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giovedì 13 maggio 2010

Galileo e gli anelli di Saturno. Le osservazioni sono ipotesi.




Anche i grandi sbagliano. Galileo Galilei non sfuggì alla regola. Riflettere su uno dei suoi errori ci aiuta a superare un empirismo ingenuo. Il paleontologo Stephen Jay Gould, nel suo Le pietre false di Marrakech (pag. 45 e segg.), scrive:

"Galileo puntò il telescopio anche su Saturno, il più lontano dei pianeti noti a quel tempo, e vide i famosi anelli. Non riuscì però a visualizzare o interpretare in modo corretto ciò che aveva osservato, presumibilmente perchè nel suo mondo concettuale non c'era "spazio" per un oggetto così peculiare (e il telescopio era troppo rozzo per raffigurare gli anelli in modo abbastanza chiaro da costringere la sua mente, già confusa da tante sorprese, alla conclusione più peculiare e imprevista di tutte)".

"Galileo...interpretò Saturno come un corpo triplice, formato da una sfera centrale affiancata da due sfere minori a contatto con essa".

"Galileo non annuncia la sua soluzione per mezzo di espressioni come "congetturo", "ipotizzo", "inferisco" o "mi pare che sia l'interpretazione migliore...". Egli scrive invece audacemente "ho osservato".

E lo stesso Gould così commenta:

"L'idea che l'osservazione possa essere pura e incontaminata (e perciò incontestabile) - e che i grandi scienziati siano, di conseguenza, persone in grado di affrancare la propria mente dalle costrizioni della cultura circostante e raggiungere conclusioni rigorose attraverso esperimenti e osservazioni privi di intralci, uniti a un ragionamento logico chiaro e universale - ha spesso arrecato danno alla scienza, trasformando il metodo empiristico in una formula vuota"

Le secche sintesi di Karl Popper (La ricerca non ha fine pagg.84 e 152) mettono ancor meglio a fuoco il problema:

"...non può darsi alcuna osservazione libera da teoria, e nemmeno un linguaggio libero da teoria"

"...le teorie scientifiche restano sempre ipotesi o congetture..."

Ammettiamo dunque che le osservazioni non sono che... ipotesi. Questa consapevolezza deve rendere ai nostri occhi la scienza meno grande? No. Perchè con questi fragili ed incerti strumenti ha cambiato la nostra vita. In meglio.

venerdì 7 maggio 2010

Russia. L' Occidente è più vicino.

In Russia novità per la commemorazione della vittoria nella Seconda guerra mondiale. Alla parata celebrativa parteciperanno anche truppe americane, britanniche, francesi e polacche. Un ulteriore indizio del riavvicinamento in atto tra Russia, Unione Europea e Stati Uniti. Importanti anche le dichiarazioni del presidente russo Medvedev. Emerge una valutazione critica non solo dello stalinismo ma di tutta l'esperienza sovietica. La Russia di Medvedev e Putin va attesa alla prova dei fatti. Ma sembrano sbagliate le interpretazioni che seguono il solo filo conduttore della continuità imperiale. E' venuto meno l'apparato ideologico marxista-leninista ed il paese è incomparabilmente più aperto verso l'esterno. Per la prima volta la Russia ha davvero davanti a sè la prospettiva di una modernizzazione che non si realizzi interamente a spese dei diritti e delle libertà. Se realmente i governanti di questo grande, composito e contraddittorio paese perseguono tale obiettivo Stati Uniti ed Unione Europea rappresentano il punto di riferimento necessario. L'allargamento dei confini dell'Occidente può oggi avvenire non contro ma insieme alla Russia. Si tratta di un percorso difficilissimo ma che si deve saggiare.

mercoledì 28 aprile 2010

Joseph Ratzinger. Un tedesco contro il nazismo.

Il 4 giugno 2004, in occasione delle celebrazioni per il 60° anniversario dello sbarco alleato in Normandia, l'allora cardinale Joseph Ratzinger, oggi papa Benedetto XVI, pronunciò un importante discorso.

