno riflettuto criticamente sulla Rivoluzione d'Ottobre molto prima che gli eventi aprissero gli occhi ai più.
Le analisi di questi uomini coraggiosi e liberi consentono, tra l'altro, di "sfatare leggende ancora tenaci, e interessate, come quella di una fase staliniana radicalmente diversa da quella leniniana, e soprattutto dimostrano la vitalità di una cultura che, soffocata in Russia con la violenza, merita di essere riscoperta come parte di una cultura europea critica e libera". (pag.14)
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domenica 28 dicembre 2008
lunedì 22 dicembre 2008
Zone franche.
Si diffonde la convinzione che alcuni spazi, all'interno delle nostre società aperte, debbano costituire luoghi e momenti dove le persone siano sciolte in tutto od in parte dai normali vincoli posti dalla legge a tutela delle persone, dei loro diritti fondamentali e dei loro beni.
Così si pensa che in luoghi come questo si debba poter liberamente calunniare, diffamare, ingiuriare. Che durante una manifestazione si debba poter devastare, danneggiare, interrompere pubblici servizi, porre a rischio la libertà e l'incolumità delle persone impunemente. Che l'esercizio del diritto di satira faccia venir meno ogni dovere di rispettare le norme che l'ordinamento pone a tutela minima della dignità di chi si vuol mettere alla berlina.
Si tratta a mio parere di una convinzione da respingere fermamente. Nessuna censura, nessuna violazione della libertà di espressione. Ma rispetto della legalità, che va preteso soprattutto da chi viola la legge proprio mentre denuncia illegalità. Nessuna zona franca dunque, perché la libertà nella società nasce e può vivere solo insieme alle sue regole.
Così si pensa che in luoghi come questo si debba poter liberamente calunniare, diffamare, ingiuriare. Che durante una manifestazione si debba poter devastare, danneggiare, interrompere pubblici servizi, porre a rischio la libertà e l'incolumità delle persone impunemente. Che l'esercizio del diritto di satira faccia venir meno ogni dovere di rispettare le norme che l'ordinamento pone a tutela minima della dignità di chi si vuol mettere alla berlina.
Si tratta a mio parere di una convinzione da respingere fermamente. Nessuna censura, nessuna violazione della libertà di espressione. Ma rispetto della legalità, che va preteso soprattutto da chi viola la legge proprio mentre denuncia illegalità. Nessuna zona franca dunque, perché la libertà nella società nasce e può vivere solo insieme alle sue regole.
martedì 16 dicembre 2008
Apprendisti stregoni. Attenti all'errore.
La riflessione sui tempi difficili che viviamo dovrebbe indurci a prendere atto, se non l'abbiamo ancora fatto, della fallibilità delle scienze sociali teoriche.
Economisti, studiosi della società e della politica, insigni intellettuali attenti ad individuare ed interpretare tendenze della vita e della storia hanno fallito nell'anticipare e nel comprendere ciò che oggi mette in difficoltà individui, famiglie, imprese ed addirittura stati sovrani.
Non si tratta certo di una novità. Da sempre circola una battuta sugli economisti che mette alla berlina la loro capacità di spiegare il passato ma non di prevedere il futuro. Ed in realtà pure la capacità di spiegare ciò che è successo è assai modesta. Questa fallibilità si aggiunge a quella degli operatori economici e dei protagonisti della vita sociale e politica, rendendo non raramente poco efficace il tentativo di trovare qualche rimedio e portarlo ad effetto. Ancora una volta colse nel segno Karl Popper, scrivendo nel suo Congetture e confutazioni:
"una delle singolari circostanze della vita sociale è che mai nulla riesce precisamente nel modo prestabilito.
Tutto va sempre a finire un poco diversamente. Quasi mai, nella vita sociale, riusciamo a provocare il preciso effetto che desideriamo, e, normalmente, otteniamo conseguenze ulteriori non desiderate....
Conseguenze non desiderate delle nostre azioni che, in genere, non possono essere eliminate.
Spiegare perchè ciò non sia possibile è il compito principale della teoria sociale".
Questo tema dovrebbe costituire una parte fondamentale non solo della ricerca teorica, ma anche della formazione stessa dei cosiddetti scienziati sociali. La chiara consapevolezza della possibilità dell'errore, delle sue radici, della sua non infrequente estrema gravità sotto il profilo delle conseguenze, aiuterebbe tutti noi a vivere meglio.
Karl POPPER, Congetture e confutazioni, pagg. 212 e segg.
Economisti, studiosi della società e della politica, insigni intellettuali attenti ad individuare ed interpretare tendenze della vita e della storia hanno fallito nell'anticipare e nel comprendere ciò che oggi mette in difficoltà individui, famiglie, imprese ed addirittura stati sovrani.
Non si tratta certo di una novità. Da sempre circola una battuta sugli economisti che mette alla berlina la loro capacità di spiegare il passato ma non di prevedere il futuro. Ed in realtà pure la capacità di spiegare ciò che è successo è assai modesta. Questa fallibilità si aggiunge a quella degli operatori economici e dei protagonisti della vita sociale e politica, rendendo non raramente poco efficace il tentativo di trovare qualche rimedio e portarlo ad effetto. Ancora una volta colse nel segno Karl Popper, scrivendo nel suo Congetture e confutazioni:
"una delle singolari circostanze della vita sociale è che mai nulla riesce precisamente nel modo prestabilito.
