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venerdì 20 febbraio 2009

Il mercato che non c'è.

Tempi duri per per i fautori del mercato e della libera circolazione di merci e servizi. Ma se il mercato, correttamente inteso, è il luogo dove chi cerca beni e servizi incontra chi li offre secondo regole prestabilite, certe, uguali per ogni operatore e rese vigenti da un'attività di repressione delle infrazioni sufficientemente diligente, allora questo non può essere considerato il principale responsabile dei guai che affliggono le nostre economie. Semplicemente perchè questo mercato genuino, durante i fasti della globalizzazione, non lo abbiamo mai visto. Chi può sostenere che un imprenditore cinese ed uno, poniamo, tedesco o canadese abbiano dovuto subire gli stessi controlli sulla qualità dei loro prodotti e servizi? O si siano procurati lavoro, materie prime ed altri fattori della produzione dovendo rispettare gli stessi limiti? Chi può affermare, senza esporsi al dileggio, che le autorità competenti abbiano correttamente applicato le norme a tutela del risparmio, pure certamente esistenti, e diligentemente vigilato sulla gestione dei servizi finanziari? Non abbiamo bisogno di meno mercato e concorrenza, ma di più mercato e concorrenza. Quelli veri però, che possono nascere e restare vitali solo grazie a regole efficaci e fatte rispettare.

venerdì 13 febbraio 2009

Darwin, per esempio.

Stephen Jay GOULD, I Have Landed

Si trova finalmente in libreria questa raccolta di scritti divulgativi del grande studioso statunitense di scienze naturali scomparso pochi anni fa.
Largamente condivisibile è a mio parere la sua condanna della strumentalizzazione delle teorie darwiniane, spesso usate come armi improprie nella lotta politica e nelle battaglie culturali.
Ma le sue considerazioni hanno una portata generale, riecheggiando la regola intuita da Hume della inderivababilità dei valori dai fatti.
Da un suo articolo recentemente pubblicato nell' inserto domenicale del Sole24ore traggo alcuni passi lucidamente significativi:

"...il dato di fatto dell'evoluzione in generale (e la teoria della selezione naturale in particolare) non può, in ogni caso, offrire un legittimo sostegno a nessuna particolare filosofia morale o sociale"

"...nessuna verità scientifica può rappresentare una minaccia per la religione, giustamente concepita come ricerca di ordine morale e significato spirituale"

"La scienza però non può mai decidere la moralità della morale. Supponiamo di scoprire che un milione di anni fa, nelle savane africane, l'aggressività, la xenofobia, l'infanticidio selettivo e la sottomissione delle donne offrisse dei vantaggi darwiniani ai nostri progenitori cacciatori-raccoglitori. Una tal conclusione non sancirebbe – nel presente come nel passato – il valore morale di questi comportamenti, né di qualsiasi altro".

"Dobbiamo tuttavia rispettare i limiti della scienza se vogliamo trarre profitto delle sue autentiche intuizioni..... Anche Darwin comprese questo principio, giacché sospettava che il cervello umano, evoluto per altre ragioni nel corso di molti milioni di anni, potesse essere male equipaggiato per risolvere gli interrogativi più profondi e astratti sul significato ultimo della vita. Come scrisse al botanico americano Asa Gray nel 1860: «Ho la nettissima impressione che tutta la materia sia troppo profonda per l'intelletto umano. Un cane potrebbe speculare altrettanto bene sulla mente di Newton»".

Nella scienza non c' è un grammo di etica. Un microscopio non ci dirà ciò che è bene e ciò che è male, nè se il dio cristiano debba essere la nostra luce. Odifreddi vada a scuola da Gould.

venerdì 6 febbraio 2009

Una vita per tutte.

