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venerdì 8 ottobre 2010

Nobel per la pace al dissidente cinese Liu Xiaobo. Per Obama non cambia niente.

Gli stessi ambienti politico-culturali che hanno deciso l'attribuzione ad Obama del Nobel per la pace questa volta hanno conferito il prestigioso premio al dissidente cinese Liu Xiaobo.
Da tempo i rapporti tra USA e Cina sono tesi. Commercio, valute, crisi coreana e Taiwan rappresentano i principali problemi in discussione. Il Nobel di oggi, mentre difende principi irrinunciabili, mette in difficoltà sotto il profilo dell'immagine un competitore duro, sempre meno disposto a compromessi, ma non muta significativamente il quadro dei rapporti internazionali.
Anche in questo ambito la posizione del presidente americano sembra molto difficile. In Afghanistan si prepara un'uscita di scena che assume sempre più i tratti del fallimento, della resa. Obama ha investito le risorse del proprio paese in una guerra che non si può vincere, quella afghana, ponendo a rischio il faticoso successo ottenuto da Bush in Iraq.
I militari iracheni sanno di non essere autosufficienti per almeno altri dieci anni e si oppongono al ritiro USA, che dovrebbe avvenire entro il 2011. Perfino l'ex ministro di Saddam Tarek Aziz afferma che in questo modo il suo paese sarà "lasciato in mano ai lupi".
Obama, espressione di una cultura politica che ha perso ogni genuino contatto con la realtà, prigioniero della propria propaganda, si comporta ogni giorno di più come il liquidatore della potenza americana.
L' intenzione di fronteggiare la nuova emergenza irachena con il ricorso a molte migliaia di contractors mostra tutta la sua inadeguatezza di fronte a problemi che richiederebbero ben altre risorse politiche, morali e materiali. Gli USA sono sempre di più la "tigre di carta" che la satira di regime maoista allora poteva soltanto sognare.



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