Ratzinger qui incisivamente denuncia la natura criminale del nazismo ed il modo in cui ottenne l'obbedienza di molti tedeschi.
L'attuale pontefice espone le ragioni che inducono a rifiutare un pacifismo assoluto, in accordo con la Tradizione ed il Magistero della Chiesa cattolica.

" Un criminale con i suoi accoliti era riuscito a impadronirsi del potere in Germania. Sotto il dominio del Partito, il diritto e l’ingiustizia si erano intricati tra loro in maniera pressoché indissolubile, tanto da travasarsi spesso l’uno nell’altra e viceversa".

"Al servizio di questo dominio della menzogna stava un regime di paura, nel quale nessuno poteva fidarsi dell’altro perché tutti in qualche modo dovevano proteggersi sotto la maschera della menzogna. Così fu di fatto necessario che il mondo intero intervenisse a spezzare il cerchio dell’azione criminale, perché fossero ristabiliti la libertà e il diritto. Oggi noi siamo grati al fatto che questo sia avvenuto, e a esser grati non sono soltanto i Paesi occupati dalle truppe tedesche. Noi stessi, i tedeschi, siamo grati perché, con l’aiuto di quell’impegno, abbiamo recuperato la libertà e il diritto.
Se mai si è verificato nella storia un bellum justum è qui che lo troviamo, nell’impegno degli Alleati, perché il loro intervento operava nei suoi esiti anche per il bene di coloro contro il cui Paese era condotta la guerra. Questa constatazione mi pare importante perché mostra, sulla base di un evento storico, l’insostenibilità di un pacifismo assoluto. Il che non ci esenta in alcun modo dal porci con molto rigore la domanda se oggi sia ancora possibile, e a quali condizioni, qualcosa di simile a una guerra giusta, vale a dire un intervento militare, posto al servizio della pace e guidato dai suoi criteri morali, contro i regimi ingiusti.
Soprattutto, si spera che quel che abbiamo fin qui detto aiuti a comprendere meglio che la pace e il diritto, la pace e la giustizia sono inseparabilmente interconnessi. Quando il diritto è distrutto, quando l’ingiustizia prende il potere, la pace è sempre minacciata ed è già, almeno in parte, compromessa".

"Certamente la difesa del diritto può e deve, in alcune circostanze, far ricorso a una forza commisurata. Un pacifismo assoluto, che neghi al diritto l’uso di qualunque mezzo coercitivo, si risolverebbe in una capitolazione davanti all’iniquità, ne sanzionerebbe la presa del potere e abbandonerebbe il mondo al diktat della violenza. Ma per evitare che la forza del diritto si trasformi essa stessa in iniquità, è necessario sottometterla a criteri rigorosi e riconoscibili come tali da parte di tutti".

Queste severe parole di Ratzinger riassumono il tradizionale insegnamento della Chiesa cattolica.
Si veda, ad esempio, una lettera di sant'Agostino al generale Bonifacio (417 circa):

"Non credere che non possa piacere a Dio nessuno il quale faccia il soldato tra le armi destinate alla guerra".

"La pace deve essere nella volontà e la guerra solo una necessità, affinché Dio ci liberi dalla necessità e ci conservi nella pace! Infatti non si cerca la pace per provocare la guerra, ma si fa la guerra per ottenere la pace! Anche facendo la guerra sii dunque ispirato dalla pace in modo che, vincendo, tu possa condurre al bene della pace coloro che tu sconfiggi. Beati i pacificatori - dice il Signore - perché saranno chiamati figli di Dio."

"Sia pertanto la necessità e non la volontà il motivo per togliere di mezzo il nemico che combatte. Allo stesso modo che si usa la violenza con chi si ribella e resiste, così deve usarsi misericordia con chi è ormai vinto o prigioniero, soprattutto se non c'è da temere, nei suoi riguardi, che turbi la pace".

Benedetto XVI: un tedesco contro il nazismo e contro ogni totalitarismo.

giovedì 22 aprile 2010

Bertrand Russell testimone della grande storia. Pratica e teoria del bolscevismo.