Sulla vita di Eluana si confrontano ormai senza esclusione di colpi due visioni dell'uomo e del suo destino contrapposte ed incompatibili. Sono coinvolti sentimenti e convinzioni profonde, in un vuoto normativo che le vigenti norme sulla libertà personale e sul diritto di rifiutare le cure in realtà lasciano aperto e che difficilmente potrà essere colmato in modo condiviso.
Quasi tutti infatti sono concordi nel condannare l'accanimento terapeutico e molti nel delimitarne il significato. Rimane però, oltre l'accanimento, un'ampia zona, da una parte riassunta nel concetto di "vita non degna di essere vissuta", dall'altra ricompresa in un bene da tutelare senza incertezze.
Su questo terreno si decide lo scontro. Per quanto mi riguarda, ho il dovere di amare la vita, anche quando non è, o non è più, una piacevole avventura. Un dovere che mi auguro sentano anche coloro che dalla vita ricevono dolore od una noia assillante, le cui scelte giudico comunque con affettuoso rispetto.

sabato 31 gennaio 2009

Del dolore e del male tra gli uomini.

In questi giorni ho davanti agli occhi, nel cuore e nella mente la sofferenza umana.
Spesso mi propongono l' eterna domanda: "come può il dio buono e amorevole dei cristiani consentire il dolore ingiusto?".

Ma questo dolore che si pone tra noi e la fede cristiana - rispondo - va imputato a Dio o agli uomini?
Quante volte i talenti ricevuti dal Signore potrebbero consentirci di arginare dolore e sofferenza?
Quante volte esercitiamo la nostra libertà scegliendo il male?

giovedì 22 gennaio 2009

Obama al lavoro.

Entra in carica il nuovo presidente degli Stati Uniti.
Ha saputo suscitare l' entusiasmo nel contempo dei tradizionali amici del suo paese e di chi ne ha sempre avversato la condotta e gli interessi.
Davvero un miracolo frutto di una retorica suadente, dell' indeterminazione dei propositi, della distanza dalle difficili scelte concrete.
Evidentemente qualcuno dovrà restare deluso.

venerdì 16 gennaio 2009

Debito e crescita economica.

Da troppo tempo in Occidente è il debito, pubblico e privato, a sostenere crescita, occupazione, consumi.
Ma, anche se non ci pensiamo, i debiti devono essere pagati. Ciò che è stato anticipato, dev'essere restituito.
Non è su queste fragili basi che possiamo costruire un benessere non effimero.
La via più difficile, quella della innovazione, degli aumenti di produttività, dell'impegno nella formazione e nella ricerca, della concorrenza secondo regole certe e comuni, del lavoro come valore, dà frutti più lenti a maturare ma più duraturi e vitali.
Nella vita i pasti non sono mai gratis.

venerdì 2 gennaio 2009

Quando il papa governava città e campagne.





Le regioni che un tempo furono dominio temporale della Santa Sede, o comunque videro questo da vicino, sono oggi quelle dove l'anticlericalismo è più diffuso e radicato. Mentre dove la Chiesa si concentrò sul suo "core business" spirituale ed assistenziale, come nella Repubblica di Venezia, la tradizione cattolica si è dimostrata più vitale e robusta.
Non devono però sorprendere le considerazioni di Montesquieu, che visitò l'Italia tra l'agosto 1728 e il luglio 1729. Del suo Viaggio in Italia è disponibile una traduzione italiana (1990):

 " I sudditi del Papa si lamentano del governo dei preti, ma non c'è governo più mite. Il Papa manda denaro in quasi tutti i paesi dei suoi stati" (p. 279).
 " A Modena, dove il popolo è oppresso dalle imposte, non si può scambiare una moneta d'argento senza essere derubati; a Bologna, invece, dove sta bene, ci si può fidare di più, eppure sono a 2 poste l'una dall'altra" (p. 289).

