Nelle democrazie contemporanee è endemica la tendenza a delegittimare la democrazia rappresentativa fondata sul suffragio universale. Si tratta di quella democrazia che trae la propria giustificazione da questo principio: non tutti possono governare ma tutti possono giudicare chi governa. Chi tenta di delegittimarla di solito sostiene che solo una parte degli elettori è sufficientemente informata, libera da condizionamenti ed onesta quanto a valori di riferimento e propositi da essere in grado di compiere scelte consapevoli ed adeguate. E che compito della democrazia è consentire l'elezione dei governi migliori. Mentre non raramente rifiuta il principio stesso della rappresentanza.
Conseguentemente tende ad adottare strumenti di formazione e manifestazione della volontà che sostituiscano i tradizionali percorsi elettorali istituzionalizzati. E' la "democrazia" dei blog, dei forum, dei comitati, delle manifestazioni di piazza, della cosiddetta Società civile che si mobilita, vuole contare e decidere direttamente. Si tratta però di una pericolosa illusione, del modo non per salvare, ma per uccidere la democrazia possibile. E' infatti del tutto irragionevole ed infondata l'opinione secondo la quale chi ha determinati orientamenti politici e culturali manifesta un giudizio libero ed informato ed una buona moralità, mentre le altre visioni e decisioni sono dettate da condizionamenti, ignoranza e disonestà. Esiste invece una pluralità di preferenze, conoscenze, punti di vista ed interessi tutti egualmente legittimi e degni di considerazione.
Il compito della democrazia poi non è tanto quello di rendere possibile la scelta dei governi migliori, bensì quello di consentire la sostituzione dei governi cattivi senza ricorrere alla violenza, grazie a percorsi predeterminati ed istituzionali. Le capacità e le qualità di un governante, così come la bontà di un indirizzo politico, possono infatti essere conosciute e giudicate solo dopo che l'attività di governo è stata posta in essere.
Quanto alla validità del principio stesso di rappresentanza, va detto che il governo di una grande società aperta deve ispirarsi ad una visione generale e mantenere una creativa, efficace continuità d'azione. Deve fronteggiare l'emergenza, dare risposte pronte ad esigenze improvvise.
Dunque solo pochi possono governare. Anche se tutti devono poter valutare l'operato di chi governa. Una grande democrazia libera o è rappresentativa o non è. L'insieme di tante decisioni particolari e contingenti, pur se prese dai diretti interessati, non può prendere il posto della grande politica.
Chi considera questi temi non può non riflettere sugli eventi che hanno insanguinato il Novecento, secolo segnato dall'irrompere delle masse nella vita politica. Particolarmente significative le vicende che portarono alla formazione dell'Unione Sovietica. Purtroppo non tutti sanno che l'Impero zarista russo cadde nel febbraio 1917 per iniziativa di gruppi prevalentemente di orientamento socialista e liberale. Quindi non per effetto della Rivoluzione bolscevica capeggiata da Lenin, scoppiata solo otto mesi dopo, in ottobre. Alla fine del febbraio 1917 iniziò il primo e solo vero tentativo di costruire la democrazia in Russia.
Una serie di governi di coalizione liberalsocialisti, il cui esponente più influente fu Aleksandr Kerenskij, abolì la censura e garantì le condizioni per una competizione democratica tra i partiti. Il colpo di stato dei bolscevichi nell'ottobre 1917 pose fine a questo straordinario esperimento democratico. L'Assemblea costituente democraticamente eletta, dove i bolscevichi erano in minoranza, definita da Lenin un'inutile fabbrica di chiacchiere, fu convocata e subito sciolta dai capi bolscevichi nel gennaio del 1918. Il futuro impero totalitario sovietico prese le mosse da qui, grazie al ritorno in Russia dall'esilio di Lenin, avvenuto con la collaborazione dei tedeschi, ma anche all'egemonia nei Soviet di Pietrogrado conseguita dai bolscevichi. I tradizionali percorsi democratico-elettorali, propri della democrazia liberale, capaci di esprimere la volontà del popolo russo, furono prima affiancati poi sostituiti dai consigli dei Soviet.
Il progetto di far prevalere la volontà dei "migliori" conduce sempre alla perdita dei diritti e delle libertà democratiche.
Una serie di governi di coalizione liberalsocialisti, il cui esponente più influente fu Aleksandr Kerenskij, abolì la censura e garantì le condizioni per una competizione democratica tra i partiti. Il colpo di stato dei bolscevichi nell'ottobre 1917 pose fine a questo straordinario esperimento democratico. L'Assemblea costituente democraticamente eletta, dove i bolscevichi erano in minoranza, definita da Lenin un'inutile fabbrica di chiacchiere, fu convocata e subito sciolta dai capi bolscevichi nel gennaio del 1918. Il futuro impero totalitario sovietico prese le mosse da qui, grazie al ritorno in Russia dall'esilio di Lenin, avvenuto con la collaborazione dei tedeschi, ma anche all'egemonia nei Soviet di Pietrogrado conseguita dai bolscevichi. I tradizionali percorsi democratico-elettorali, propri della democrazia liberale, capaci di esprimere la volontà del popolo russo, furono prima affiancati poi sostituiti dai consigli dei Soviet.
Il progetto di far prevalere la volontà dei "migliori" conduce sempre alla perdita dei diritti e delle libertà democratiche.
Sulla democrazia contemporanea fondamentale è
Karl POPPER, La Società aperta e i suoi nemici
Invece la miglior storia dell'Unione Sovietica resta, a mio parere,
M. HELLER - A. NEKRIC, Storia dell'URSS dal 1917 a Eltsin