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sabato 26 giugno 2010

Il declino dell' intelligenza europea. Da Henri Pirenne e Johan Huizinga a Dan Brown.

Qualche giorno fa, in Belgio, nell'ambito di una scrupolosa inchiesta sulla pedofilia nella Chiesa cattolica, un magistrato ha ordinato di perquisire la cripta della cattedrale di Mechelen.
Nulla è stato trascurato. Sono state cercate prove contro i pedofili perfino dentro le tombe dei cardinali Van Roey e Suenens. Purtroppo gli inquirenti hanno dovuto usare il martello pneumatico.
Solo pochi decenni fa in questa florida regione europea le persone destinate a svolgere ruoli di rilievo si formavano con le opere di autori come Henri Pirenne o Johan Huizinga. Ora evidentemente sono i romanzi di Dan Brown ad avere il privilegio di scolpire queste belle intelligenze.

domenica 20 giugno 2010

Le liberalizzazioni. Perchè è necessario modificare la costituzione.

La costituzione della repubblica italiana entrata in vigore il 1° gennaio 1948 è stata poi modificata profondamente, sia ricorrendo alle procedure previste dalla costituzione stessa nell'articolo 138 per la sua revisione, sia con il mutamento della cosiddetta costituzione materiale cioè della prassi costituzionale.
Per esempio, nel rispetto dell' art. 138, negli anni Novanta è stato ridefinito in senso assai restrittivo l'istituto dell'immunità parlamentare, fino ad alterare l'equilibrio tra poteri e organi costituzionali stabilito dall'Assemblea costituente eletta nel 1946.
Mediante l'evoluzione della prassi costituzionale poi, almeno a partire dalla presidenza Pertini, si sono attribuiti al presidente della repubblica compiti di indirizzo politico e di controllo della costituzionalità delle leggi certamente eccedenti le attribuzioni originariamente previste ed esercitate.
In questi giorni si è riacceso il dibattito sulle liberalizzazioni. Il nostro paese ha bisogno di una crescita economica più vigorosa. La riduzione degli oneri burocratici ed amministrativi a carico degli imprenditori e degli ostacoli alla nascita di nuove imprese può dare un contributo notevole al conseguimento di tale obiettivo.
Molto si può fare con leggi ordinarie. E' però non solo possibile, come sopra ricordato, ma necessario procedere a modifiche della costituzione. Per più di una ragione. Una parte del dettato costituzionale pare non solo superata dagli eventi, ma  anche sbagliata nei suoi presupposti teorici e tale da imporre allo stato una condotta sterile o addirittura controproducente.
Basti pensare all'ultimo comma dell' articolo 41: " La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali". La programmazione economica, mitica panacea tenacemente perseguita nel Secondo dopoguerra, quando effettivamente tentata non ha dato affatto i risultati sperati. Ha bensì contribuito allo sperpero di risorse e prodotto distorsioni ancora in atto. Sembra dunque assurdo continuare a prevederne l'attuazione.
E' inoltre opportuno costituzionalizzare il principio di favore per i controlli successivi e quello della responsabilizzazione degli imprenditori, per fornire un indirizzo all'azione della repubblica indipendente da effimere ristrette maggioranze parlamentari, ma non solo. Va sottolineato infatti che l'onere di adeguare l'imponente legislazione economica italiana a questi principi non può gravare soltanto sulle spalle di parlamento e governo. Idonee revisioni della costituzione consentirebbero alla magistratura di chiamare anche la Corte costituzionale a contribuire significativamente alle liberalizzazioni. La Corte potrebbe così intervenire sulla normativa da adeguare ai nuovi principi ridisegnandola direttamente o provocando l'intervento del legislatore ordinario.
Del resto la conformità alla costituzione dell'intera legislazione italiana è stata nella storia repubblicana in larga misura ottenuta proprio grazie all'intervento della Corte costituzionale.
Applichiamo dunque la costituzione. Modificandola.

lunedì 14 giugno 2010

Il problema degli Ebrei secondo Karl Popper. Perchè oggi bisogna difendere Israele.


