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mercoledì 25 febbraio 2009

Della vita e della morte. Il Terzo partito.

Due giorni fa sul Corriere il prof. Angelo Panebianco ha lucidamente esposto le principali tesi sostenute dal cosiddetto "Terzo partito" che si è venuto a formare sulle questione, oggi vivacemente discussa, della fine della vita.

Scrive Panebianco:

"Due madornali errori di valutazione, a me pare, sono stati commessi da chi ha voluto gettare fra i piedi del Paese una questione di tale portata. Il primo è stato di avere sopravvalutato le capacità della democrazia di gestire questo problema. La democrazia può occuparsi di tutto, tranne che dell'essenziale (le questioni della vita e della morte, appunto). Non è attrezzata per fronteggiare un conflitto filosofico radicale fra opposte concezioni della vita.
I fautori della «sacralità della vita», i neo guelfi, sbagliano di grosso a volere imporre per legge a tutti i loro valori (la sacralità della vita è un concetto privo di senso per chi non crede in Dio). Facendo ciò essi attentano a quel pluralismo degli orientamenti di cui solo può vivere una società liberale. Ma sbagliano anche i fautori della «libertà di scelta». Costoro la fanno troppo semplice, banalizzano in maniera inaccettabile il problema. Non è vero che essi si limitano a rivendicare un «diritto» che i credenti sono liberi di non praticare. Perché pretendendo una legge che riconosca quel diritto essi, per ciò stesso, intendono fare prevalere la loro concezione della vita e della morte, imporre il principio secondo cui la decisione sulla morte di un uomo è nell'esclusiva e libera disponibilità di quell'uomo. Un principio che non può non ripugnare ai fautori della diversa e opposta concezione".

Si tratta di idee, queste sopra riportate e le altre riconducibili a tale "terza" posizione citata, in più punti condivisibili, pur essendo sollevabili importanti obiezioni. Prima di tutto va detto che i medici possono portare, nel caso concreto, la dote rappresentata dalle loro conoscenze tecniche, necessarie per la comprensione della situazione di fatto. Ma la logica stessa preclude la possibilità di ricavare direttamente e conseguentemente prescrizioni da descrizioni, principi morali da fatti. Dunque in nessun modo la scienza medica può indicare la "cosa giusta" facendo ricorso alle proprie specifiche risorse. Quindi i medici non possono avere l' ultima parola su questo.
Nè le questioni dibattute possono essere risolte dai giudici al di fuori di qualche suggerimento in più da parte del legislatore. Perchè la stessa previsione costituzionale del diritto di rifiutare le cure, salvi i casi di trattamenti obbligatori che la legge ordinaria può a certe condizioni prevedere, trova applicazione solo con difficoltà in casi di confine, come quello della povera Eluana. In quest' ultimo caso, del resto, quasi certamente, la sensibilità toccata e la visione della vita coinvolta non erano tanto quelle della donna, quanto piuttosto quelle di chi le stava vicino.
Probabilmente la strada da percorrere passa da un lato per un inevitabile contarsi, necessario in democrazia anche soltanto come male minore, dall' altro per il ricorso da parte del Parlamento ad alcuni strumenti, come l' obiezione di coscienza nonchè le attenuanti e le esimenti proprie del diritto penale, capaci di conferire flessibilità ed umanità a regole che non si possono non individuare.

venerdì 20 febbraio 2009

Il mercato che non c'è.

Tempi duri per per i fautori del mercato e della libera circolazione di merci e servizi. Ma se il mercato, correttamente inteso, è il luogo dove chi cerca beni e servizi incontra chi li offre secondo regole prestabilite, certe, uguali per ogni operatore e rese vigenti da un'attività di repressione delle infrazioni sufficientemente diligente, allora questo non può essere considerato il principale responsabile dei guai che affliggono le nostre economie. Semplicemente perchè questo mercato genuino, durante i fasti della globalizzazione, non lo abbiamo mai visto. Chi può sostenere che un imprenditore cinese ed uno, poniamo, tedesco o canadese abbiano dovuto subire gli stessi controlli sulla qualità dei loro prodotti e servizi? O si siano procurati lavoro, materie prime ed altri fattori della produzione dovendo rispettare gli stessi limiti? Chi può affermare, senza esporsi al dileggio, che le autorità competenti abbiano correttamente applicato le norme a tutela del risparmio, pure certamente esistenti, e diligentemente vigilato sulla gestione dei servizi finanziari? Non abbiamo bisogno di meno mercato e concorrenza, ma di più mercato e concorrenza. Quelli veri però, che possono nascere e restare vitali solo grazie a regole efficaci e fatte rispettare.

venerdì 13 febbraio 2009

Darwin, per esempio.