Tutto va sempre a finire un poco diversamente. Quasi mai, nella vita sociale, riusciamo a provocare il preciso effetto che desideriamo, e, normalmente, otteniamo conseguenze ulteriori non desiderate....
Conseguenze non desiderate delle nostre azioni che, in genere, non possono essere eliminate.
Spiegare perchè ciò non sia possibile è il compito principale della teoria sociale".
Questo tema dovrebbe costituire una parte fondamentale non solo della ricerca teorica, ma anche della formazione stessa dei cosiddetti scienziati sociali. La chiara consapevolezza della possibilità dell'errore, delle sue radici, della sua non infrequente estrema gravità sotto il profilo delle conseguenze, aiuterebbe tutti noi a vivere meglio.
Karl POPPER, Congetture e confutazioni, pagg. 212 e segg.
giovedì 11 dicembre 2008
La Seconda guerra mondiale. Un esempio di "guerra preventiva".
Un classico della storiografia contemporanea:
Alan J. P. TAYLOR, Le origini della seconda guerra mondiale.
Taylor sottolinea la costante politica di Hitler:
"pur volendo mano libera in Oriente per distruggere una situazione che anche all'opinione pubblica illuminata dell'Occidente pareva intollerabile, egli non aveva ambizioni dirette contro la Gran Bretagna e la Francia".
Sono i governanti, i parlamentari e l'opinione pubblica inglesi, non quelli francesi, a "fare la storia". Alle mosse del regime tedesco prima in Austria e sul Reno, poi in Cecoslovacchia e Polonia, tutte ugualmente contro i patti ed il diritto internazionali, eppure mai direttamente contro le potenze occidentali, rispondono in modo opposto. Prima la tolleranza, se non addirittura il favoreggiamento. Poi la guerra.
Taylor mette bene in luce il ruolo del caso. Sottolinea come i governanti non abbiano compreso gli eventi, se non in misura modesta, né si siano resi ben conto delle conseguenze delle loro azioni.
Ma dal lavoro di questo grande storico emerge abbastanza chiaramente il nucleo della tragica svolta che aprì la Seconda guerra mondiale. Il governo, il parlamento, ma soprattutto l'opinione pubblica britannici ad un certo punto cambiarono idea sulla natura e le intenzioni del regime tedesco e del suo capo. Accettarono di fare la guerra al regime nazista non tanto per quello che faceva, ma per ciò che era.
Il "processo alle intenzioni" condusse ad uno dei più significativi esempi di "guerra preventiva". I campi di sterminio tedeschi dimostrarono poi la sostanziale esattezza delle intuizioni alle quali l'opinione pubblica e i governanti britannici alla fine erano giunti.
Dunque la "guerra preventiva" non è certo estranea alla tradizione delle democrazie liberali. E non può essere esclusa dal novero delle scelte possibili. Altrimenti si lascerebbe un vantaggio decisivo proprio ai più mortali nemici della democrazia aperta, libera e tollerante che diciamo di voler difendere. Va insomma considerata anch'essa nell'ambito concettuale e morale della guerra per la pace. Dolorosa ipotesi che purtroppo non si può accantonare.
sabato 6 dicembre 2008
Afroamericani. Tra Luther King e Malcom X.
L'elezione di Obama rappresenta ovviamente per gli afroamericani una svolta fondamentale. Nel secondo Novecento già due grandi figure hanno segnato la loro cultura, le loro vicende politiche e religiose, il loro stesso immaginario collettivo, catalizzando l'attenzione del mondo intero. Si tratta di Martin Luther King e di Malcom X. Due personalità diversissime, ma soprattutto due visioni alternative del passato e del futuro, due progetti, due sogni incompatibili tra loro.
Scegliere Obama significa scegliere King ed abbandonare Malcom X. E' una scelta dura e un difficile confronto con se stessi e con ciò che si è amato. Ma le conseguenze sono straordinariamente positive per gli USA e per tutti coloro che si riconoscono nella tradizione di libertà che li contraddistingue.
giovedì 4 dicembre 2008
Verità e certezza. Elogio di una concezione assoluta ed oggettiva della verità.
Karl Popper |
La verità oggettiva ed assoluta esiste sempre. Una teoria, un'ipotesi, sono oggettivamente ed assolutamente vere quando corrispondono ai fatti. Ma non possiamo mai essere certi della verità delle nostre ipotesi. La distinzione tra verità oggettiva e certezza soggettiva consente di salvare la fallibilità umana e di evitare il dogmatismo.
Nel contempo, offre alla ricerca umana un obiettivo nobile e grande. Ma soprattutto dà alla critica dei potenti ed alla denuncia dei loro misfatti la forza di colpire, di ferire, di cambiare le cose. Chi grida "il re è nudo" perde il suo tempo se non regna l'ideale della verità assoluta.
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