I genitori di Popper, nato in Austria, venivano da una famiglia di fede ebraica, anche se presto decisero di convertirsi al protestantesimo. Dunque il filosofo austriaco conosceva bene il problema della condizione degli Ebrei in Europa. Racconta Popper in La ricerca non ha fine - Autobiografia intellettuale -seconda edizione, 1978, pagg. 108 e 109:

"Dopo lunga riflessione, mio padre decise che il vivere in una società stragrandemente cristiana imponeva l'obbligo di recare la minima offesa possibile - l'obbligo di farsi assimilare.
Ma ciò voleva dire recare offesa al giudaismo organizzato. E voleva anche dire essere denunciato come vile, come un uomo che aveva paura dell'antisemitismo.
Tutto questo era comprensibile. Ma la risposta fu che l'antisemitismo era un male di cui dovevano aver paura tanto gli ebrei quanto i non-ebrei, e che era compito di tutte le persone di origine ebraica di fare del loro meglio per non provocarlo: molti ebrei, inoltre, si fusero con la popolazione: l'assimilazione era all'opera.
Certo è ben comprensibile che le persone che venivano disprezzate in ragione della loro origine razziale avrebbero reagito dicendo di esserne orgogliose. Ma l'orgoglio razziale non è solo una cosa stupida, ma pure sbagliata, anche nel caso in cui sia provocato dall'odio razziale.
Ogni nazionalismo o razzismo è un male, e il nazionalismo ebraico non rappresenta un'eccezione".

Popper è guidato dalla convinzione che ciascuno è responsabile della propria condotta e delle sue conseguenze, in particolare delle sofferenze ingiuste provocate. Seguendo questo criterio nel 1989 si rifiutò di firmare un "Appello Mondiale" a favore di Salman Rushdie, autore di un romanzo secondo molti musulmani recante ingiurie all'Islam e per questo minacciato di morte dai fondamentalisti islamici. Alla contesa seguirono scontri ed uccisioni. In questa occasione così scrisse a Isaiah Berlin:

"Infatti, sappiamo tutti che l'Ayatollah è di gran lunga il peggiore criminale. E ovviamente Rushdie dovrebbe essere protetto dalla polizia. Possiamo anche dispiacerci per lui. Ma mi dispiace molto di più per le persone che sono state uccise in questo conflitto. Credo che ogni libertà implichi dei doveri: usare responsabilmente la propria libertà."

La lettera a Berlin si può leggere in Karl POPPER, Dopo la società aperta, ed. 2009, pag.308.

Dunque l'autore della Società aperta e i suoi nemici pensava che gli Ebrei avrebbero dovuto fare ogni sforzo per integrarsi nelle società europee cui appartenevano per nascita. Ciò si risolve in una severa critica del sionismo contemporaneo, movimento nato nella seconda metà del Diciannovesimo secolo per dare una terra al popolo ebraico, poi individuata nel territorio dell'Israele biblico.
Il movimento sionista promosse il trasferimento in Palestina di centinaia di migliaia di ebrei a partire appunto dalla seconda metà dell'Ottocento. Dopo la Seconda guerra mondiale, l'Olocausto e sanguinosi contrasti la comunità internazionale prese atto della nuova situazione creatasi in Palestina e consentì la costituzione dello stato d'Israele. Le vicende di Israele nel Secondo dopoguerra mostrano la lungimiranza e la lucidità della posizione popperiana sul problema degli Ebrei.
Ma proprio seguendo questa stessa impostazione dobbiamo oggi prendere risolutamente la difesa di Israele.
Lo stato ebraico di Israele esiste da oltre sessanta anni, è la sola genuina democrazia del Medio Oriente, il solo sincero amico dell'Occidente nella regione. Centinaia di migliaia di famiglie ebree dipendono dalla sua esistenza per il loro presente ed il loro futuro. Metterla in discussione o soltanto porre in dubbio la legittimità dello stesso Israele nella sua forma attuale sarebbe criminale. Consentirne la caduta inoltre avvantaggerebbe i fondamentalisti islamici, che se ne attribuirebbero il merito presso i correligionari, avanzando ulteriori esorbitanti pretese.
Del resto in generale la storia del potere è storia di errori e di crimini. Se le origini storiche e il fondamento ideale e concettuale dovessero guidare il giudizio sul destino degli stati, quale di loro si salverebbe?





sabato 5 giugno 2010

Crocevia della storia. Stalin e Hitler trattarono una pace separata durante la Seconda guerra mondiale?.