Bertrand Russell è stato uno dei più importanti ed influenti intellettuali del Novecento. Nato nel 1872 e quindi formatosi in epoca vittoriana, ebbe una vita lunghissima. Morì nel 1970. Suo nonno paterno era lord John Russell, eminente politico britannico, primo ministro e grande esperto di relazioni internazionali.
Il pensiero di Russell fu caratterizzato dall'incontro tra il tradizionale empirismo del suo paese e la logica. Ebbe profonda influenza sulla filosofia novecentesca, in particolare sul positivismo logico e sulla filosofia analitica.
Significativa la sua adesione ad una concezione oggettiva e realistica della verità come corrispondenza ai fatti. Questa posizione soprattutto, ma anche la grande chiarezza della sua scrittura, suscitarono l'ammirazione di Karl Popper.
Visse della sua attività di scrittore, conseguendo il premio Nobel per la letteratura. Scrisse quindi molto per un vasto pubblico, pubblicando opere dirette alla divulgazione e all'esposizione delle proprie personali preferenze morali, politiche e religiose. Questo taglio particolare ne ha consentita l'ampia utilizzazione nelle battaglie culturali oggi in atto, realizzata anche con numerose nuove edizioni.
Non sono state invece ristampate alcune opere notevolissime, capaci di sollevare il velo che copre un passato a dir poco imbarazzante e di mostrare la vera origine di una eredità ideale e concettuale ancora diffusa. L'ultima edizione italiana della sua Autobiografia in tre volumi e di Pratica e teoria del bolscevismo risale all'inizio degli anni Settanta. Quest'ultima opera in particolare costituisce la fondamentale testimonianza di avvenimenti e personaggi storici che hanno davvero segnato profondamente il secolo scorso.
Bertrand Russell visitò la Russia sovietica alla fine della primavera del 1920, circa due anni e mezzo dopo la Rivoluzione d'Ottobre, quando Lenin, nel pieno delle sue facoltà, era saldamente a capo del nuovo regime comunista. Pratica e teoria del bolscevismo è il resoconto di questo viaggio. La grande intelligenza di Russell comprende con chiarezza la natura totalitaria e poliziesca del regime. Il filosofo inglese, pur prevenuto a favore dell'esperimento comunista, ne coglie e denuncia aspetti a lungo poi taciuti dai politici italiani che quella spaventosa realtà ben conobbero.
Russell, tra l'altro, riuscì ad ottenere una lunga intervista con lo stesso LeninL'incontro del grande intellettuale con il grande rivoluzionario è raccontato nella parte prima, capitolo terzo, del libro. Si tratta di pagine assolutamente da non perdere. Pratica e teoria del bolscevismo è ormai introvabile nella sua vecchia edizione italiana di quaranta anni fa, ma si può scaricare integralmente e gratuitamente  e leggere direttamente in inglese. La proverbiale chiarezza di Russell la rende comprensibile anche a chi non ha una conoscenza profonda della lingua. 


venerdì 16 aprile 2010

L'atomica iraniana e l'eredità di Bush.

Obama ha ancora una volta conseguito un successo soltanto propagandistico. Tutti i governi non vogliono che armi atomiche cadano nella disponibiltà di terroristi e già ora fanno quello che possono per controllare i loro arsenali ed evitare la perdita di materiale pericoloso.
Ma lo scottante problema dell'atomica iraniana resta ben lontano da una soluzione accettabile per le grandi democrazie e soprattutto per Israele.
Le sanzioni internazionali sono poco efficaci e spesso controproducenti. Paradossalmente quanto più sono incisive tanto più sono controproducenti.
Le più incisive ipotizzabili, quelle dirette contro le esportazioni e la finanza iraniane, oltre a ledere interessi degli stessi paesi occidentali, ferirebbero i sentimenti nazionalisti della popolazione, indebolendo l'opposizione al regime islamico.
Piuttosto Obama dovrebbe puntare sul nuovo Iraq. Un paese a maggioranza scita che l'ostinazione di Bush ha dotato di un regime meno chiuso dell'iraniano verso l'Occidente, i suoi miti, le sue libertà e le sue possibilità.
I giovani iraniani e i ceti più attratti dai modelli occidentali potrebbero vedere da vicino il futuro sperato per il loro paese. Ciò favorirebbe un cambio di regime capace di consegnare la potenza iraniana a governanti più responsabili.
Obama, in campagna elettorale, ha promesso di porre di nuovo a rischio una vittoria ottenuta con tanti sacrifici, quella irachena, per gettare maggiori risorse in una guerra che non si può vincere, quella afghana.
Il presidente degli Stati Uniti sfrutti le sue innegabili risorse retoriche per fare il contrario di quello che ha promesso. Proprio il sofferto successo strategico di Bush rappresenta infatti per il suo paese la meno sfavorevole carta da giocare nella partita iraniana.

