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mercoledì 12 novembre 2008

Moammed Sceab. L'identità e la memoria.

Giuseppe Ungaretti ci coinvolge in un dolore che sembra di oggi.
Da "L'Allegria".


IN MEMORIA.
Locvizza il 30 settembre 1916.

Si chiamava
Moammed Sceab

Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome

Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè

E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono

L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa.

Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera

E forse io solo
so ancora
che visse



martedì 11 novembre 2008

Sul mercato e lo stato. Il mercato dove possibile, lo stato dove necessario.

E' tornato di gran moda l'intervento dello stato in economia. Pur non essendo questo mai venuto meno. Perfino il diametro delle uova è regolato. Il mercato è invece sotto tiro. Lo si incolpa ormai di ogni nefandezza. Si dimentica che il mercato mal globalizzato che abbiamo di fronte vede incontrarsi operatori economici soggetti ciascuno a regole ben diverse.
Assistiamo ad una globalizzazione "al ribasso", dove vengono premiati i soggetti che operano in sistemi dove la tutela dell'ambiente e dei diritti politico-sindacali è minore, in grado quindi di esercitare una concorrenza sleale, con effetti distorsivi proprio sul mercato stesso. Mentre le agenzie chiamate a vigilare sul rispetto delle regole si sono rivelate incapaci di operare con efficacia. Erroneamente ci si scaglia contro il mercato in sé. Invece l'attenzione dovrebbe andare ai suoi vizi ed alle sue distorsioni.
E poi la memoria non ci aiuta. Negli anni Settanta del secolo appena terminato, furono proprio le politiche economiche incentrate sulla spesa pubblica e sull'intervento troppo esteso ed indiscriminato dello stato in economia a determinarne la stagnazione accompagnata da altissima inflazione.
Meglio dunque fissare e seguire alcuni buoni principi. Non si pensi che il mercato possa sostituire la grande politica. Non è il suo compito. Ma la politica non uccida la concorrenza. Non elimini il mercato che premia merito ed innovazione. Non riduca il ruolo della responsabilità degli operatori economici. Intervenga in economia per fronteggiare emergenze, distorsioni, povertà. Ma il mercato quando possibile, lo stato solo quando necessario.

mercoledì 5 novembre 2008

La retorica dei sogni.

La retorica abita da sempre i luoghi della politica e di per sè non ne esclude la grandezza. Ma una certa retorica, quella dei sogni e delle speranze, è davvero pericolosa. Prima avvicina, sprona, supera diffidenze, talvolta mobilita, converte. Poi la realtà si mostra con tutte le sue durezze e complessità. Appare scostante, refrattaria.
Allora quella retorica o il suo ricordo sfociano nella disillusione, nel qualunquismo, nel rifiuto e nel disprezzo della politica stessa. Un paese ha bisogno di un elettorato saggio, che chieda ed accetti sempre meno sogni e speranze, ma pretenda sempre più la verità.

martedì 28 ottobre 2008

La grande svolta.

E' da poco uscito in libreria l'ultimo lavoro di Paul Veyne, insigne studioso francese della Roma antica. In Quando l'Europa è diventata cristiana (312-394) Veyne racconta con una scrittura brillante e coinvolgente il passaggio dal paganesimo al cristianesimo dell'Impero Romano. La figura di Costantino, imperatore insieme visionario e pragmatico, megalomane e prudente, viene disegnata con la chiarezza e l'incisività che contraddistinguono solo i grandi della storiografia.
Scrive Veyne:

"Ho scritto questo libro contro me stesso. Sono totalmente miscredente e fra tutte le religioni quella che sopporto meno è proprio il cristianesimo. Ma da storico ho dovuto sforzarmi di non prendere partito né pro né contro. La cosa più difficile è stato capire cosa si ha nel cuore e nell'animo quando si è cristiani".

Un libro destinato quasi certamente a diventare un classico della storiografia. Da non perdere.

sabato 25 ottobre 2008

Wall street.

Oliver Stone girò il suo "Wall Street" nel lontano 1987 anticipando di pochi mesi,tra l'altro, un'altra grave crisi dei mercati finanziari. Già nel 1987 dunque i pericoli derivanti dall'attività di operatori finanziari senza scrupoli erano noti perfino al grande pubblico.
Non solo le successive presidenze di Bill Clinton e dei due Bush , ma anche due decenni di vertici internazionali, dibattiti tra grandi economisti, attività di banche centrali ed agenzie di controllo e rating, non sono riusciti ad evitare una crisi economico-finanziaria dalle conseguenze ben difficili da controllare. Perchè? Perchè gli uomini sono avidi e miopemente rapaci? Forse. Anche.
Ma soprattutto, semplicemente, perchè gli uomini, tutti, sbagliano.

domenica 19 ottobre 2008

Eisenhower. Un soldato per la pace.