Chi ha qualche interesse per la storia del Novecento sa che alla fine dell'estate del 1939 Tedeschi e Sovietici si accordarono per invadere la Polonia e spartirsi il suo territorio.
L'invasione della Polonia fu seguita dalla dichiarazione di guerra di Gran Bretagna e Francia alla Germania nazista. Cominciò così la Seconda guerra mondiale.
La collaborazione tra Tedeschi e Sovietici si spinse fino quasi alle soglie dell'alleanza formale.
Ma nel giugno del 1941 Hitler decise di attaccare l'Unione sovietica. Dopo i successi iniziali i Tedeschi non riuscirono a ottenere una vittoria decisiva. Si arrivò così, nell'incertezza, al giugno del 1943.
Americani e Britannici erano intanto impegnati su due fronti. In Estremo oriente contro i Giapponesi. In Europa, dopo aver costretto alla resa Tedeschi ed Italiani in Africa settentrionale, preparavano lo sbarco in Sicilia, poi realizzato in luglio. 

"In giugno Molotov si incontrò con Ribbentrop a Kirovograd, in quel momento 15 km. al di qua delle linee tedesche, per esaminare quali possibilità esistessero di porre fine alla guerra. Secondo ufficiali tedeschi che presero parte all'incontro in qualità di consiglieri tecnici, Ribbentrop proponeva come principale condizione di pace che la futura frontiera della Russia corresse lungo il Dnepr, mentre Molotov non si diceva disposto a prendere in considerazione alcuna soluzione che non prevedesse il ripristino delle frontiere originali; la discussione si protrasse a lungo per la difficoltà di conciliare queste due posizioni così lontane e fu infine interrotta quando sembrò che la notizia dell'incontro fosse trapelata, giungendo all'orecchio delle potenze occidentali. La sentenza veniva così di nuovo demandata al campo di battaglia."

La storiografia più recente ha sottoposto a serrata critica il valore scientifico degli scritti di Liddell Hart, coinvolto negli avvenimenti e spinto dalla preoccupazione di difendere il suo prestigio. In questa prospettiva merita particolare attenzione John J. MEARSHEIMER, Liddell Hart and the Weight of History , 2010, Cornell University Press. Mearsheimer esamina criticamente il lavoro di Liddell Hart presentando argomenti diretti a demolirne la credibilità. Come sempre è nessaria una valutazione attenta ed equilibrata.
Sul tentativo di pace separata dato per avvenuto da L. Hart prevale tra gli storici un forte scetticismo, fondatamente determinato dalla mancanza di fonti. Un tentativo di pace separata nei termini riferiti da L. Hart è dunque improbabile, ma non impossibile. La paranoia di Stalin, il suo cinico opportunismo e quello di Hitler, non ci consentono di escludere del tutto l'ipotesi. Il sorprendente patto Molotov Ribbentrop del 1939 deve far riflettere.


venerdì 28 maggio 2010

Ernesto GALLI DELLA LOGGIA, Tre giorni nella storia d'Italia.




Lo storico Ernesto Galli della Loggia in questo piccolo grande libro prende in esame tre momenti cruciali della storia italiana: la marcia su Roma, che portò al potere Mussolini, la vittoria elettorale della Democrazia Cristiana e dei suoi alleati nel 1948 ed il successo elettorale di Berlusconi nel 1994. Da questa prospettiva privilegiata riflette sul tormentato passaggio del nostro paese alla democrazia libera ed alla modernità postagricola.
Emerge il quadro di un'Italia dai tratti peculiari, quasi prigioniera della propria diversità eppure con un futuro aperto, di cui occorre iniziare un percorso di comprensione che superi luoghi comuni e tradizioni storiografiche consolidate. Delle anomalie di oggi Galli della Loggia propone spiegazioni che fanno riferimento prevalentemente ad un passato recente, evitando quando possibile richiami a vicende lontane, idonei più a costruire alibi che a suggerire responsabilità e soluzioni. Ne risulta un'opera agile e penetrante, da considerare un'efficace introduzione alla storia dell'Italia contemporanea.
Sarà utile in particolare ai giovani, stanchi di libri scritti più per diventare armi nelle battaglie culturali e politiche che per essere strumenti di ricerca della verità.




sabato 22 maggio 2010

Crisi dello stato sociale contemporaneo. Le cicale sapranno e potranno pazientare?