venerdì 9 aprile 2010

Se il semipresidenzialismo alla francese diventa il presidenzialismo italiano.

Oggi a Parigi il presidente Berlusconi ha meglio definito, su punti fondamentali, la proposta di riforma secondo il modello semipresidenzialista.
Berlusconi pensa ad una elezione contemporanea del presidente della repubblica e del parlamento, con un solo turno elettorale e con pari durata di presidenza e legislatura.
In questo modo, di solito, il neoeletto presidente avrebbe a disposizione una "sua" maggioranza parlamentare, con una drastica riduzione del rischio di "coabitazione" con un primo ministro di diverso orientamento politico.
Se poi si attribuissero al presidente così eletto la facoltà di sciogliere in ogni momento il parlamento per indire nuove elezioni parlamentari-presidenziali, nonchè poteri di indirizzo politico almeno analoghi a quelli oggi riconosciuti al presidente francese, si avrebbe in realtà una forma di governo molto vicina al presidenzialismo vero e proprio.
Sul Corriere della Sera il professor Sartori raccomanda di scegliere tra i modelli adottati altrove senza apportare modifiche significative. Ma perché?
In realtà ogni paese ha esigenze peculiari. Non solo può ma deve cercare una propria via per soddisfarle.
Ben venga dunque un presidenzialismo italiano, che consenta all'elettorato di scegliere direttamente a chi affidare l'indirizzo politico del paese senza introdurre rigidità insostenibili.

domenica 28 marzo 2010

La Legge di Hume.

Nel nostro tempo la discussione dei problemi morali non può mai prescindere dalla questione della validità e della portata della cosiddetta legge di Hume. Ma cosa dice questa importantissima "legge di Hume"? Quale è la sua storia? David Hume era un filosofo scozzese, morto nel 1776. La sua è l'età dell'Illuminismo. All'interno di quel vasto e composito movimento si distinse per il suo atteggiamento critico, scettico, sperimentale nell'esaminare le possibilità della ragione, il modo in cui questa opera, i suoi stessi ruolo e collocazione nell'ambito della mente e del comportamento umani. Nel libro terzo del suo Trattato sulla natura umana osservò che :

"In ogni sistema di morale con cui ho avuto finora a che fare...all'improvviso mi sorprendo a scoprire che, invece di trovare delle proposizioni rette come di consueto dai verbi è e non è, non incontro che proposizioni connesse con dovrebbe e non dovrebbe.
Questo mutamento è impercettibile, ma è della massima importanza. Poiché questi dovrebbe e non dovrebbe esprimono una relazione o affermazione nuova, è necessario che...si adduca una ragione di ciò che sembra del tutto inconcepibile, cioè del modo in cui questa nuova relazione può essere dedotta dalle altre, che sono totalmente diverse da essa".

Si tratta di un rilievo poco più che incidentale. Ma tanto è bastato a mettere una "pulce nell'orecchio" dei suoi lettori più avveduti, che ne hanno tratto una legge, con il suo nome, enunciata nel modo seguente: "è logicamente impossibile passare dall'essere al dover essere, dedurre prescrizioni da descrizioni, valori da fatti". La validità di questa regola produce conseguenze rilevanti. Diventano logicamente insostenibili diritti naturali e morale naturale. La scienza non può produrre etica. Dalla descrizione della natura, anche nel rispetto dei canoni della scienza, non possiamo ricavare direttamente prescrizioni morali né diritti e doveri, che delle regole di condotta rappresentano spesso l'espressione sintetica. Applicando correttamente il principio enunciato nella legge di Hume il paleontologo Stephen J. Gould scrisse:

"La scienza però non può mai decidere la moralità della morale. Supponiamo di scoprire che un milione di anni fa, nelle savane africane, l'aggressività, la xenofobia, l'infanticidio selettivo e la sottomissione delle donne offrisse dei vantaggi darwiniani ai nostri progenitori cacciatori-raccoglitori. Una tal conclusione non sancirebbe – nel presente come nel passato – il valore morale di questi comportamenti, né di qualsiasi altro".