Stephen Jay GOULD, I Have Landed

Si trova finalmente in libreria questa raccolta di scritti divulgativi del grande studioso statunitense di scienze naturali scomparso pochi anni fa.
Largamente condivisibile è a mio parere la sua condanna della strumentalizzazione delle teorie darwiniane, spesso usate come armi improprie nella lotta politica e nelle battaglie culturali.
Ma le sue considerazioni hanno una portata generale, riecheggiando la regola intuita da Hume della inderivababilità dei valori dai fatti.
Da un suo articolo recentemente pubblicato nell' inserto domenicale del Sole24ore traggo alcuni passi lucidamente significativi:

"...il dato di fatto dell'evoluzione in generale (e la teoria della selezione naturale in particolare) non può, in ogni caso, offrire un legittimo sostegno a nessuna particolare filosofia morale o sociale"

"...nessuna verità scientifica può rappresentare una minaccia per la religione, giustamente concepita come ricerca di ordine morale e significato spirituale"

"La scienza però non può mai decidere la moralità della morale. Supponiamo di scoprire che un milione di anni fa, nelle savane africane, l'aggressività, la xenofobia, l'infanticidio selettivo e la sottomissione delle donne offrisse dei vantaggi darwiniani ai nostri progenitori cacciatori-raccoglitori. Una tal conclusione non sancirebbe – nel presente come nel passato – il valore morale di questi comportamenti, né di qualsiasi altro".

"Dobbiamo tuttavia rispettare i limiti della scienza se vogliamo trarre profitto delle sue autentiche intuizioni..... Anche Darwin comprese questo principio, giacché sospettava che il cervello umano, evoluto per altre ragioni nel corso di molti milioni di anni, potesse essere male equipaggiato per risolvere gli interrogativi più profondi e astratti sul significato ultimo della vita. Come scrisse al botanico americano Asa Gray nel 1860: «Ho la nettissima impressione che tutta la materia sia troppo profonda per l'intelletto umano. Un cane potrebbe speculare altrettanto bene sulla mente di Newton»".

Nella scienza non c' è un grammo di etica. Un microscopio non ci dirà ciò che è bene e ciò che è male, nè se il dio cristiano debba essere la nostra luce. Odifreddi vada a scuola da Gould.

venerdì 6 febbraio 2009

Una vita per tutte.

Sulla vita di Eluana si confrontano ormai senza esclusione di colpi due visioni dell'uomo e del suo destino contrapposte ed incompatibili. Sono coinvolti sentimenti e convinzioni profonde, in un vuoto normativo che le vigenti norme sulla libertà personale e sul diritto di rifiutare le cure in realtà lasciano aperto e che difficilmente potrà essere colmato in modo condiviso.
Quasi tutti infatti sono concordi nel condannare l'accanimento terapeutico e molti nel delimitarne il significato. Rimane però, oltre l'accanimento, un'ampia zona, da una parte riassunta nel concetto di "vita non degna di essere vissuta", dall'altra ricompresa in un bene da tutelare senza incertezze.
Su questo terreno si decide lo scontro. Per quanto mi riguarda, ho il dovere di amare la vita, anche quando non è, o non è più, una piacevole avventura. Un dovere che mi auguro sentano anche coloro che dalla vita ricevono dolore od una noia assillante, le cui scelte giudico comunque con affettuoso rispetto.

sabato 31 gennaio 2009

Del dolore e del male tra gli uomini.

In questi giorni ho davanti agli occhi, nel cuore e nella mente la sofferenza umana.
Spesso mi propongono l' eterna domanda: "come può il dio buono e amorevole dei cristiani consentire il dolore ingiusto?".

Ma questo dolore che si pone tra noi e la fede cristiana - rispondo - va imputato a Dio o agli uomini?
Quante volte i talenti ricevuti dal Signore potrebbero consentirci di arginare dolore e sofferenza?
Quante volte esercitiamo la nostra libertà scegliendo il male?

giovedì 22 gennaio 2009

Obama al lavoro.