Non fu il cattivo governo della Santa Sede ad allontanare i cuori. Bisogna invece pensare che la pratica di governo tanto più delude quanto più elevati sono gli ideali a cui pubblicamente afferma di ispirarsi.

domenica 28 dicembre 2008

Vittorio Strada

Massimo storico italiano della cultura russa.
Vorrei che la conoscenza delle sue opere, già ampia, fosse ancora maggiore.
Attualmente sto leggendo il suo

La rivoluzione svelata
Una lettura nuova dell'Ottobre 1917, 2007

Si tratta di un'agile sintesi ragionata delle tesi degli intellettuali russi che hanno riflettuto criticamente sulla Rivoluzione d'Ottobre molto prima che gli eventi aprissero gli occhi ai più.
Le analisi di questi uomini coraggiosi e liberi consentono, tra l'altro, di "sfatare leggende ancora tenaci, e interessate, come quella di una fase staliniana radicalmente diversa da quella leniniana, e soprattutto dimostrano la vitalità di una cultura che, soffocata in Russia con la violenza, merita di essere riscoperta come parte di una cultura europea critica e libera". (pag.14)

lunedì 22 dicembre 2008

Zone franche.

Si diffonde la convinzione che alcuni spazi, all'interno delle nostre società aperte, debbano costituire luoghi e momenti dove le persone siano sciolte in tutto od in parte dai normali vincoli posti dalla legge a tutela delle persone, dei loro diritti fondamentali e dei loro beni.
Così si pensa che in luoghi come questo si debba poter liberamente calunniare, diffamare, ingiuriare. Che durante una manifestazione si debba poter devastare, danneggiare, interrompere pubblici servizi, porre a rischio la libertà e l'incolumità delle persone impunemente. Che l'esercizio del diritto di satira faccia venir meno ogni dovere di rispettare le norme che l'ordinamento pone a tutela minima della dignità di chi si vuol mettere alla berlina.
Si tratta a mio parere di una convinzione da respingere fermamente. Nessuna censura, nessuna violazione della libertà di espressione. Ma rispetto della legalità, che va preteso soprattutto da chi viola la legge proprio mentre denuncia illegalità. Nessuna zona franca dunque, perché la libertà nella società nasce e può vivere solo insieme alle sue regole.

martedì 16 dicembre 2008

Apprendisti stregoni. Attenti all'errore.

La riflessione sui tempi difficili che viviamo dovrebbe indurci a prendere atto, se non l'abbiamo ancora fatto, della fallibilità delle scienze sociali teoriche.
Economisti, studiosi della società e della politica, insigni intellettuali attenti ad individuare ed interpretare tendenze della vita e della storia hanno fallito nell'anticipare e nel comprendere ciò che oggi mette in difficoltà individui, famiglie, imprese ed addirittura stati sovrani.
Non si tratta certo di una novità. Da sempre circola una battuta sugli economisti che mette alla berlina la loro capacità di spiegare il passato ma non di prevedere il futuro. Ed in realtà pure la capacità di spiegare ciò che è successo è assai modesta. Questa fallibilità si aggiunge a quella degli operatori economici e dei protagonisti della vita sociale e politica, rendendo non raramente poco efficace il tentativo di trovare qualche rimedio e portarlo ad effetto. Ancora una volta colse nel segno Karl Popper, scrivendo nel suo Congetture e confutazioni:

"una delle singolari circostanze della vita sociale è che mai nulla riesce precisamente nel modo prestabilito.
Tutto va sempre a finire un poco diversamente. Quasi mai, nella vita sociale, riusciamo a provocare il preciso effetto che desideriamo, e, normalmente, otteniamo conseguenze ulteriori non desiderate....
Conseguenze non desiderate delle nostre azioni che, in genere, non possono essere eliminate.
Spiegare perchè ciò non sia possibile è il compito principale della teoria sociale
".

Questo tema dovrebbe costituire una parte fondamentale non solo della ricerca teorica, ma anche della formazione stessa dei cosiddetti scienziati sociali. La chiara consapevolezza della possibilità dell'errore, delle sue radici, della sua non infrequente estrema gravità sotto il profilo delle conseguenze, aiuterebbe tutti noi a vivere meglio.

Karl POPPER, Congetture e confutazioni, pagg. 212 e segg.

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