La regola logica che porta il nome del grande filosofo scozzese rende la vita difficile non solo al giusnaturalismo liberale, che contraddistingue l'opera di Locke e, in larga misura, dei costituzionalisti settecenteschi, ma anche al giusnaturalismo cattolico, che vanta una solida tradizione. Giusnaturalismo cattolico che però non è inevitabile. I cristiani possono farne a meno valorizzando meglio la morale rivelata e riconoscendo il ruolo che le è proprio.



Del resto gli uomini, in termini morali, alla natura hanno fatto dire tutto ed il contrario di tutto.
Per esempio, in questo brano musicale di Rameau, compositore del Settecento francese, si percepisce l'eco della morale naturale della sua epoca. I contenuti della morale naturale che i pensatori cattolici hanno delineato sembrano piuttosto diversi...





         
In questo modo la legge di Hume diventa il fondamento della libertà di coscienza. Un motivo determinante per conoscerla, comprenderla ed applicarla.



sabato 20 marzo 2010

Elezione diretta del presidente della repubblica. Facciamo un po' di chiarezza.

I costituzionalisti distinguono le forme di governo guardando alle modalità di attribuzione ed esercizio della funzione di indirizzo politico.
Chi governa insomma? Il presidente della repubblica? I ministri guidati da un capo del governo distinto dal presidente della repubblica? Ed il parlamento? Il governo è politicamente responsabile verso il parlamento, cioè può essere da questo sfiduciato e mandato a casa? Chi ha l'effettivo potere di sciogliere il parlamento e di indire nuove elezioni?
Ebbene, l'elezione diretta del presidente della repubblica, se confrontiamo le costituzioni delle principali democrazie libere, non rappresenta un criterio sufficiente per individuare la forma di governo, nel senso sopra precisato.
Qualche esempio.
In Brasile il presidente direttamente eletto dal popolo è anche il capo di un governo che non ha bisogno della fiducia del parlamento, e realmente governa il paese. Così negli Stati Uniti d'America, anche se formalmente l'elezione popolare del presidente non è diretta. In Austria il presidente della repubblica eletto dal popolo non ha reali poteri di governo, mentre il governo del cancelliere ha bisogno della fiducia del parlamento.
In Francia di tutto un po'. Il presidente della repubblica eletto a suffragio universale presiede il consiglio dei ministri ma non ne è la guida operativa. Ha però rilevanti prerogative proprie, soprattutto in materia di politica estera e di difesa. Il governo può essere sfiduciato dal parlamento. Quindi, se la maggioranza parlamentare non è dello stesso colore politico del presidente della repubblica, devono "coabitare" un capo dello stato ed un capo del governo, entrambi dotati di legittimazione popolare e titolari di rilevanti poteri di indirizzo politico, espressi da partiti contrapposti. Due galli nello stesso pollaio.
L'Italia è un paese complicato e diviso. Ha bisogno di una struttura istituzionale semplice, snella ed efficiente. Ben venga dunque un presidente eletto direttamente dal popolo. Ma solo se è anche capo del governo. Di un governo che non abbia bisogno della fiducia del parlamento per operare. E solo se eletto contestualmente al parlamento stesso, in modo da rendere probabile una comune visione politica.
La contaminazione di soluzioni diverse non potrebbe che aggiungere scompiglio.
Troppo potere concentrato in un uomo solo? No! Un governo che governa e si assume le proprie responsabilità verso il paese.

domenica 14 marzo 2010

La diplomazia del gas. South Stream. Il gasdotto della concordia?