Entra in carica il nuovo presidente degli Stati Uniti.
Ha saputo suscitare l' entusiasmo nel contempo dei tradizionali amici del suo paese e di chi ne ha sempre avversato la condotta e gli interessi.
Davvero un miracolo frutto di una retorica suadente, dell' indeterminazione dei propositi, della distanza dalle difficili scelte concrete.
Evidentemente qualcuno dovrà restare deluso.

venerdì 16 gennaio 2009

Debito e crescita economica.

Da troppo tempo in Occidente è il debito, pubblico e privato, a sostenere crescita, occupazione, consumi.
Ma, anche se non ci pensiamo, i debiti devono essere pagati. Ciò che è stato anticipato, dev'essere restituito.
Non è su queste fragili basi che possiamo costruire un benessere non effimero.
La via più difficile, quella della innovazione, degli aumenti di produttività, dell'impegno nella formazione e nella ricerca, della concorrenza secondo regole certe e comuni, del lavoro come valore, dà frutti più lenti a maturare ma più duraturi e vitali.
Nella vita i pasti non sono mai gratis.

venerdì 2 gennaio 2009

Quando il papa governava città e campagne.





Le regioni che un tempo furono dominio temporale della Santa Sede, o comunque videro questo da vicino, sono oggi quelle dove l'anticlericalismo è più diffuso e radicato. Mentre dove la Chiesa si concentrò sul suo "core business" spirituale ed assistenziale, come nella Repubblica di Venezia, la tradizione cattolica si è dimostrata più vitale e robusta.
Non devono però sorprendere le considerazioni di Montesquieu, che visitò l'Italia tra l'agosto 1728 e il luglio 1729. Del suo Viaggio in Italia è disponibile una traduzione italiana (1990):

 " I sudditi del Papa si lamentano del governo dei preti, ma non c'è governo più mite. Il Papa manda denaro in quasi tutti i paesi dei suoi stati" (p. 279).
 " A Modena, dove il popolo è oppresso dalle imposte, non si può scambiare una moneta d'argento senza essere derubati; a Bologna, invece, dove sta bene, ci si può fidare di più, eppure sono a 2 poste l'una dall'altra" (p. 289).

Non fu il cattivo governo della Santa Sede ad allontanare i cuori. Bisogna invece pensare che la pratica di governo tanto più delude quanto più elevati sono gli ideali a cui pubblicamente afferma di ispirarsi.

domenica 28 dicembre 2008

Vittorio Strada

Massimo storico italiano della cultura russa.
Vorrei che la conoscenza delle sue opere, già ampia, fosse ancora maggiore.
Attualmente sto leggendo il suo

La rivoluzione svelata
Una lettura nuova dell'Ottobre 1917, 2007

Si tratta di un'agile sintesi ragionata delle tesi degli intellettuali russi che hanno riflettuto criticamente sulla Rivoluzione d'Ottobre molto prima che gli eventi aprissero gli occhi ai più.
Le analisi di questi uomini coraggiosi e liberi consentono, tra l'altro, di "sfatare leggende ancora tenaci, e interessate, come quella di una fase staliniana radicalmente diversa da quella leniniana, e soprattutto dimostrano la vitalità di una cultura che, soffocata in Russia con la violenza, merita di essere riscoperta come parte di una cultura europea critica e libera". (pag.14)

lunedì 22 dicembre 2008

Zone franche.

Si diffonde la convinzione che alcuni spazi, all'interno delle nostre società aperte, debbano costituire luoghi e momenti dove le persone siano sciolte in tutto od in parte dai normali vincoli posti dalla legge a tutela delle persone, dei loro diritti fondamentali e dei loro beni.
Così si pensa che in luoghi come questo si debba poter liberamente calunniare, diffamare, ingiuriare. Che durante una manifestazione si debba poter devastare, danneggiare, interrompere pubblici servizi, porre a rischio la libertà e l'incolumità delle persone impunemente. Che l'esercizio del diritto di satira faccia venir meno ogni dovere di rispettare le norme che l'ordinamento pone a tutela minima della dignità di chi si vuol mettere alla berlina.
Si tratta a mio parere di una convinzione da respingere fermamente. Nessuna censura, nessuna violazione della libertà di espressione. Ma rispetto della legalità, che va preteso soprattutto da chi viola la legge proprio mentre denuncia illegalità. Nessuna zona franca dunque, perché la libertà nella società nasce e può vivere solo insieme alle sue regole.

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