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domenica 23 agosto 2015

Economia del debito. La toppa è peggiore del buco.



Sul Corriere della Sera del 22 agosto 2012 Federico Fubini delinea la tendenza della crisi economica mondiale, nata dal debito pubblico e privato e resa ancora più esplosiva dal suo incremento fuori controllo:

"L’obiettivo dei banchieri centrali - centrato in gran parte - era placare il panico, ridurre i tassi d’interesse, evitare una corrosiva deflazione dei prezzi. Ma pochi all’inizio si sono chiesti esattamente dove sarebbero finiti quei soldi, una volta in circolazione. Ora che siamo più vicini al primo aumento dei tassi d’interesse della Fed in dieci anni, lo sappiamo. Lo si vede nei tremori dei Paesi emergenti, dove si teme la fine dei finanziamenti esteri a basso costo che per anni hanno sostenuto intere economie".

"Quella coltre protettrice di denaro...ha permesso al Brasile, o al Messico, o all’Indonesia di rinviare la resa dei conti con i problemi di casa: infrastrutture inadeguate, corruzione dilagante, Stato di diritto inaffidabile". 

"Da lì viene però anche il secondo filo rosso che lega la crisi di Wall Street a questi giorni. Nel novembre 2008, il premier di Pechino Wen Jiabao reagì al crash di Lehman Brothers con un maxi-pacchetto di stimolo per evitare che la Cina finisse aspirata nella recessione americana. Varò un piano da 470 miliardi di dollari per costruire nuove città, raddoppiare la capacità produttiva di pannelli solari, auto o acciaio. È stata una stagione di ulteriori eccessi negli investimenti improduttivi: città fantasma, aeroporti vuoti, stock di prodotti accatastati ad arrugginire nei porti della costa. In pochi anni il debito totale della Cina (banche escluse) è salito dal 140% al 248% del Pil. Ormai la seconda economia del mondo è costretta a frenare, e con essa anche la domanda globale di petrolio, rame, grano o legumi, i cui prezzi infatti stanno crollando".

Nei grandi paesi emergenti, o recentemente emersi, la gravità del problema appare con violenta evidenza. Da Il Sole 24 Ore del 23 agosto 2015:

"...i principali fattori che determinano la capacità di un’economia emergente di emergere veramente, in modo sostenibile, sono la politica, le policy e l’operato delle istituzioni di governance. Per essere più precisi, anche se i Paesi possono cavalcare le ondate di crescita e sfruttare i cicli delle materie prime nonostante istituzioni politiche disfunzionali, il vero e proprio banco di prova si presenta nei periodi meno propizi, quando un Paese deve invertire la rotta".

"Nessuna delle democrazie di Brasile, Indonesia, Turchia e Sudafrica sta riuscendo ad assolvere uno dei compiti basilari per qualsiasi sistema politico: mediare tra gruppi d’interesse confliggenti per permettere che prevalga un interesse pubblico più ampio che permetta all’economia di evolvere in modo flessibile, in modo che le risorse siano trasferite da impieghi che sono diventati infruttuosi ad altri con maggiori potenzialità. Un’economia bloccata, che non permette una tale distruzione creativa e un tale adattamento alle nuove circostanze, non potrà crescere in modo sostenibile".

Una profonda crisi provocata dall'insostenibilità del debito pubblico e privato è stata tamponata incrementandolo e favorendo i peggiori debitori, determinando così una rovinosa allocazione delle risorse. La più difficile e impopolare alternativa era ed è rappresentata dalla paziente ricostruzione dei fattori di una sana e vitale crescita dell'economia reale. Riduzione della spesa pubblica consentita dalla creazione di un welfare sostenibile e orientato a favorire la produzione, conseguente diminuzione della pressione fiscale, miglioramento del capitale umano con la diffusione delle competenze matematiche, scientifiche e tecniche, riforma delle regole del mercato e delle istituzioni economiche, diretta a disincentivare la speculazione e a permettere una virtuosa allocazione delle risorse imperniata sull'aumento degli investimenti privati. 
Queste le misure necessarie che un governo lungimirante dovrebbe realizzare. I governi di quasi tutti i paesi hanno invece scelto un approccio monetario di ispirazione macroeconomica, spesso mal consigliati da economisti non stimabili eppure stimati. La politica per l'ennesima volta non ha conseguito i propri obiettivi fondamentali. Chi lavora o cerca un lavoro che non c'è scoprirà amaramente che la toppa è peggiore del buco.

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