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martedì 30 giugno 2009

I diritti naturali tra fede e ragione.






Cos'è bene e cos'è male? Schiere di pensatori più o meno illustri e profondi hanno dedicato la vita, una generazione dopo l'altra, a questa domanda. Oggi ci sembra una questione astratta e lontana. Roba per gente strana, con tanto tempo da perdere, che vive fuori dal mondo. In realtà, però, ogni volta che nella nostra vita dobbiamo fare una scelta, anche piccolissima, di solito del tutto inconsapevolmente rispondiamo a questa grande domanda, semplicemente declinandola nella concretezza della nostra modesta quotidianità.
Insomma anche di fronte ad un barattolo di nutella siamo distrattamente chiamati a rispondere a domande fondamentali. Come dobbiamo comportarci? Che decisione dobbiamo prendere? Ma se consideriamo la faccenda da un punto di vista più generale, anche sotto il profilo politico e filosofico, la questione importante è: per quali motivi dovremmo decidere in un senso piuttosto che in un altro, tenere un certo comportamento invece di un altro? E soprattutto perchè prendere decisioni difficili, eventualmente stringendo i denti di fronte a difficoltà?
Lo stesso favore per la libertà, la tolleranza, la società aperta è una scelta che possiamo essere chiamati a difendere in modo fermo, duro, faticoso, doloroso. Se infatti tolleriamo gli intolleranti e lasciamo libero di agire chi vuole eliminare la libertà, tolleranza e libertà verranno meno.
Esiste insomma un criterio assoluto per stabilire quale è la cosa giusta? In altre parole è possibile trovare un fondamento assoluto ad un principio morale, ad una regola di condotta? I cosiddetti "diritti naturali" sono un importante tentativo di risposta a questo bisogno. Basti pensare che di diritti naturali parlarono proprio gli autori della Costituzione americana e di quelle della Rivoluzione francese. Perchè dobbiamo assolutamente tenere una certa condotta? Perchè dobbiamo considerare non negoziabile un certo principio? Perchè è secondo natura, rispondono. Perchè è la natura stessa che li impone, li prescrive.
Ma almeno da Hume in poi dovrebbe essere chiaro che i "diritti naturali" sono il risultato di un errore logico. Quando descriviamo la natura non possiamo ricavare direttamente prescrizioni dalle descrizioni. Quello da ciò che è a ciò che dovrebbe essere è un salto diretto del tutto ingiustificato logicamente. Per questo la scienza, anche medica, in quanto tale non può dettar legge in ambito morale. Una questione etica non può essere presentata in termini di verità. Come ha scritto brillantemente il prof. Dario Antiseri, sono naturali tanto l'odio quanto l'amore. Sta a noi scegliere.
Dunque i "diritti naturali" non reggono ad una critica serrata. Non sono una soluzione indipendente. Ma il problema di fondo rimane. Una società aperta, tollerante, libera e democratica ha bisogno di cittadini che ritengano assoluti, non negoziabili, determinati valori. Tocqueville, il famoso autore della Democrazia in America, cattolico dalla tiepida fede, considerava la sopravvivenza della democrazia dipendente da quella del Cristianesimo. Se guardiamo alla successiva storia degli Stati Uniti e del mondo intero possiamo davvero dargli torto?


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