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domenica 20 dicembre 2015

Crisi. La vittima più importante è il realismo.




Secondo il Vocabolario della lingua italiana di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli il realismo è il senso della realtà nella sua concretezza. Solo apparentemente ne dà prova la scrittrice spagnola Almudena Grandes in una recente intervista pubblicata da Linkiesta.it:

"Dice che questa crisi è come una guerra e che gli spagnoli hanno perso. Perché?

È diversa dalle altre crisi del capitalismo. Normalmente chi soffriva apparteneva sempre alle classi più umili. Questa crisi, eccetto gli ultra ricchi, ha invece colpito tutti, indiscriminatamente. Per questo credo sia una guerra. È stata devastante, crudele. E abbiamo perso.

Cosa esattamente?

I nostri diritti, la nostra libertà

Nessuna speranza per il futuro?

Sono un'ottimista congenita. Lotto tutti i giorni con il pessimismo di questi tempi. Penso che la speranza ci sia, ma per cosa? Per vivere come prima? No. Per cambiare Iphone due volte l'anno? No. Per comprarci l'Audi uguale a quella del vicino? No. Bisogna rompere il binomio felicità/consumismo. Se continuiamo ad essere legati alla ricchezza siamo persi. Gli spagnoli sono stati sempre un popolo povero, ma la povertà fino a poco tempo fa non era umiliante, colpevole, non faceva vergogna. Faceva parte dello scenario della vita. E la vita era lottare. Se non avessimo perso questa tradizione, quella dei nostri nonni che vivevano con dignità anche con poco, saremmo molto più forti e capaci di andare avanti".

Grandes si fa portavoce dei tanti colpiti dalla crisi e delusi dai governi che si succedono, ma manca la consapevolezza del percorso che ha condotto alle attuali difficoltà. Nei paesi per primi giunti al benessere l'allargamento dei compiti dello stato, l'aumento della spesa pubblica e della pressione fiscale,  il venir meno dei più efficaci stimoli all'impegno individuale, la disastrosa propensione al debito, l'immigrazione fuori controllo e la competizione con nuove economie non appesantite da questi fardelli hanno determinato una riduzione degli investimenti privati e della offerta di buona occupazione.
Una anche superficiale attenzione alla realtà consentirebbe di cogliere i motivi delle nostre difficoltà come produttori e la stretta relazione tra queste e i problemi che ci assillano come consumatori. Ma tutto spinge in un'altra direzione. Le aspettative individuali, le irresponsabili dichiarazioni dei politici, il servilismo dei media e l'inadeguatezza degli intellettuali insieme alimentano la bolla più pericolosa, quella delle illusioni.


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