La costituzione della repubblica italiana entrata in vigore il 1° gennaio 1948 è stata poi modificata profondamente, sia ricorrendo alle procedure previste dalla costituzione stessa nell'articolo 138 per la sua revisione, sia con il mutamento della cosiddetta costituzione materiale cioè della prassi costituzionale.
Per esempio, nel rispetto dell' art. 138, negli anni Novanta è stato ridefinito in senso assai restrittivo l'istituto dell'immunità parlamentare, fino ad alterare l'equilibrio tra poteri e organi costituzionali stabilito dall'Assemblea costituente eletta nel 1946.
Mediante l'evoluzione della prassi costituzionale poi, almeno a partire dalla presidenza Pertini, si sono attribuiti al presidente della repubblica compiti di indirizzo politico e di controllo della costituzionalità delle leggi certamente eccedenti le attribuzioni originariamente previste ed esercitate.
In questi giorni si è riacceso il dibattito sulle liberalizzazioni. Il nostro paese ha bisogno di una crescita economica più vigorosa. La riduzione degli oneri burocratici ed amministrativi a carico degli imprenditori e degli ostacoli alla nascita di nuove imprese può dare un contributo notevole al conseguimento di tale obiettivo.
Molto si può fare con leggi ordinarie. E' però non solo possibile, come sopra ricordato, ma necessario procedere a modifiche della costituzione. Per più di una ragione. Una parte del dettato costituzionale pare non solo superata dagli eventi, ma anche sbagliata nei suoi presupposti teorici e tale da imporre allo stato una condotta sterile o addirittura controproducente.
Basti pensare all'ultimo comma dell' articolo 41: " La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali". La programmazione economica, mitica panacea tenacemente perseguita nel Secondo dopoguerra, quando effettivamente tentata non ha dato affatto i risultati sperati. Ha bensì contribuito allo sperpero di risorse e prodotto distorsioni ancora in atto. Sembra dunque assurdo continuare a prevederne l'attuazione.
E' inoltre opportuno costituzionalizzare il principio di favore per i controlli successivi e quello della responsabilizzazione degli imprenditori, per fornire un indirizzo all'azione della repubblica indipendente da effimere ristrette maggioranze parlamentari, ma non solo. Va sottolineato infatti che l'onere di adeguare l'imponente legislazione economica italiana a questi principi non può gravare soltanto sulle spalle di parlamento e governo. Idonee revisioni della costituzione consentirebbero alla magistratura di chiamare anche la Corte costituzionale a contribuire significativamente alle liberalizzazioni. La Corte potrebbe così intervenire sulla normativa da adeguare ai nuovi principi ridisegnandola direttamente o provocando l'intervento del legislatore ordinario.
Del resto la conformità alla costituzione dell'intera legislazione italiana è stata nella storia repubblicana in larga misura ottenuta proprio grazie all'intervento della Corte costituzionale.
Applichiamo dunque la costituzione. Modificandola.