Siamo alle ultime battute della campagna elettorale USA. In questa occasione ricordo Dwight D. Eisenhower. Generale comandante delle truppe alleate occidentali in Europa durante la Seconda guerra mondiale, guidò il vittorioso sbarco in Normandia al quale seguì la sconfitta della Germania nazista.
Eletto presidente degli Stati Uniti per il partito repubblicano nel 1952, fu successivamente rieletto e concluse la sua presidenza nel 1961. Durante la sua presidenza cercò con tenacia di costruire la pace tra le nazioni. Il suo Discorso d'addio alla nazione rimarrà nella storia come una delle più significative e nobili espressioni della democrazia statunitense.

"Un elemento vitale nel mantenere la pace sono le nostre istituzioni militari…. La congiunzione tra un immenso corpo di istituzioni militari e una enorme industria degli armamenti è nuova nell’esperienza americana… ma dobbiamo guardarci dalle influenze palesi e occulte esercitate dal complesso militar-industriale. Il potenziale per lo sviluppo di poteri che oltrepassano il proprio ruolo e le proprie prerogative esiste ed esisterà in futuro. Non dobbiamo mai permettere che il peso di questa combinazione di poteri metta in pericolo le nostre libertà o il processo democratico…"


venerdì 17 ottobre 2008

Sul lavoro. "Chi non vuol lavorare neppure mangi".

Il lavoro dev'essere (o tornare ad essere) sentito dagli individui come un valore in sé e come necessario strumento per il miglioramento delle condizioni proprie, della propria famiglia e della società intera. Ciò può avvenire soltanto se al volontario rifiuto dell'impegno lavorativo seguono svantaggi. Ma se il merito e l'impegno non sono premiati, se clientelismo e nepotismo dilagano, l'apatia o il cinico disprezzo di tanti giovani trovano il migliore degli alibi.
La regola dettata da san Paolo ai cristiani di Tessalonica, "chi non vuol lavorare neppure mangi" (Tessalonicesi 2 - 3,10), richiama alla indispensabile responsabilità individuale.
Bisogna però creare condizioni tali da consentire che questa responsabilità individuale sia percepita come giusta modalità del vivere in società.

sabato 11 ottobre 2008

Sulla libertà.



Oggi più del solito la libertà è sotto tiro, soprattutto nelle sue manifestazioni economiche, ma si addebitano ad essa colpe che non ha. E' ben noto infatti che la libertà nella società nasce e rimane vitale solo grazie ad una rete di regole, senza le quali conduce paradossalmente al suo contrario, cioè alla oppressione del debole a vantaggio del forte. Occorre dunque, nella minor misura possibile, limitare la libertà di ciascuno per assicurare pari libertà a tutti.
Allora individuare le regole necessarie ed assicurarne la vigenza significa creare o ripristinare la libertà, non distruggerla. Questo principio fondamentale vale per la libertà in tutti i suoi aspetti, anche economici.
Ogni rete di regole risulta davvero efficace solo quando di esse si ottiene un alto grado di osservanza spontanea. Qualcuno, in questi giorni convulsi, ha parlato della necessità di "spiritualizzare il capitalismo" per renderlo sostenibile. Al di là delle parole usate, di per sè mai davvero importanti, in questo modo si è appunto sottolineata la necessità che anche gli operatori economici si sentano responsabili delle loro azioni ed agiscano ispirando la loro condotta ad alcuni precisi principi morali.
Altrimenti cadrà un sistema di relazioni economiche che ha certamente consentito di raggiungere un benessere diffuso e non può essere ridotto alle sue distorsioni ed ai suoi vizi.

mercoledì 1 ottobre 2008

Ragione e vita.

"I lumi non fanno altro che rischiarare il cammino, senza fornire agli uomini la forza di percorrerlo" (Benjamin Constant)

La ragione critica contemporanea è consapevole dei propri limiti.
Fa della modestia la propria forza.
Ma per vivere in momenti difficili e fare la cosa giusta abbiamo a disposizione il patrimonio morale e religioso rappresentato dalla grande tradizione cristiana occidentale.
Chi non vuole rinunciare nè ai "Lumi" nè al Cristianesimo che vive nei secoli accolga operosamente questo proprio coerente desiderio.

venerdì 19 settembre 2008

Elogio della democrazia rappresentativa.

"Benchè soltanto pochi siano in grado di dar vita a una politica, noi siamo tutti in grado di giudicarla" (Pericle di Atene 430 a. c. circa)



Qui il leader democratico ateniese spiega la democrazia rappresentativa, ne fornisce la giustificazione teorica. L'indirizzo politico, il governo di una grande società aperta, non possono non ispirarsi ad una visione generale. Non possono non avere i caratteri della continuità. Non possono non essere attività creative. Chi governa deve fronteggiare l'emergenza, dare risposte pronte ad esigenze improvvise.
Dunque solo pochi possono governare. Ma tutti devono avere il diritto di giudicare i propri governanti e di sostituirli senza dover ricorrere alla violenza. Una grande democrazia libera o è rappresentativa o non è. L'insieme di tante decisioni particolari e contingenti, sia pure prese dai diretti interessati, non può sostituire la grande politica.

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