L' approvvigionamento di gas naturale costituisce per l' Unione europea una priorità strategica.
La consapevolezza di ciò ha spinto negli ultimi anni i vertici della UE ed i più importanti governi nazionali interessati a pianificare infrastrutture capaci, nel contempo, di garantire forniture adeguate e di evitare una troppo stretta dipendenza dalla Russia.
E' nato da queste preoccupazioni, condivise dall' amministrazione degli Stati Uniti, il progetto del gasdotto Nabucco, destinato a portare gas nel cuore dell' Europa senza la partecipazione della Federazione russa.
Dalla cooperazione energetica tra Russia ed Italia nasce invece il piano del gasdotto South Stream, che l' italiana ENI e la russa Gazprom intendono realizzare insieme per portare il gas russo nell' Unione europea.
Due progetti finora alternativi, anche e soprattutto sotto il profilo politico strategico. Ma ci sono ora novità che potrebbero rivelarsi importanti.
Qualche giorno fa l' amministratore delegato dell' ENI Paolo Scaroni ha avanzato la proposta di rendere complementari i due gasdotti, realizzando un tratto comune e consentendo alla Russia di esportare il suo gas attraverso entrambe le strutture.
Segreteria di stato USA e ministero degli esteri italiano hanno discusso in questi giorni il problema a Roma. E' emersa una nuova disponibilità americana a prendere in considerazione il cambio di rotta.
Un' apertura, quella della diplomazia USA, significativa anche rispetto all' orientamento strategico generale del governo degli Stati Uniti. Si moltiplicano infatti i segnali di un miglioramento dei rapporti tra questi e la Russia.
Con un ruolo di primo piano svolto dalla diplomazia italiana.

mercoledì 3 marzo 2010

Montesquieu, Cristianesimo, Islam. Le religioni secondo le loro conseguenze.



Nell'Italia confusa e superficiale di oggi il vecchio Montesquieu è stato evocato, di solito a sproposito, nel corso di furibonde battaglie politiche. Un arruolamento all'insegna dell'approssimazione e della falsificazione. La sua opera principale, lo Spirito delle leggi, è ricchissima di spunti teorici e di brillanti analisi che conservano una notevole importanza sotto il profilo teoretico. Ma è anche il documento delle opinioni di un grande intellettuale profondamente inserito nella società e nella cultura francese del suo tempo. Lo Spirito delle leggi fu stampato per la prima volta a Ginevra nell'autunno del 1748, ma Montesquieu, morto nel 1755, fece in tempo a collaborare anche all'Enciclopedia di Diderot, espressione più significativa del movimento dei "philosophes". Nel libro ventiquattresimo, capitoli quarto e terzo dello Spirito delle leggi troviamo le seguenti considerazioni sulla religione islamica e su quella cristiana:

"Per quanto riguarda il carattere della religione cristiana e quello della religione musulmana, si deve senz'altro abbracciare l'una e respingere l'altra: perchè per noi è molto più evidente che una religione debba addolcire i costumi degli uomini, di quanto non sia evidente che una religione è la vera.
E' una sciagura per la natura umana che la religione sia data da un conquistatore. La religione maomettana, la quale non parla che di spada, influisce ancora sugli uomini con quello spirito distruttore che l'ha fondata.

La religione cristiana è lontana dal dispotismo puro: infatti, essendo la mitezza tanto raccomandata nel Vangelo, essa si oppone alla collera dispotica con cui il principe si farebbe giustizia e metterebbe in pratica le sue crudeltà.

.....dobbiamo al cristianesimo, nel governo un certo diritto politico, e nella guerra un certo diritto delle genti, di cui l'umanità non potrebbe mai essere abbastanza riconoscente."

Dunque secondo Montesquieu, che giudica le religioni alla luce delle loro conseguenze, il Cristianesimo ha "addolcito i costumi" e rappresenta l'origine della limitazione del potere e della tutela dei diritti fondamentali dell'uomo. Una consapevolezza allora diffusa, poi sepolta sotto le macerie prodotte da conflitti politico-culturali ancora in corso.






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