Piero Ostellino ha qualche giorno fa, sul Corriere della Sera, richiamato l'attenzione sul percorso perverso dello stato sociale contemporaneo. La crisi, estendendosi alle finanze pubbliche ed alla valuta europea, lo rende un peso insostenibile.
Ma la sua crescita enorme ed abnorme è stata accompagnata dalla decadenza della famiglia tradizionale come elementare spazio di solidarietà e dalla caduta della propensione al risparmio personale. I carichi assistenziali e previdenziali non possono così più ritornare agevolmente a gravare su famiglie ed individui, oggi inadeguati.
Tradizioni ed abitudini non si costruiscono. Esiste una netta asimmetria tra le azioni e gli eventi capaci di provocarne il declino ed i processi in larga misura spontanei che ne consentono l'affermazione.
Come ha ben messo in rilievo lo stesso Ostellino, la crisi può trasferirsi alle istituzioni della democrazia libera e dello stato di diritto. Si tratta di istituzioni dotate di buona solidità. Possono reggere bene se troveranno validi difensori: intellettuali, sindacalisti e politici capaci di frenare passioni, appetiti ed illusioni. Ce ne sono ancora?

giovedì 13 maggio 2010

Galileo e gli anelli di Saturno. Le osservazioni sono ipotesi.




Anche i grandi sbagliano. Galileo Galilei non sfuggì alla regola. Riflettere su uno dei suoi errori ci aiuta a superare un empirismo ingenuo. Il paleontologo Stephen Jay Gould, nel suo Le pietre false di Marrakech (pag. 45 e segg.), scrive:

"Galileo puntò il telescopio anche su Saturno, il più lontano dei pianeti noti a quel tempo, e vide i famosi anelli. Non riuscì però a visualizzare o interpretare in modo corretto ciò che aveva osservato, presumibilmente perchè nel suo mondo concettuale non c'era "spazio" per un oggetto così peculiare (e il telescopio era troppo rozzo per raffigurare gli anelli in modo abbastanza chiaro da costringere la sua mente, già confusa da tante sorprese, alla conclusione più peculiare e imprevista di tutte)".

"Galileo...interpretò Saturno come un corpo triplice, formato da una sfera centrale affiancata da due sfere minori a contatto con essa".

"Galileo non annuncia la sua soluzione per mezzo di espressioni come "congetturo", "ipotizzo", "inferisco" o "mi pare che sia l'interpretazione migliore...". Egli scrive invece audacemente "ho osservato".

E lo stesso Gould così commenta:

"L'idea che l'osservazione possa essere pura e incontaminata (e perciò incontestabile) - e che i grandi scienziati siano, di conseguenza, persone in grado di affrancare la propria mente dalle costrizioni della cultura circostante e raggiungere conclusioni rigorose attraverso esperimenti e osservazioni privi di intralci, uniti a un ragionamento logico chiaro e universale - ha spesso arrecato danno alla scienza, trasformando il metodo empiristico in una formula vuota"

Le secche sintesi di Karl Popper (La ricerca non ha fine pagg.84 e 152) mettono ancor meglio a fuoco il problema:

"...non può darsi alcuna osservazione libera da teoria, e nemmeno un linguaggio libero da teoria"

"...le teorie scientifiche restano sempre ipotesi o congetture..."

Ammettiamo dunque che le osservazioni non sono che... ipotesi. Questa consapevolezza deve rendere ai nostri occhi la scienza meno grande? No. Perchè con questi fragili ed incerti strumenti ha cambiato la nostra vita. In meglio.

venerdì 7 maggio 2010

Russia. L' Occidente è più vicino.

In Russia novità per la commemorazione della vittoria nella Seconda guerra mondiale. Alla parata celebrativa parteciperanno anche truppe americane, britanniche, francesi e polacche. Un ulteriore indizio del riavvicinamento in atto tra Russia, Unione Europea e Stati Uniti. Importanti anche le dichiarazioni del presidente russo Medvedev. Emerge una valutazione critica non solo dello stalinismo ma di tutta l'esperienza sovietica. La Russia di Medvedev e Putin va attesa alla prova dei fatti. Ma sembrano sbagliate le interpretazioni che seguono il solo filo conduttore della continuità imperiale. E' venuto meno l'apparato ideologico marxista-leninista ed il paese è incomparabilmente più aperto verso l'esterno. Per la prima volta la Russia ha davvero davanti a sè la prospettiva di una modernizzazione che non si realizzi interamente a spese dei diritti e delle libertà. Se realmente i governanti di questo grande, composito e contraddittorio paese perseguono tale obiettivo Stati Uniti ed Unione Europea rappresentano il punto di riferimento necessario. L'allargamento dei confini dell'Occidente può oggi avvenire non contro ma insieme alla Russia. Si tratta di un percorso difficilissimo ma che si deve saggiare.

mercoledì 28 aprile 2010

Joseph Ratzinger. Un tedesco contro il nazismo.

Il 4 giugno 2004, in occasione delle celebrazioni per il 60° anniversario dello sbarco alleato in Normandia, l'allora cardinale Joseph Ratzinger, oggi papa Benedetto XVI, pronunciò un importante discorso.

Ratzinger qui incisivamente denuncia la natura criminale del nazismo ed il modo in cui ottenne l'obbedienza di molti tedeschi.
L'attuale pontefice espone le ragioni che inducono a rifiutare un pacifismo assoluto, in accordo con la Tradizione ed il Magistero della Chiesa cattolica.

" Un criminale con i suoi accoliti era riuscito a impadronirsi del potere in Germania. Sotto il dominio del Partito, il diritto e l’ingiustizia si erano intricati tra loro in maniera pressoché indissolubile, tanto da travasarsi spesso l’uno nell’altra e viceversa".

"Al servizio di questo dominio della menzogna stava un regime di paura, nel quale nessuno poteva fidarsi dell’altro perché tutti in qualche modo dovevano proteggersi sotto la maschera della menzogna. Così fu di fatto necessario che il mondo intero intervenisse a spezzare il cerchio dell’azione criminale, perché fossero ristabiliti la libertà e il diritto. Oggi noi siamo grati al fatto che questo sia avvenuto, e a esser grati non sono soltanto i Paesi occupati dalle truppe tedesche. Noi stessi, i tedeschi, siamo grati perché, con l’aiuto di quell’impegno, abbiamo recuperato la libertà e il diritto.
Se mai si è verificato nella storia un bellum justum è qui che lo troviamo, nell’impegno degli Alleati, perché il loro intervento operava nei suoi esiti anche per il bene di coloro contro il cui Paese era condotta la guerra. Questa constatazione mi pare importante perché mostra, sulla base di un evento storico, l’insostenibilità di un pacifismo assoluto. Il che non ci esenta in alcun modo dal porci con molto rigore la domanda se oggi sia ancora possibile, e a quali condizioni, qualcosa di simile a una guerra giusta, vale a dire un intervento militare, posto al servizio della pace e guidato dai suoi criteri morali, contro i regimi ingiusti.
Soprattutto, si spera che quel che abbiamo fin qui detto aiuti a comprendere meglio che la pace e il diritto, la pace e la giustizia sono inseparabilmente interconnessi. Quando il diritto è distrutto, quando l’ingiustizia prende il potere, la pace è sempre minacciata ed è già, almeno in parte, compromessa".

"Certamente la difesa del diritto può e deve, in alcune circostanze, far ricorso a una forza commisurata. Un pacifismo assoluto, che neghi al diritto l’uso di qualunque mezzo coercitivo, si risolverebbe in una capitolazione davanti all’iniquità, ne sanzionerebbe la presa del potere e abbandonerebbe il mondo al diktat della violenza. Ma per evitare che la forza del diritto si trasformi essa stessa in iniquità, è necessario sottometterla a criteri rigorosi e riconoscibili come tali da parte di tutti".

Queste severe parole di Ratzinger riassumono il tradizionale insegnamento della Chiesa cattolica.
Si veda, ad esempio, una lettera di sant'Agostino al generale Bonifacio (417 circa):

"Non credere che non possa piacere a Dio nessuno il quale faccia il soldato tra le armi destinate alla guerra".

"La pace deve essere nella volontà e la guerra solo una necessità, affinché Dio ci liberi dalla necessità e ci conservi nella pace! Infatti non si cerca la pace per provocare la guerra, ma si fa la guerra per ottenere la pace! Anche facendo la guerra sii dunque ispirato dalla pace in modo che, vincendo, tu possa condurre al bene della pace coloro che tu sconfiggi. Beati i pacificatori - dice il Signore - perché saranno chiamati figli di Dio."

"Sia pertanto la necessità e non la volontà il motivo per togliere di mezzo il nemico che combatte. Allo stesso modo che si usa la violenza con chi si ribella e resiste, così deve usarsi misericordia con chi è ormai vinto o prigioniero, soprattutto se non c'è da temere, nei suoi riguardi, che turbi la pace".

Benedetto XVI: un tedesco contro il nazismo e contro ogni totalitarismo.

giovedì 22 aprile 2010

Bertrand Russell testimone della grande storia. Pratica e teoria del bolscevismo.



Bertrand Russell è stato uno dei più importanti ed influenti intellettuali del Novecento. Nato nel 1872 e quindi formatosi in epoca vittoriana, ebbe una vita lunghissima. Morì nel 1970. Suo nonno paterno era lord John Russell, eminente politico britannico, primo ministro e grande esperto di relazioni internazionali.
Il pensiero di Russell fu caratterizzato dall'incontro tra il tradizionale empirismo del suo paese e la logica. Ebbe profonda influenza sulla filosofia novecentesca, in particolare sul positivismo logico e sulla filosofia analitica.
Significativa la sua adesione ad una concezione oggettiva e realistica della verità come corrispondenza ai fatti. Questa posizione soprattutto, ma anche la grande chiarezza della sua scrittura, suscitarono l'ammirazione di Karl Popper.
Visse della sua attività di scrittore, conseguendo il premio Nobel per la letteratura. Scrisse quindi molto per un vasto pubblico, pubblicando opere dirette alla divulgazione e all'esposizione delle proprie personali preferenze morali, politiche e religiose. Questo taglio particolare ne ha consentita l'ampia utilizzazione nelle battaglie culturali oggi in atto, realizzata anche con numerose nuove edizioni.
Non sono state invece ristampate alcune opere notevolissime, capaci di sollevare il velo che copre un passato a dir poco imbarazzante e di mostrare la vera origine di una eredità ideale e concettuale ancora diffusa. L'ultima edizione italiana della sua Autobiografia in tre volumi e di Pratica e teoria del bolscevismo risale all'inizio degli anni Settanta. Quest'ultima opera in particolare costituisce la fondamentale testimonianza di avvenimenti e personaggi storici che hanno davvero segnato profondamente il secolo scorso.
Bertrand Russell visitò la Russia sovietica alla fine della primavera del 1920, circa due anni e mezzo dopo la Rivoluzione d'Ottobre, quando Lenin, nel pieno delle sue facoltà, era saldamente a capo del nuovo regime comunista. Pratica e teoria del bolscevismo è il resoconto di questo viaggio. La grande intelligenza di Russell comprende con chiarezza la natura totalitaria e poliziesca del regime. Il filosofo inglese, pur prevenuto a favore dell'esperimento comunista, ne coglie e denuncia aspetti a lungo poi taciuti dai politici italiani che quella spaventosa realtà ben conobbero.
Russell, tra l'altro, riuscì ad ottenere una lunga intervista con lo stesso LeninL'incontro del grande intellettuale con il grande rivoluzionario è raccontato nella parte prima, capitolo terzo, del libro. Si tratta di pagine assolutamente da non perdere. Pratica e teoria del bolscevismo è ormai introvabile nella sua vecchia edizione italiana di quaranta anni fa, ma si può scaricare integralmente e gratuitamente  e leggere direttamente in inglese. La proverbiale chiarezza di Russell la rende comprensibile anche a chi non ha una conoscenza profonda della lingua. 



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